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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Firenze

Morte Magherini, la sentenza d'appello conferma le condanne per tre carabinieri

Il secondo grado ha mantenuto inalterati i verdetti per omicidio colposo. Assolte le due volontarie della Croce Rossa

La corte d'appello di Firenze ha confermato nella sostanza la sentenza di primo grado nel processo per la morte di Riccardo Magherini, il 40enne deceduto in strada nel capoluogo toscano durante un controllo, la notte del 3 marzo 2014. Confermate dunque le condanne per tre carabinieri con l’accusa di omicidio colposo: le pene oscillano tra sette e otto mesi. Restano assolte le due volontarie della Croce Rossa imputate ma considerate innocenti anche in primo grado.

La morte di Riccardo Magherini

Riccardo Magherini è morto nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 2014, nel quartiere fiorentino di borgo San Frediano. Figlio dell'ex calciatore Guido Magherini, Riccardo è stato a sua volta un talento frenato da tanti infortuni. Quella sera di marzo, dopo cena, ha accompagnato gli amici all'hotel dove alloggiavano. Poi ha preso un taxi per tornare a casa. Salito a bordo avrebbe litigato con il conducente. E' stato sentito gridare e chiedere aiuto, poi in stato di agitazione ha rapinato un cellulare e infranto due vetrine. I carabinieri sono riusciti ad ammanettarlo "non senza difficoltà" e hanno chiamato un'ambulanza. Sul mezzo della Croce Rossa non c'era un medico: i volontari, su "ordine" dei carabinieri, non sono intervenuti perché l’uomo è stato giudicato pericoloso. All’arrivo dell’automedica, però, l'ex calciatore delle giovanili della Fiorentina è stato rianimato a lungo in strada, poi portato in ospedale dove è stato ufficialmente dichiarato il decesso. La famiglia non ha creduto alla versione ufficiale del decesso per cause naturali e si è affidata all’avvocato Fabio Anselmo, lo stesso dei casi Aldrovandi e Cucchi. Nell’esposto sono stati accusati carabinieri e sanitari intervenuti quella notte: per i Magherini e il loro legale, la morte è stata causata dalle percosse e dallo schiacciamento causati dai militari che lo tenevano fermo sull'asfalto.

Autopsia Riccardo Magherini

Il processo e la sentenza di primo grado

Il 3 febbraio 2015, il gip ha rinviato a giudizio quattro carabinieri e tre volontari della Croce Rossa. Per il pm Bocciolini, la vittima è morta per "arresto cardiocircolatorio per intossicazione acuta da cocaina associata a un meccanismo asfittico". I carabinieri, durante l'arresto, non avrebbero osservato il protocolli previsti per il fermo di soggetto in stato di alterazione psicofisica e i tre volontari (al processo ce ne saranno soltanto due, perché il terzo è nel frattempo deceduto in un incidente) non avrebbero adottato "alcuna iniziativa tesa a facilitare la dinamica respiratoria".

Alla conclusione del dibattimento, l'accusa ha chiesto condanne a nove e dieci mesi per tre dei quattro carabinieri (il quarto non ha partecipato al "blocco" a terra perché ferito durante le fasi dell'arresto) e a nove mesi per una volontaria. Il 13 luglio 2016, il giudice Barbara Bilosi ha modificato le imputazioni (sparita l'ipotesi dell'inosservanza della direttiva dell'Arma), e ha condannato tre carabinieri a otto e sette mesi. Assolti i volontari. Il giudice ha ritenuto le fasi dell'arresto legittime e la responsabilità dei carabinieri è stata ridotta ai minuti in cui Magherini, pur muto, è stato mantenuto prono a terra. La sentenza è stata appellata dalla parte civile, che ha chiesto una condanna più severa per i carabinieri, e dal procuratore Bocciolini, che ha chiesto la condanna di tutti i carabinieri e, contrariamente alle conclusioni di primo grado, anche di entrambe le volontarie. La sentenza di appello in sostanza ha confermato le condanne del primo grado.

Commentando la sentenza della Corte d’Appello di Firenze per la morte di Riccardo Magherini, il presidente di Amnesty International Italia, Antonio Marchesi, ha rilasciato la seguente dichiarazione: "La sentenza di appello, nel confermare le responsabilità dei carabinieri già riconosciuti colpevoli di omicidio colposo in primo grado, oltre a mantenere intatto il dolore della famiglia di Riccardo Magherini, che un diverso comportamento avrebbe potuto tenere in vita, lascia aperto l'interrogativo sull'idoneità delle procedure in vigore a evitare altre vicende analoghe. L'auspicio è che la vicenda di Magherini, che potrebbe ancora dare luogo a ulteriori sviluppi giudiziari, convinca chi di dovere a sottoporre ad attenta verifica e revisione le modalità di contenzione in uso".

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