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Domenica, 28 Aprile 2024
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"La polizia è istituzionalmente razzista"

Nel Regno Unito un rapporto ha attestato discriminazioni sistematiche da parte degli agenti. Adesso anche alcuni vertici lo ammettono e chiedono di riprogettare le pratiche della pubblica sicurezza

Neri discriminati in maniera sistematica dalla polizia, che sarebbe "istituzionalmente razzista". Ad ammetterlo è stato Gavin Stephens, presidente del Consiglio nazionale dei capi  della polizia (Npcc) del Regno Unito. Nei controlli, negli arresti e nelle condanne un rapporto ha verificato che le persone di colore risultano essere "prese di mira" dagli agenti in maniera spesso immotivata, perché considerati "più pericolosi" a prescindere dal loro effettivo comportamento. Le affermazioni del commissario potrebbero aprire una breccia per un cambiamento radicale nelle forze dell'ordine britanniche, da tempo criticate per l'atteggiamento nei confronti delle persone di etnie diverse come pure per comportamenti misogini. La questione non riguarda però solo i britannici. Anche in Francia, Belgio e Italia si annoverano numerose discriminazioni. In gran parte dei casi queste storie di abusi rimangono confinate nei trafiletti di cronaca, ma rappresentano la dura quotidianità per migliaia di persone che soffrono di trattamenti ingiusti semplicemente a causa del colore della pelle.  

Politiche progettate per discriminare

In un'intervista al quotidiano The Guardian, il commissario Gavin Stephens ha affermato che i neri non dovrebbero più subire un "uso sproporzionato della forza". A frenare i progressi ci sarebbero alcuni leader delle forze dell'ordine, troppo lenti nell'accettare la sfida di una radicale riforma della polizia, ha sottolineato il commissario. Eletto dai suoi colleghi capi della polizia, Stephens ha dichiarato che la discriminazione opera a "livello istituzionale", sottolineando che la sua è un'opinione personale e precisando che questo non significa che tutti gli agenti di polizia siano razzisti. "Il modo in cui le nostre politiche, procedure e formazioni sono state progettate e implementate per molti anni non ha ricevuto la voce delle persone di colore coinvolte nella progettazione e nell'implementazione di tali pratiche", ha affermato il commissario, "e di conseguenza, otteniamo risultati sproporzionati laddove non dovrebbero esserci risultati sproporzionati". La proposta di Stephens è quella di aprire un dibattito su come riprogettare le politiche e le pratiche della polizia "per rimuovere tale discriminazione".

La chat degli agenti con insulti razzisti e misogini

Il dibattito sul razzismo nella polizia britannica non è nuovo e le prime riflessioni risalgono ad una trentina di anni fa. A confermare le recriminazioni da parte della comunità di colore c'è stato un recente rapporto, che ha messo in evidenza la natura sistematica delle discriminazioni. L'analisi è stata formulata da Louise Casey, funzionaria del governo britannico che lavora nel settore del benessere sociale. Casey è stata nominata per condurre una revisione indipendente della cultura e degli standard nella polizia metropolitana di Londra dopo l'omicidio di Sarah Everard nel 2021. La donna 33enne era stata rapita nel sud di Londra, dopo essere stata fermata da un agente della polizia metropolitana fuori servizio Wayne Couzens. Il poliziotto l'aveva ammanettata, condotta in auto fino Dover, dove l'ha violentata e strangolata, prima di bruciare il suo corpo e disporre i suoi resti in uno stagno vicino. Ad emergere è stata innanzitutto la misoginia dell'agente, ma il caso ha aperto un vero e proprio vaso di Pandora. Insieme a Couzens sono stati arrestati anche due suoi colleghi, con cui l'omicida aveva una chat Whatsapp in cui inviavano messaggi razzisti, omofobi e misogini. Già nel 1999 era stata condotta una prima un'inchiesta sugli  errori che avevano consentito agli assassini razzisti di Stephen Lawrence di sfuggire alla giustizia. Nessuna vera riforma aveva però fatto seguito a quel rapporto. Secondo Stephens entrambi i documenti sono da considerarsi corretti. 

Più probabilità di essere fermato se sei nero

Già nel 2022, gli stessi leader della polizia di Inghilterra e Galles hanno sottolineato in un documento: "I neri hanno sette volte più probabilità di essere fermati e perquisiti rispetto ai bianchi e cinque volte più probabilità di essere sottoposti all'uso della forza". Si legge inoltre: "Il 10% delle nostre perquisizioni registrate, il 27% degli incidenti legati all'uso della forza e il 35% degli incidenti Taser ha coinvolto qualcuno di un gruppo etnico nero. Le ultime stime suggeriscono che solo il 3,5% della popolazione è nera". Nonostante questi dati la maggior parte dei capi della polizia è contrario ad ammettere che vi sia un problema di "razzismo istituzionale". Secondo Stephens queste situazioni deriverebbero dal fatto che la polizia tende a stereotipare gli uomini di colore come più pericolosi. "Questo mito che a volte esiste nella cultura popolare secondo cui i giovani neri sono pericolosi è un mito", ha affermato il commissario. "Sì, i giovani neri vengono coinvolti nel crimine – sì, sono a rischio di vittimizzazione – ma lo stesso fanno gli uomini bianchi se vai nella mia zona", ha detto Stephens. Il capo dell'Npcc ha suggerito che nel caso in cui ci sia un legame culturale tra gli agenti e i cittadini di una zona "c'è una maggiore probabilità che tu sia in grado di risolvere quel problema senza ricorrere all'uso della forza". Un legame evidentemente non percepito nei casi in cui gli incidenti riguardano persone di colore.

Contro gli abusi in divisa

Il problema del razzismo nella polizia è esploso a livello internazionale dopo l'omicidio di George Floyd negli Stati Uniti, ma come ha sottolineato lo stesso Consiglio d'Europa il problema riguarda anche le forze dell'ordine dell'Unione europea. In Italia a monitorare i comportamenti razzisti e misogini, ma non solo, delle forze dell’ordine opera l’Associazione contro gli abusi in divisa (Acad), che offre anche supporto alle famiglie delle vittime. Tra i casi da seguire segnalati dall'organizzazione c'è l’udienza fissata il 24 febbraio al Tribunale di Palmi per il processo per la morte di Sekine Traore, bracciante maliano ucciso l’8 giugno 2016 nella vecchia baraccopoli di San Ferdinando da un colpo di pistola sparato da un carabiniere. L’agente è accusato di eccesso colposo di legittima difesa.

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