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Martedì, 30 Aprile 2024
L'intervista

Alexia: "Una crisi profonda all'apice del successo. Sono tornata, anche se pensavo non ci fosse più spazio"

Il successo travolgente tra gli anni '90 e i primi 2000, la vittoria a Sanremo, la decisione di fermarsi per crearsi una famiglia e il ritorno, oggi, con un disco di Natale, con cui ha fatto pace dopo la morte del papà

Oltre 5 milioni di dischi venduti, anni in vetta alle classifiche italiane ed europee, un successo internazionale che in pochi nel nostro Paese sono riusciti a toccare con mano. Tra la metà degli anni '90 e i primi del 2000, Alexia ha raggiunto una popolarità strabordante. Dalla musica dance al pop, è senza alcun dubbio una delle icone musicali della generazione cresciuta a pane e Hit Mania, continuando ad affermarsi con successo sulla scena anche dopo la svolta più melodica che l'ha portata nel 2003 a vincere il Festival di Sanremo con la canzone "Per dire di no". La scelta di fermarsi, poco dopo, proprio all'apice della carriera, la racconta con emotività ancora oggi, ma con una consapevolezza diversa che l'ha portata a riaffacciarsi nel mondo della musica, anche se così profondamente cambiato. 

Icona pop dei millennials, l'ultimo album è una compilation di canzoni natalizie. Questa è la fotografia in sinstesi di trent'anni di carriera. Partiamo da oggi, da questo nuovo progetto. Quanto c'è delle tue origini? 
"Tantissimo. Dobbiamo andare molto indietro, quando non ero ancora famosa e avevo deciso che questo doveva essere il mio lavoro. Ho iniziato ad ascoltare fin da piccola delle canzoni pazzesche di cui non capivo neanche il significato, perché erano in inglese. Ella Fitzgerald, Aretha Franklin, Tina Turner. Poi certo conoscevo benissimo anche Raffaella Carrà, in adolescenza sono diventata una sorcina, una fan di Vasco Rossi. Diciamo che in questo disco, My XMas, sono riuscita a mettere delle canzoni che rappresentano cosa significa per me la musica, cosa significa essere una performer, cosa significa anche il Natale". 

E cosa significa per te il Natale? 
"È un momento dell'anno così delicato, particolare, che ti mette davanti a ciò che sei. Oggi il mio rapporto con il Natale posso definirlo rinato. Ci siamo riconciliati". 

Quando ci avevi litigato?
"Quando è morto mio padre. Il primo Natale senza mio padre è stato il più brutto della mia vita. Non ero particolarmente giovane ma nemmeno così adulta. Ero molto incazzata. Mi chiedevo perché proprio a me. Crescendo poi ti rendi conto che le persone che soffrono sono ovunque".

Il più bello invece?
"Negli ultimi anni i miei Natali sono sempre stati molto sereni. Sicuramente, però, l'anno scorso sono riuscita a coniugare serenità familiare e gioia professionale, perché mi sono riaffacciata nel mondo della musica con questo progetto, previo lo sciocco pensiero di ritirarmi". 

Volevi dire addio alla musica?
"Mi sembrava che non ci fosse più spazio per me, e poi alla fine mi consideravo già fortunata per quello che avevo fatto. Il mio entourage mi ha convinta a ripartire e ho detto ok, ma a modo mio. Avevo voglia di fare qualcosa di veramente diverso, che non avevo mai fatto. Di solito si finisce una carriera con un disco di Natale, io invece ho deciso di ripartire con un disco di Natale". 

Riavvolgiamo il nastro. Nel '95 il tuo esordio con "Me and You", da subito in vetta alle classifiche, poi inanelli una serie di successi come "Summer is crazy", "Uh la la la", "Gimme Love". Vieni travolta dalla popolarità, anche all'estero, ma era proprio la musica dance quella che volevi fare?
"In quel periodo sì. Ero giovane, andava di moda, era in inglese e quindi potevo fare dal vivo delle versioni rivedute e corrette, cercando di portarle più verso di me. Poi c'è stato il boom di gruppi come gli Aqua, le Spice Girls, e da parte del mio entourage c'era la tendenza a portarmi verso quel mondo lì. Io invece stavo crescendo e ho detto no. Ho fatto un passo indietro e ho deciso di provare con la musica italiana, anche perché essendo italiana una puntatina al Festival di Sanremo me la dovevo". 

In quegli anni il tuo nome era nelle classifiche vicino a quello di Corona, Cher. Come lo hai vissuto?
"Cher è arrivata nel '99 con questo brano che ha avuto un successo interplanetario ("Believe", ndr). Ho fatto delle writing session pochi anni dopo, con lo stesso team, in Inghilterra. Fu un momento bellissimo. Non se ne fece niente della canzone perché era considerata poco d'appeal nel nostro Paese. Corona era una grandissima amica. Era un bel momento, nella stessa scuderia, cercavamo di farci forza perché lavoravamo tantissimo, era molto faticoso ma certamente divertente. C'era una competizione sana".

