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Sabato, 27 Aprile 2024
La stretta / Cina

Perché la Cina vieta gli iPhone

Pechino ha deciso di impedire ai funzionari di governo di utilizzare i dispositivi della Apple, una mossa che rispecchia quella fatta da diversi Paesi occidentali contro TikTok e Huawei, citando rischi di spionaggio

La Cina ha ordinato ai funzionari delle agenzie governative centrali di non utilizzare gli iPhone della Apple e altri dispositivi di marca straniera per il lavoro e di non portarli in ufficio. A riferirlo è il Wall Street Journal, citando persone che hanno familiarità con la questione. I dipendenti avrebbero ricevuto istruzioni in questo senso da parte dei loro superiori in chat o in riunioni sul posto di lavoro. Le restrizioni sui dispositivi stranieri sono solo l'ultimo passo nella campagna di Pechino per ridurre la dipendenza dalla tecnologia estera e potrebbe acuire le tensioni tra Cina e Stati Uniti. Questa mossa rispecchia quella già presa da Washington, così come da diversi governi europei e dalla stessa Commissione di Bruxelles, che hanno vietato ai loro funzionari di scaricare sui telefoni di lavoro il social TikTok, di proprietà della cinese ByteDance, o di utilizzare tecnologia Huawei per costruire le reti 5G, citando rischi di spionaggio da parte di Pechino.

La direttiva è l'ultimo passo nella campagna del Partito comunista cinese per ridurre la dipendenza dalla tecnologia straniera e migliorare la sicurezza informatica e si inserisce nel contesto di una campagna per limitare i flussi di informazioni sensibili al di fuori dei confini del gigante asiatico. La mossa di Pechino potrebbe avere un effetto dissuasivo più ampi per tutti i marchi stranieri nel mercato della nazione, a partire proprio dalla stessa Apple. Quest'ultima domina il mercato degli smartphone di fascia alta nel Paese e l'azienda considera la Cina uno dei suoi mercati principali: la Repubblica popolare rappresenta circa il 19% delle entrate complessive per l'impresa che fu di Steve Jobs.

Per oltre un decennio, la Cina ha cercato di ridurre la dipendenza dalle tecnologie straniere, chiedendo alle imprese affiliate allo Stato, come le banche, di passare a quella locale e promuovendo la produzione nazionale di chip. Pechino ha intensificato questa campagna nel 2020, quando i suoi leader hanno proposto un modello di crescita cosiddetto "a doppia circolazione" per ridurre la dipendenza dai mercati e dalle tecnologie estere, mentre cresceva la preoccupazione per la sicurezza dei dati. A maggio, la Cina ha esortato le grandi imprese statali a svolgere un ruolo chiave nella sua spinta verso l'autosufficienza tecnologica, alzando la posta in gioco in mezzo alle tensioni con gli Stati Uniti.

La guerra dei chip tra Usa e Cina riguarda anche noi

Queste ultime sono aumenta quando Washington ha iniziato a fare pressione sugli alleati per bloccare l'accesso della Cina alle attrezzature vitali necessarie per mantenere competitiva la sua industria dei chip, mentre Pechino limita le spedizioni di importanti aziende statunitensi, tra cui il costruttore di aerei Boeing, e l'azienda di chip Micron Technology. A marzo i Paesi Bassi hanno annunciato limitazioni all'invio di una particolare stampante per produrre i semiconduttori per auto, smartphone e missili. L'Asml, leader mondiale nella produzione di questo tipo di tecnologie, in particolare le più avanzate Duv (deep ultraviolet) è l'azienda olandese che vantava fino a poco tempo fa un importante relazione commerciale con il gigante asiatico.

Durante una visita in Cina la scorsa settimana, il Segretario al Commercio degli Stati Uniti Gina Raimondo ha dichiarato però che le aziende statunitensi si sono lamentate del fatto che la Cina sia diventata un luogo in cui "non si può investire", sottolineando le multe, le incursioni e altre azioni che hanno reso rischioso fare affari nella seconda economia mondiale.

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