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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca

Mario vuole morire, ma l’ospedale "fa ostruzionismo": esposto in Procura

Secondo i legali dell’associazione Luca Coscioni, si integrano dei reati, tra cui quello di tortura

Dopo un primo diniego, il Tribunale aveva accolto il ricorso, obbligando l’azienda sanitaria locale (Asur) ad aprire un percorso sanitario per verificare se nel suo caso sussistessero i requisiti stabiliti dalla Corte Costituzionale (sentenza Cappato) affinché potesse andare in Svizzera per accedere alla pratica del suicidio assistito. Sembrava fatta per Mario (nome di fantasia). Invece oggi emergono nuovi problemi perché oggi il 43enne tetraplegico e immobilizzato da oltre dieci anni a seguito di un grave incidente stradale ha presentato un esposto alla Procura di Ancona, denunciando un atteggiamento ostruzionistico da parte della struttura sanitaria locale nei suoi confronti. Nel documento si fa riferimento ad omissioni di atti d’ufficio e la mancata esecuzione dell’ordine del Tribunale di Ancona da parte dell’azienda sanitaria.

Che cosa diceva quella sentenza? Stabiliva che Mario avesse “il diritto di pretendere dall’Asur Marche l’accertamento della sussistenza dei presupposti richiamati nella sentenza della Corte Costituzionale (sentenza Cappato), ai fini della punibilità di un aito al suicidio praticato in suo favore da un soggetto terzo; la verifica sull’effettiva idoneità ed efficacia delle modalità, della metodica e del farmaco (Tiopentone sodico nella quantità di 20 grammi) prescelti dall’istante per assicurarsi la morte più rapida, indolore e dignitosa possibili”. Inoltre la sentenza imponeva alla struttura ospedaliera “di provvedere all’accertamento richiesto” da Mario “previa acquisizione del relativo parere del comitato etico territoriale”.

Insomma non era un via libera a poter morire il giorno dopo, ma era una sentenza che imponeva all’ospedale di avviare tutte le procedure per verificare la sussistenza di tutti i parametri e le condizioni minime stabilite dalla massima autorità costituzionale per accedere al fine vita. Le cose non sarebbero andare così perché, tramite l’associazione Luca Coscioni, Mario fa sapere di aver denunciato i vertiti dell’Asur di Ancona. Si parla di “ingiustificato protrarsi di condotte ostruzionistiche delle istituzioni competenti, nei confronti di un malato in costante peggioramento. Nonostante una sentenza della Corte costituzionale ed un provvedimento del Tribunale abbiano ordinato all’azienda sanitaria ed al comitato etico di attivarsi per rendere il diritto di Mario effettivo”.

Il punto è che l’Asur Marche non avrebbe verificato l’idoneità del farmaco e le relative modalità di somministrazione. Non solo, il comitato etico, nell’individuare le linee programmatiche che l’Asur avrebbe dovuto seguire nell’effettuare le verifiche, avrebbe omesso qualsiasi riferimento al farmaco, contribuendo dunque a determinare uno stallo nella procedura indicata dalla Corte costituzionale. 

Secondo i legali dell’associazione Luca Coscioni, si integrano dei reati, si legge in una nota, “non solo contro la pubblica amministrazione ed il suo buon andamento ma soprattutto contro la libertà morale di Mario, costretto a subire e tollerare un trattamento contrario al suo senso di dignità il cui rispetto è stato espressamente sancito dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale”. Per questo Mario ha denunciato l’ospedale per il reato di tortura: “per avergli cagionato acute sofferenze fisiche dovute all’aggravarsi delle sue condizioni negli ultimi 16 mesi (da quando è stata presentata la sua richiesta di accedere alla verifica delle condizioni), agendo con la crudeltà che caratterizza l’immobilismo e l’inerzia proprio di chi ha accertato, come ha fatto l’Asur, una condizione di sofferenza intollerabile e non si attiva per porvi fine. Il tutto nei confronti di una persona che si trovi in una condizione di minorata difesa”. In più si invita la Procura ad indagare eventuali omissioni di atti d’ufficio e la mancata esecuzione dell’ordine del Tribunale di Ancona da parte dell’azienda sanitaria. 

“La tortura è un reato che sanziona il “furto di umanità” che lo Stato, tramite i propri organi, pone in essere nei confronti di chi si trovi in una situazione di minorata difesa. Le condizioni di Mario sono sensibilmente peggiorate negli ultimi mesi: i dinieghi e gli ostruzionismi dell’azienda sanitaria sono ormai eloquenti della volontà di dilatare i tempi accettando il rischio che le condizioni di Mario peggiorano a tal punto da non consentirgli più di procedere con l’autosomministrazione del farmaco. Questo significherebbe condannare Mario a sopportare sofferenze intollerabili attraverso un trattamento inumano e degradante per la sua dignità” ha spiegato l'avvocato Filomena Gallo, tra i difdifensori di Mario e segretario dell’associazione Luca Coscioni. 


 

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