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Domenica, 28 Aprile 2024
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Ictus: come prevenirlo e quanto contano dieta e alimentazione

Dubbi, perplessità e campanelli d'allarme spiegati dal presidente della società di Scienze Neurologiche Ospedaliere Luca Valvassori

L'ictus è la terza causa di morte più diffusa al mondo. Ogni anno in Italia si registrano circa 90mila ricoveri dovuti a ictus celebrale, il 20 per cento dei quali sono recidive. Per via di questi dati, il fenomeno nel nostro paese è - a differenza del resto del mondo - la seconda causa di morte dopo le malattie cardiache. Sintomo questo di quanto sia necessario fare una corretta e continua prevenzione e informazione sul tema. Su come riconoscerlo e come prevenirlo, nonché sulle sue origini, ha riposto il presidente della società di Scienze Neurologiche Ospedaliere Luca Valvassori. 

Che cos'è e quanti tipi di ictus esistono

Sono due le principali tipologie di ictus: quello ischemico e quello emorragico. Come spiega il professor Valvassori: "Il primo rappresenta circa l'80 per cento degli ictus ed è quello in cui si verifica l'occlusione di una arteria che porta sangue al cervello, con i relativi sintomi che sono diversi a seconda dell'arteria che viene colpita". I sintomi principali a seconda dell'arteria colpita sono quelli comunemente conosciuti: paralisi di un lato del corpo, la mancanza di parola e un deficit di vista o equilibrio. 

Per quanto riguarda invece il secondo tipo - l'ictus emorragico - Valvassori spiega come: "In questo caso si verifica la rottura di alcune piccole arterie all'interno del cervello, con la fuoriuscita di sangue all'interno del tessuto celebrale, che va a creare un ematoma". Non c'è molto da fare per questo secondo tipo, dice il professore: a volte l'ematoma può essere tolto come lasciato, ma la probabilità che lasci strascichi al paziente è elevata. 

Tornando però a parlare del primo tipo, più frequente, il professore aggiunge: "L'ictus ischemico ha diverse cause - continua Valvassori - e colpisce prevalentemente le persone anziane, ma anche i più giovani". Il motivo - spiega - è legato alle "dissecazioni degli slaminamenti delle arterie": si tratta di un fenomeno dove l'arteria si "slamina", spesso nelle zone del collo, producendo dei coaguli di sangue che arrivano alla testa e chiudono le arterie. Tra tutte, sono le carotidi le arterie più colpite.   

Incidenza: quanto colpisce donne, bambini, giovani e anziani

Quest'ultimo è il caso più frequente negli ictus che si verificano nei giovani ragazzi, anche se il motivo non è ancora chiaro: "Non si conosce ancora la causa, spesso potrebbe trattarsi di movimenti strani o di una fragilità congenita delle arterie, peraltro sconosciuta fin quando non si verifica l'ictus". E sempre restando in tema giovani, il professore tiene a specificare come sia "difficile" che si verifichi a bambini o neonati, se non in pazienti che abbiano malattie concomitanti.

C'è però la credenza secondo la quale le donne siano più esposte al rischio di ictus rispetto agli uomini. "Non i modo significativo" spiega Valvassori. "La patologia arteriosclerotica, che è una delle cause dell'ictus, una volta colpiva molto di più gli uomini rispetto alle donne, perché c'erano problemi di ipertensione ma anche di fumo e di qualità di vita. Oggi il trend si è abbastanza invertito, tanto che per esempio nei tumori polmonari, una volta 'appannaggio' degli uomini, oggi colpiscono almeno in pari grado uomini e donne. Lo stesso vale per l'ictus: non è mai stata dimostrata una vera differenza di genere in quello ischemico". 

I campanelli d'allarme, come prevenirlo e quanto conta la genetica

L'ictus rimane qualcosa di imprevedibile? Il fenomeno prende il nome dalla parola latina che significa "colpo", appunto perché succede spesso all'improvviso. Tuttavia, per entrambe le tipologie di ictus, esistono sintomi e campanelli d'allarme da non sottovalutare. "Se parliamo dell'ictus ischemico, questo a volte ha dei campanelli d'allarme che sono gli attacchi 'ischemici transitori', cioè gli stessi sintomi dell'ictus maggiore (come paresi, formicolii, vista, ecc.), ma che durano pochi secondi o pochi minuti e sono reversibili". Per quanto riguarda invece quello emorragico, il maggiore sintomo è un mal di testa fortissimo e improvviso, che può anche regredire. La maggiore prevenzione resta - per Valvassori - non sottostimare sintomi strani. 

Altri tipi di prevenzione infatti restano un argomento complesso per il professore. Lo stile di vita salutare può influire sulla comparsa di ictus, anche se comunque - per Valvassori - il fattore più importante resta la genetica: "Certamente per l'ictus ischemico, che colpisce molte più persone, probabilmente c'è una certa familiarità, come per l'arteriosclerosi e la pressione alta, ma se non è genetica è predisposizione. La persona in questi casi dovrebbe sottoporsi a qualche controllo, come pressione, glicemia o arteriosclerosi, ma dal punto di vista di quando possa accadere è difficile dare una prescrizione di vita". 

Spesso si mette in relazione anche la dieta con la comparsa di ictus: cattiva alimentazione e nello specifico un eccessivo consumo di carne rossa sono i fattori ce più degli altri farebbero aumentare il rischio. Bisogna però prestare attenzione alle correlazioni che si fanno su questo tipo di fenomeno e l'alimentazione, secondo Valvassori: "Nulla di certo, oggi si tende ad andare verso una certa limitazione del consumo di carne, che però ha molto più ruolo nei tumori piuttosto che nell'ictus". "Semmai - continua - tra le cause scatenanti dell'ictus da arteriosclerosi hanno molto più ruolo i grassi". La dieta dunque influirebbe per solo un 20 o 30 per cento nella comparsa di ictus: il resto sarebbe dovuto alla genetica.

Come trattare l'ictus

Sul trattamento di ictus il professore parla chiaro: il tempo resta il fattore decisivo per garantire una ripresa quanto più completa. È necessario arrivare in ospedale "quando l'arteria si è chiusa da poche ore, altrimenti, nonostante l'arteria possa essere riaperta, il danno al cervello sarà comunque già stato provocato". Due, poi, sono i modi per trattare il "colpo": il primo è attraverso un farmaco "fibrinolitico" che viene somministrato con una flebo entro quattro ore e mezzo dalla comparsa; il secondo - invece - è a livello chirurgico, con la rimozione meccanica del trombo formatosi dopo l'ictus. 

In Italia - con il grande numero di ricoveri annuali - esiste però il problema della presa in carico e della riabilitazione dei pazienti coliti da ictus. Sul tema, il professore spiega che: ""È un problema su cui tutta la sanità sta lavorando, perché la nostra vita media è aumentata, noi salviamo sempre più persone e quelle che prima morivano oggi non muoiono più, ma ovviamente vanno trattate". Per questo esiste un problema di saturazione delle strutture ospedaliere e di fisioterapia: mancano posti e mancano medici. "Oggi c'è il grosso capitolo della spesa sanitaria che deve tenere in piedi ospedali e strutture di degenza riabilitativa, che può essere anche di diversi mesi - conclude Valvassori. E questo è un grande peso anche per le famiglie. Bisognerà trovare un sistema e oliare la macchina, che non sia più piena di inceppamenti come adesso"

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