Negli anni 2000 la svolta pop. Inizi a cantare in italiano e partecipi al Festival di Sanremo. Questa evoluzione musicale non ti ha mai penalizzato. Oltre al tuo talento, hai avuto buoni consiglieri?
"Devo dirti la verità. Ho avuto tante persone intorno che mi dicevano cose che assomigliavano a consigli, ma a un certo punto sono implosa. Ho avuto una crisi profonda, volevo prendermi una pausa da Alexia, quindi i consigli suonavano quasi come minacce. Sono un po' sparita, ho capito che avevo bisogno di tutt'altro per rimettermi in carreggiata, per sentire che vivevo e che avevo un'anima al di là del palcoscenico. Quindi ho fatto mille passi indietro, finché non ho capito che la cosa di cui avevo bisogno era farmi una famiglia, avere dei figli e mettermi alla prova in questo senso qua. Capire cosa andava bene di me e cosa no. E devo dire che quando metti su famiglia le tue lacune vengono fuori immediatamente e non puoi fare altro che correre ai ripari per stare sul pezzo".

Ti ha pesato così tanto il successo?
"Questo tipo di lavoro ti porta a percepire tutto in modo distorto. Sei sul palco e il pubblico ti carica di adrenalina. Un po' come un calciatore quando fa gol, così noi quando facciamo un concerto. Senti tutto quell'amore da parte del pubblico, sei nelle prime posizioni delle charts, fai i tour, i live, poi appena c'è un momento di riposo, di pausa dal tuo personaggio perché magari sta funzionando un altro cliché di artista, ti crolla il mondo addosso. La mancanza di quell'adrenalina è forte, è come se ti mancasse il cibo, la benzina. La voglio dire ancora più pesante: come se a un tossicodipendente gli venisse a mancare la droga. È stato molto impegnativo riprendere la vita normale e ritrovare me stessa, capire chi ero davvero dopo la voglia di fare musica".

Quindi la decisione di fermarti, per quanto sentita, è stata allo stesso tempo complicata...
"Sentivo forte questo bisogno e ho fatto questa scelta, anche se mi è pesata tantissimo perché comunque la lontananza dal palco è qualcosa di atroce. Oggi però ho le risposte. Ho una famiglia, serenità, una stabilità psicologica".

A Sanremo ti sei piazzata al secondo posto nel 2002 con "Dimmi come...", l'anno dopo invece lo hai vinto con "Per dire di no". Quest'anno è uscito il tuo nome tra i grandi esclusi. Delusa?
"Mi diverte molto questa cosa. Sono uscita tra i grandi esclusi, dovrebbe essere una delusione forse, invece per me è un onore. Sono in ottima compagnia".

Con Patty Pravo, ad esempio...
"Capito? È una figata pazzesca. Sì, mi sono proposta. Ho pensato che esserci sarebbe stato bellissimo e ci ho voluto provare, tanto più di ricevere un no non può succedere. Non ci speravo, non ci contavo, però alla fine mi sono buttata".  

Nella musica di oggi è più difficile emergere oppure tornare sulla scena, con un background importante come il tuo, facendo i conti con l'enorme proposta che c'è?
"Sicuramente fare i conti con la proposta che c'è oggi è la cosa più difficile che abbiamo davanti. Per capirci qualcosa altro che un ingegnere nucleare. C'è un oceano di musica, di tendenze. Il segreto, per quanto mi riguarda, è prima di tutto avere la possibilità di fare quello che mi piace cercando di essere sincera. Non si può strizzare l'occhio un po' alla radio, un po' ai giovani, un po' ai meno giovani, perché risulti di un patetico incredibile. Credo che alla fine essere sinceri sia la cosa migliore. Chiaro, bisogna fare dei prodotti buoni. Quello che auspico è che si ritorni a fare canzoni prodotte in sala di registrazione con dei musicisti". 

Sembra passato di moda. 
"Mi auguro che ci torni, perché ci sono tanti bravi musicisti. Non possono diventare tutti i Maneskin, ma possono diventare dei bravissimi turnisti. In studio e nei live. Auspico che ci sia un ritorno alle canzoni con dei messaggi importanti, un ritorno al canto e non al borbottio". 

Autotune colpito e affondato. 
"Ho provato a cantare con l'autotune e mi sono resa conto che ci sono artisti che non sanno cantare neanche con quello. Negati al 100%, non riescono nemmeno a rappare con l'autotune. Ovviamente sono una boomer, però ci vorrebbe un ritorno alle cose belle e sane perché ci sono giovani che amano questo tipo di musica e con delle sensibilità sorprendenti".

