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Sabato, 27 Aprile 2024
La storia

Chi era Pippo Fava, il giornalista ucciso quarant'anni fa dalla mafia

Una settimana prima di essere assassinato, l'ultima intervista a Enzo Biagi: “I mafiosi stanno in Parlamento"

"I mafiosi sono in ben altri luoghi e in ben altre assemblee. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione". Un piccolo estratto del discorso che probabilmente costò la vita al giornalista catanese Giuseppe "Pippo" Fava, freddato con cinque colpi di pistola alla testa il 5 gennaio 1984 mentre si trovava in macchina davanti al teatro Stabile di Catania.

L'ultima intervista con Enzo Biagi

Esattamente una settimana prima, il 28 dicembre 1984, Fava si trovò insieme ad Enzo Biagi nella trasmissione Film Story. Quella sarebbe stata l'ultima intervista del giornalista siciliano. Un discorso nel quale condensò le sue intuizioni sull'intreccio di potere tra politica, imprenditoria e Cosa nostra. Un grande gioco di potere che raccontò con grande anticipo su molti altri. "Tutto parte dall’assenza dello Stato e dal fallimento della società politica italiana e forse anche della nostra democrazia”.

La mafia, per Giuseppe Fava, era oggetto di un "equivoco di fondo": "Non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale". "Questa - diceva - è roba da piccola criminalità che credo faccia parte ormai, abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il problema della mafia è molto più tragico e più importante, è un problema di vertice della gestione della nazione". 

L'amore per il teatro e l'idea di giornalismo "etico": chi era Pippo Fava

Dopo essere stato licenziato dal Giornale del Sud, che aveva diretto per alcuni anni mettendo in piedi una nuova squadra di cronisti impegnati a mettere a nudo soprattutto le attività legate al traffico di droga nel capoluogo etneo, Giuseppe Fava fondò il mensile d'inchiesta I Siciliani. "Ho un concetto etico del giornalismo" disse in quella stessa intervista rilasciata a Biagi, "ritengo infatti che, in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente in allerta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo".

Insieme all’impegno giornalistico, l'altra grande passione di Fava era il teatro e lui stesso si cimentò nel ruolo di scrittore, saggista e drammaturgo. Da uno dei suoi romanzi, "Gente di rispetto", Luigi Zampa trasse un film nel '76. Stessa sorte per un'altra delle sue opere più note, "La violenza: quinto potere", portata sullo schermo da Florestano Vancini.

I mandanti

La verità giudiziaria sull'omicidio di Giuseppe Fava è stata scritta solo dopo numerosi tentativi di inquinare i fatti. Nel 2003 la Corte di Cassazione ha confermato le condanne all'ergastolo già inflitte in primo grado e in Appello al capomafia catanese Benedetto detto "Nitto" Santapaola, individuato come il mandante, e ad Aldo Ercolano, esponente dello stesso clancome esecutore materiale.

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