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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Asia Argento sul suicidio di Anthony Bourdain: “Non sapevo della sua ossessione, ho il cuore a pezzi”

Dopo essere stata accusata di aver condotto il compagno al suicidio, la regista e attrice italiana ha pubblicato un documento che dimostra come lo chef soffrisse da anni di depressione

"Non ho mai saputo di questa sua ossessione. Non me l'ha mai detto. Leggere queste cose mi spezza il cuore": con queste parole Asia Argento è tornata a parlare su Twitter della morte del compagno Anthony Bourdain, lo chef 61enne di fama internazionale che lo scorso 8 giugno si è tolto la vita nella sua stanza d'albergo a Strasburgo, in Francia.

Accusata da hater e troll del web di essere la causa della sua morte, l'attrice e regista italiana, oggi giudice del talent X Factor, ha condiviso un documento contenente gli sfoghi e le riflessioni sulla vita e sulla morte di Bourdain degli ultimi anni raccolti dal ricercatore John E. Richters, per dimostrare che il compagno combatteva da tempo contro i suoi demoni.

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Anthony Bourdain, la battaglia contro la depressione

Nella carrellata di dichiarazioni, riportate nei suoi libri e in interviste tv, lo chef  parla pubblicamente della sua lotta contro depressione, solitudine e infelicità.

"Mi piacerebbe essere felice. Mi piacerebbe essere più felice. Io dovrei essere felice...Mi piacerebbe essere in grado di guardare fuori dalla finestra e dire 'Sì, la vita è bella'", confidava Bourdain ad uno psicoterapeuta all'inizio del 2016, confessando di sentirsi "come uno strano", "molto isolato" e raccontando quanto facilmente qualcosa di insignificante come un pessimo hamburger mangiato in un aeroporto potesse mandarlo "in una spirale di depressione che può durare per giorni".


Tra le confessioni riportate nel documento anche la descrizione del suo stato d'animo durante una crisi. "Ero completamente depresso - scriveva Bourdain nel suo libro 'Kitchen Confidential' pubblicato nel 2000 - a letto tutto il giorno, immobilizzato dal senso di colpa, dalla paura, vergogna e rimpianto, palpitazioni cardiache, terrori, attacchi di odio verso me stesso così potenti che solo il pensiero di lanciarmi dalla mia finestra del sesto piano su Riverside Drive mi ha dato conforto e mi ha permesso di cullare me stesso in un sonno rassegnato".

Ciò che colpisce è proprio il riferimento al suicidio, sempre più frequente nei suoi scritti, interpretato come potenziale via di fuga. Fino al resoconto di un incubo ricorrente che oggi suona come un triste presagio: "Sono bloccato in un grande antico hotel vittoriano con camere interminabili e corridoi dai quali cerco di uscire, ma non posso. Voglio tornare a casa, ma non mi ricordo dove si trova".

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