Non sarà Sanremo, quindi, il palcoscenico da dove ripartire con un nuovo progetto musicale, ma ce ne sarà un altro. Che Alexia ritroveremo dal punto di vista artistico?
"Voglio fare le cose che mi piacciono. Ci sarà sicuramente una grande internazionalità nelle mie proposte, un linguaggio che appartiene alla mia età, al mio vissuto e alle mie esigenze. Voglio cercare di parlare un po' con tutti, perché alla fine viviamo tutti le stesse ansie e le stesse angosce, ma soprattutto mettere in risalto il fuoco che arde dentro di me e viene fuori quando canto e riesco a esprimermi con le mie tessiture vocali potenti, energiche. Il mio punto di forza è sicuramente la voce. Ho sperimentato a fare le cose più moderne, ma mi sento ridicola. Faccio me stessa, mi viene meglio".

Dal punto di vista personale, invece, chi è oggi Alessia?
"Mi sento una persona molto responsabile, della mia vita e della mia famiglia. Capace di organizzarsi e organizzare. Cosa che prima non riuscivo a fare, sempre in balìa delle telefonate, in attesa di questo telefono che squillava. Adesso squilla anche troppo. E soprattutto mi sento in grado di fare uno split tra personaggio e persona. Vivo bene quando sono nei panni dell'artista e vivo la mia vita lontana dal palco".

La maternità ti ha cambiato?
"Fisicamente un po' sì (ride, ndr). Ho dovuto fare degli interventi perché avevo un ombelico enorme, non mi potevo guardare. Seriamente parlando sì, la maternità mi ha cambiata. Mi ha dato delle soddisfazioni immense, ma ci tengo a precisare che la possibilità di avere i mezzi per crescere bene i figli e avere un aiuto è importante. È un'altra cosa. Mi rendo conto che tante mamme oggi devono decidere se tornare a lavorare e pagare con quei soldi la tata, oppure stare a casa e perdere un treno. E riuscire a ritrovare un lavoro quando i figli sono grandi è difficilissimo. Per me è stato bello diventare mamma due volte, ma sono stata anche molto fortunata".

Che musica ascoltano le tue figlie?
"La grande ascolta tantissimo rock. Poi certo anche Harry Styles, mi ha fatto conoscere artisti come Billie Eilish, Tyler, the Creator e tanti americani che in Italia non sono così mainstream. Ma soprattutto tanto rock: Queen, Led Zeppelin, Arctic Monkeys".

Una bella cultura musicale...
"La grande, che ha 16 anni. La piccola invece, che ne ha 12, preferisce il K-pop, il pop americano, Dua Lipa". 

Le canzoni sono figlie dei tempi, per le sonorità ma soprattutto per i temi, per il linguaggio. Ti senti lontana da quelle di oggi?
"Oggi il pop italiano che funziona è molto particolare. È cambiato il modo di esprimere i concetti, si lavora molto a immagini e in alcuni testi lo trovo interessante. Mi piace ascoltare Coez, ma anche alcune cose di Elodie, ci sono delle composizioni belle di Federica Abbate che mischia queste melodie molto particolari. È molto delicato riportare in un personaggio come me un certo tipo di espressione, si rischia di essere cringe. Un'altra cosa che ho notato è che c'è un'evoluzione pazzesca nel modo di affrontare un testo".

Cioè?
"Faccio un esempio. Al brano che ho presentato a Sanremo ci ho lavorato 10 mesi fa, era febbraio scorso, e chissà se oggi sarebbe ancora attuale. C'è davvero un cambio velocissimo nel modo di approcciarsi, ma perché è proprio il mondo a cambiare con tanta velocità".

Com'è diventato?
"Secondo me stiamo vivendo uno dei periodi più brutti, più bui e bassi dal secondo dopoguerra, dopo che la democrazia ha vissuto gli anni più belli. C'è da farsi molte domande, perché la società sta implodendo. È una società che non riconosce più la capacità di gestire i rapporti, anche familiari. Ci sono genitori che pensano solo a loro stessi, i figli non vengono controllati né seguiti. Non parlo di quelli che lavorano tutto il giorno altrimenti non riescono a portare a casa il pranzo e la cena, parlo di narcisismo dei genitori, che è inquietante". 

Hai un rimpianto?
"Non essere riuscita a laurearmi. Ho dovuto scegliere e questa è una cosa che mi pesa. Mio marito tutti gli anni, a settembre, mi chiede se ci iscriviamo all'università. Lui è laureato e vorrebbe prendere una seconda laurea. Questo è sicuramente il mio rimpianto più grande". 

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