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Venerdì, 26 Aprile 2024
Donna

Jolie, Watson, Beckham: quando la fama diventa il "casco rosa" delle Nazioni Unite

Sono tante le donne dello showbiz internazionale che, diventate ambasciatrici dell'Onu, usano la loro popolarità per diffondere messaggi di pace e uguaglianza tra i sessi. Perché essere belle e brave non basta più: adesso è la bontà che pemia e, soprattutto, l'intelligenza di sapere come restare sulla cresta dell'onda al di là di un'effimera popolarità

La lucentezza di una statuetta, il furore di una sfilata di moda, il lustro di una copertina patinata non bastano più.

Le donne, oggi, vogliono altro, sono altro e lo hanno capito e gli esempi che nell’ultimo periodo si elevano superbi sulle ciarle appannaggio del dozzinale voyeurismo lo stanno dimostrando: i nomi di Angelina Jolie, Emma Watson e Victoria Beckham, personalità note nel panorama dello showbiz internazionale per le loro carriere di attrici e ‘mogli di’, risuonano adesso di una musicalità nuova, diversa dalle canzonette generate dai contesti di vite private e professionali sempre sotto ai riflettori e amplificata dalla cassa di risonanza di un organo del calibro dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Pioniera di spicco, in questo senso, è stata l’attrice premio Oscar Angelina Jolie, ambasciatrice dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati e vincitrice nel 2013 dell'Humanitarian Award, (il riconoscimento assegnato ogni anno ad “un membro dell'industria cinematografica i cui sforzi umanitari hanno dato lustro al settore”) che recentemente, dopo aver visitato i campi profughi del Libano e chiesto il libero accesso agli aiuti umanitari per i civili siriani, a Malta ha toccato con mano il dolore dei migranti sopravvissuti agli sbarchi nel Mediterraneo. La sua attitudine benefica è ormai conclamata e il peso che attribuisce alla difesa dei più deboli è diventato talmente preminente da farle dichiarare che potrebbe anche abbandonare la recitazione per dedicare tutto il suo tempo al lavoro umanitario e alla famiglia.

Fresca d’impegno sociale è, invece, Emma Watson, la piccola Hermione della saga ‘Harry Potter’, che da Montevideo ha tenuto un discorso -virale in rete con l’hashtag ‘heforshe’ in qualità di ambasciatrice per ‘UN Women’, l'Agenzia delle Nazioni Unite che tutela la parità di genere e il ruolo della donna nel mondo. “Ho deciso di essere una femminista quando a 14 anni alcuni organi di stampa hanno iniziato a dipingermi come un oggetto sessuale. Quando a 15 anni alcune mie amiche hanno abbandonato gli sport che praticavano perché non volevano apparire ‘muscolose’. Quando a 18 anni ai miei amici maschi non era permesso mostrare i propri sentimenti”, ha affermato con voce commossa, aggiungendo che “gli uomini non devono essere aggressivi per poter essere accettati e le donne non devono sentirsi in dovere di essere sottomesse. Se gli uomini non devono controllare, le donne non dovranno essere controllate”, accorato appello che le è costato la minaccia di vedersi completamente nuda nelle foto pubblicate da parte dei membri del forum ‘4chan’, condannati dall’attrice per aver diffuso immagini intime di personaggi famosi.

Ultima in ordine di ‘apparizione’ è Victoria Beckham che, abbandonati il cipiglio snob e gli abiti glamour che le sono valsi la nomea di ‘posh’ all’epoca delle Spice Girl, ha iniziato ad impegnarsi in prima persona per la lotta contro l’Aids in qualità di ambasciatrice di buona volontà. “Sogno una generazione libera dal virus e so che l’appoggio di Victoria ci aiuterà in questo obiettivo” ha detto Michel Sidibè, direttore esecutivo di UnAids e lei, che ha ammesso di essere dovuta arrivare a 40 anni per “capire che come donna e madre ha delle responsabilità”, si è detta pronta ad affrontare in prima persona il problema della trasmissione della malattia in gravidanza.

Che poi possa anche essere un mezzo per promuovere l’ascesa della sua attività come stilista (di pochi giorni fa, infatti, è l’inaugurazione a Londra del primo negozio con il suo nome: seimila metri quadri suddivisi in tre piani in una delle zone più ricche della City) è pensiero malizioso che lascia il tempo che trova, perché, al di là di ogni pungolo malpensante, lei, come le sue colleghe, è la riprova che l’epoca delle ‘belle statuine’ è finita, che le starlette ‘gnegnegne’ lasciano il tempo che trovano e che adesso la fama, per essere davvero tale e non popolarità passeggera, deve fare il paio con l’intelligenza che fregia la reputazione di nobili coccarde filantropiche.

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