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Lunedì, 29 Aprile 2024
la guerra dei chip / Cina

La guerra dei chip tra Usa e Cina riguarda anche noi

Le restrizioni sulle esportazioni legate ai semiconduttori non si limitano più solo Cina e Stati Uniti, ma hanno assunto dimensioni molto più ampie. Il Giappone limiterà l'export di macchinari per la produzione di microchip, dopo un annuncio simile fatto dai Paesi Bassi all'inizio del mese e fortemente criticato dalla Cina

A distanza di pochi mesi dall'introduzione delle misure statunitensi per contrastare le mire della Cina di diventare leader della tecnologia globale, si inizia a fare la somma dei conti. E dei danni.

Il provvedimento Usa per frenare l'ascesa della Cina

Lo scorso ottobre, Washington ha introdotto nuove regole per contenere lo sviluppo dell’industria dei microchip cinese, specie per quanto riguarda i chip con architettura inferiore a 14 nanometri. La misura degli Stati Uniti "Chips Act" impone ai produttori dei microchip di ottenere una licenza speciale per potere esportare in Cina. Proteggere l'industria nazionale ed evitare che "tecnologie sensibili con applicazione militari" finiscano nelle mani di Pechino: sarebbero queste le motivazioni che - come specificato dal sottosegretario al Dipartimento del Commercio Usa, Alan Estevez - hanno spinto Washington a mettere assieme i maggiori produttori di microchip del mondo ed escludere il gigante asiatico. 

Così è arrivata l'ulteriore mossa statunitense. Le restrizioni sulle esportazioni legate ai semiconduttori non si limitano più solo Cina e Stati Uniti, ma hanno assunto dimensioni molto più ampie. A fine gennaio, gli Usa hanno sottoscritto un accordo con Giappone e Olanda che prevede nuove limitazioni all'export di tecnologia avanzata in Cina. Di fronte a questa stretta, la Cina ha annunciato a fine 2022 l'avvio di una procedura presso l'Organizzazione mondiale del commercio, accusando Washington di mettere a repentaglio le catene di approvvigionamento globali.

La guerra dei chip tra Usa e Cina mette in difficoltà l'Olanda

Recentemente i Paesi Bassi hanno annunciato limitazioni all'invio di una particolare stampante per produrre i semiconduttori per auto, smartphone e missili. L'Asml, leader mondiale nella produzione di questo tipo di macchine, in particolare le più avanzate Duv (deep ultraviolet) è l'azienda olandese che vantava fino a poco tempo fa un importante relazione commerciale con il gigante asiatico: la Cina, infatti, rappresenta il 18% del portafoglio ordini dell'azienda. Al momento non è chiaro come queste restrizioni incideranno sui suoi affari, e quali eventuali nuovi clienti potranno sostituire quelli cinesi. In risposta, Pechino ha criticato aspramente la decisione olandese, che a suo dire era il risultato di "molestie ed egemonia" da parte dell'Occidente. 

La stampante che potrebbe lasciare la Cina senza chip avanzati

La stretta del Giappone

Il governo nipponico, invece, pur siglando l'intesa, non aveva ancora fatto passi concreti in tal senso. Almeno fino a oggi. Il Giappone ha dato parere positivo per limitare l'esportazione di apparecchiature per la produzione di semiconduttori, dopo l'annuncio simile fatto dai Paesi Bassi all'inizio del mese e fortemente criticato dalla Cina.

Dal prossimo luglio, Tokyo vieterà l'esportazione di 23 tipi di apparecchiature avanzate per la produzione di semiconduttori. Circa 10 aziende giapponesi, tra cui Tokyo Electron e Nikon, saranno interessate dalle nuove misure. Una nota del ministero del Commercio e dell’industria giapponese informa che le restrizioni interesseranno sei diverse categorie di macchinari, inclusi quelli per la deposizione chimica, la litografia e la fotoincisione. Secondo la nota, l’obiettivo della stretta è "arginare il progresso tecnologico destinato ad applicazioni militari". Il riferimento alla Cina è assente, ma tutto fa pensare che Tokyo abbia rispettato i termini dell'accordo siglato recentemente con Washington. Dura, tuttavia, la reazione da parte di Pechino che proprio questo weekend accoglierà il ministro degli Esteri giapponese, Yoshimasa Hayashi, per la prima volta in tre anni. 

I danni per il mondo intero

Ma torniamo alla valutazione dei danni che si riflettono su tutti gli attori coinvolti in un conflitto che inizialmente vedeva coinvolte due superpotenze, Washington e Pechino. Le esportazioni di apparecchiature per la produzione di semiconduttori dagli Stati Uniti e dal Giappone alla Cina sono diminuite per la prima volta in tre anni nell'ultimo trimestre del 2022, rispettivamente del 50% e del 16% rispetto all'anno prima, riporta il Nikkei Asia. E questo è accaduto nonostante l'export di macchinari di produzione verso il resto del mondo siano cresciute del 26% per il Giappone e del 10% per gli Stati Uniti. Battuta d'arresto anche per l'Ue, che ha registrato un calo delle esportazioni da attribuire soprattutto ai Paesi Bassi, che hanno annotato una riduzione dell'export pari al 44%. 

Anche la Cina sta subendo un colpo a causa della stretta statunitense. Per tutto il 2022, le importazioni cinesi di apparecchiature per la produzione di semiconduttori sono diminuite del 15% a 34,7 miliardi di dollari, secondo i media cinesi, il primo calo registrato in tre anni. La tendenza al ribasso sembra continuare nel 2023, con le importazioni totali a gennaio e febbraio che sono diminuite del 21% rispetto all'anno precedente, mentre le importazioni di semiconduttori sono diminuite del 25%.

Pechino, tuttavia, cerca di correre ai ripari. Per ridurre la dipendenza dalle importazioni dall'estero per i suoi chip elettronici, la Cina ha speso miliardi di dollari negli ultimi 10 anni per la propria industria dei semiconduttori. All'inizio di marzo ha anche annunciato che avrebbe messo sul piatto una ingente somma per sostenere l'industria nazionale: 1,9 miliardi di dollari di finanziamenti in uno dei principali produttori cinesi di semiconduttori, Yangtze Memory Technologies.

C'è poi il nodo Taiwan, principale produttore al mondo di microchip (grazie al colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) e terreno di scontro diplomatico tra Cina e Stati Uniti. La contesa per la supremazia in campo tecnologico si aggiunge alle già profonde diatribe in corso tra Pechino e Washington, alimentando un clima di diffidenza dove i due Paesi cercano di far valere i propri interessi. 

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