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Lunedì, 29 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Un altro ciclista morto per colpa della città

La cronaca locale del fattaccio non ci risparmia da par suo nessun raccapricciante dettaglio: «la betoniera con la bicicletta color panna incastrata tra gli assi delle ruote. Due borse di tela appese al manubrio. Nel cestino un altro sacchetto con la borsa della spesa». Ma da ciclista abituale vorrei soffermarmi sul passaggio centrale delle due borse appese al manubrio, borse di tela e quindo di una certa dimensione, pesanti, quelle che come ben sappiamo tutti noi a cui è capitato di trasportare qualcosa così, basta un sobbalzo minimo o un colpo maldestro del polso a far ciondolare. Sbilanciando l'anteriore, costringendo a correzioni e piccoli sbandamenti. Di solito niente di che, si rientra in traiettoria immediatamente, ma quanta è la «tolleranza meccanica del corridoio» ideale tra il cordolo del marciapiede e la muraglia di lamiere che scorre inesorabile a pochi centimetri dal gomito sinistro? In realtà la dinamica del più assurdo e prevedibile degli ultimi incidenti mortali pare più lineare e banalmente maligna: all'incrocio il ciclista procede dritto e il veicolo svolta a destra tagliandogli la strada e agganciando bicicletta e conducente. Trattandosi di un veicolo pesante entra in campo la questione detta Blind Spot, il punto cieco che impedisce di accorgersi di cosa sta sotto-accanto.

Blind Spot che è una delle tante battaglie per la sicurezza in corso. Si parla di impedire l'ingresso nella circoscrizione urbana di veicoli che non siano attrezzati a coprire visivamente quel punto cieco. Ma è facilissimo capire come la questione sia in realtà molto più complessa, organica, coinvolge comportamenti, percezione, sensibilità, capacità di gestirsi gli spostamenti, e infine qualità degli spazi dentro cui quegli spostamenti avvengono. Da qui tutta la lunga premessa sul corridoio ideale tra il cordolo del marciapiede e il muro di lamiere, dentro cui un ciclista si deve muovere sia quando esiste una ciclabile dedicata, sia quando non ce n'è alcuna, sia infine quando la confusione tra corridoi soggettivi dei veicoli in movimento o in sosta, pedoni, corsie riservate dei mezzi pubblici, intersezioni regolate o no, trasforma il tutto in una vera e propria roulette russa. La cui soluzione sicura, a meno di restarsene chiusi dentro casa in eterno, passa proprio dal considerarla tale ad ogni effetto. E si, anche calcolando i vantaggi di quella eliminazione del Blind Spot che tarda tanto. Per ragioni intuibili: i veicoli pesanti sono quelli legati alla distribuzione merci e ai cantieri di trasformazione urbana. E chi considera la città una macchina produttiva di reddito capisce come non si possa «bloccare tutto» finché tutti non installano dispositivi di visione regolari.

La stessa delicatezza del Blind Spot e la difficoltà di attuazione (su cui si focalizzano oggi le polemiche politiche arroventate dall'emergenza sicurezza) è però sintomo di una probabile inversione per così dire filosofica. Non l'unico ma certamente indicativo della svolta: condivisione-trasformazione, anziché come avvenuto sin qui in linea di massima, segregazione-specializzazione. La segregazione dei percorsi caratteristica delle reti dedicate costose e complesse, come le famigerate Bike Highways della sindacatura londinese di Boris Johnson, e più in generale di ogni approccio fortemente ingegneristico e settoriale, del resto poi sostenuto da tante indicazioni dei codici stradali e standard urbanistici. Ma che una città sia nelle parti vecchie che nuove (in parte cresciute già pensando alla segregazione funzionale e dei flussi) non possa proprio funzionare, anche economicamente, in quel modo, lo si era capito da tempo. E prima le esperienze di traffic-calming, o dei cosiddetti parklet, ben diverse dalle antiche pedonalizzazioni, poi l'accelerazione imposta dalla pandemia, hanno confermato questa tendenza. Certo le politiche concepite e a volte imposte da tante amministrazioni continuano ad andare in senso piuttosto tradizionale, ma pare proprio di poter sperare che l'idea di città-macchina tritatutto stia cominciando pur tra colpii di coda micidiali a tramontare.

La Città Conquistatrice – Pedonalizzazioni 

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