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Domenica, 28 Aprile 2024

Il commento

Anna Dazzan

Giornalista

Kefiah, pancia scoperta e peli sulle gambe: la stramba provocazione dello sciopero femminista

Che non sia una festa ma una rivendicazione di diritti sembra finalmente essere chiaro ai più e, soprattutto, alle più. Peccato che cominci anche a essere divisiva. La giornata internazionale della donna, nata nel 1977, dopo quasi 50 anni di incontri, celebrazioni, siti in, flash mob, spogliarelli, manifestazioni, cene, spettacoli e feste a tema, rischia di perdere il suo senso. Come forse, mi permetto di insinuare il dubbio, ogni "giornata di" che viviamo senza nemmeno quasi più accorgercene. E così, anche oggi, c’è chi approfitterà per un aperitivo tra amiche, chi seguirà una conferenza sulle partigiane, chi continuerà la propria vita con la fatica di ogni giorno e chi, invece, incrocerà le braccia per uno sciopero "contro la violenza patriarcale", come Non una di meno che ha indetto proprio per oggi una mobilitazione nazionale.

Come sempre, nulla di soft per il movimento femminista e transfemminista nato nel 2016, che ha scelto anche per questa occasione di muoversi facendo più rumore possibile, a cominciare dalla locandina per promuovere l’iniziativa odierna. Soliti fucsia e nero a contrasto e grafica spigolosa: in primo piano le gambe non depilate di una manifestante, sullo sfondo una bandiera palestinese che sventola. E una donna con kefiah, velo e pancia scoperta: un’immagine provocatoria nella misura in cui è possibile vederla solo su un manifesto occidentale.

non una di meno 8 marzo 2024

Ovviamente fa pensare, è a questo che servono i manifesti. Dallo scorso ottobre Israele ha ucciso più di 9.000 donne palestinesi ed espone migliaia di donne e ragazze a condizioni di vita insopportabili. Da ottobre Hamas (che respinge l’accusa), secondo un rapporto dell’Onu ha usato lo stupro sulle donne israeliane come arma di guerra. Da qualunque parte la si guardi è tutto sbagliato. Da qualunque parte la si guardi, ogni giorno è una in più. Una donna in più che non ha nulla da festeggiare perché non c’è nessuna festa in corso, e non serve andare in Medio Oriente o cercare il Medio Oriente a "casa nostra" e puntare il dito contro le altre culture quando i diritti delle donne faticano a essere riconosciuti praticamente ovunque nel mondo.

E allora va bene il rumore, ma va bene anche il silenzio. Purché non escluda nessuna, mai più.

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