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Domenica, 28 Aprile 2024

Autonomia indifferente

Cesare Treccarichi

Giornalista

Ad esempio a Giorgia Meloni non piace il Sud

Estrema bellezza e difficoltà. Il sud Italia è complicato da descrivere in poche parole, e forse da comprendere, per chi non lo abita. Rino Gaetano lo cantava in "Ad esempio a me piace il sud", come un viaggio tra sogno e realtà in mezzo a meraviglie e problemi della sua terra, la Calabria. E non poteva ancora sapere dell'autonomia differenziata che il governo Meloni sta inesorabilmente portando avanti, ultimo tra i potenziali colpi di grazia per il Mezzogiorno tra revisioni del Pnrr, soppressione di agenzie e accentramento di poteri. Da queste premesse parte la "rivolta" del sud guidata da Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, e arrivata fin sotto Palazzo Chigi con rabbia e insulti per Giorgia Meloni e il ministro Fitto (vedi sotto).

Pare il 1992 ma l'autonomia è differente

Sembra che si stiano realizzando i migliori propositi della Lega Nord di Umberto Bossi degli anni '90. Ognuno stia a casa propria, ognuno si faccia i fatti propri nella propria regione di nascita e basta con questo centralismo dello Stato. Sbrigatevela da soli. Ma non aveva previsto una cosa: il Sud si sta spostando al Nord per bisogni primari come studio, lavoro o sanità. L'ultimo rapporto Svimez sostiene che dal 2002 al 2021 hanno lasciato il sud oltre 2,5 milioni di persone. L'81% di loro è andato verso il centro-nord. Tra gli under 35 il deflusso netto è di 808 mila persone, di cui 263 mila laureati. 

L'emigrazione da sud a nord in Italia: i numeri del rapporto Svimez

Con l'Autonomia differenziata potrebbe anche andare peggio. Semplificando, le Regioni avranno più autonomia in alcune materie a patto che vengano garantiti dei livelli minimi di servizio fissati a priori, chiamati Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) previsti dalla Costituzione. In più lo Stato prevede misure "perequative", cioè fondi aggiuntivi per chi non chiede maggiore autonomia, in modo da uniformare il livello dei servizi da Nord a Sud. In teoria. Sulla carta non sembra così terribile, ma pare che a una maggiore autonomia per le Regioni non corrispondano servizi più efficienti ai cittadini e minori costi per lo Stato, così come da spirito del Ddl Calderoli che la sta portando avanti. Più si va verso sud, più la situazione peggiora.

L'Ufficio parlamentare di bilancio ha dato il suo parere: "Come già rilevato in precedenti audizioni, non si può escludere che l'autonomia differenziata evolva verso uno scenario fortemente frammentato". Nella sua lettera di raccomandazioni annuale, la Commissione Europea ha avvertito il governo che l'autonomia differenziata "rischia di compromettere la capacità delle amministrazioni pubbliche di gestire la spesa pubblica, con un conseguente possibile impatto negativo sulla qualità delle finanze pubbliche dell’Italia e sulle disparità regionali". Anche Banca d'Italia mostra il rischio concreto che i costi per lo Stato possano aumentare, visto che "la spesa complessiva potrebbe risentire della frammentazione nell'erogazione dei servizi pubblici, oltre che di maggiori costi dovuti a diseconomie di scala". Tre istituzioni che criticano un disegno di legge fanno una prova della sua inadeguatezza?

Due sanità, disagi unici: la faccia triste dell'Italia

La sanità sembra mostrarci oggi cosa potrebbe accadere domani con l'autonomia differenziata. Attualmente i problemi sono già enormi, con le differenze tra nord e sud arrivate a un punto di "pericolo": secondo gli ultimi dati della fondazione Gimbe oltre 4 miliardi di euro sono "migrati" da sud verso nord e per il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta, "l'autonomia differenziata renderà i pazienti del sud sempre più 'clienti' dalle regioni del Nord".

Le differenze nella sanità tra Nord e Sud

Gli screening al Mezzogiorno si dimezzano e la mortalità oncologica ne risente: al sud morire è diventato più "semplice" morire. I disservizi non risparmiano neanche i neonati. Secondo gli ultimi dati a disposizione il tasso di mortalità infantile, cioè entro il primo anno di vita, in Calabria è più che doppio rispetto alla Toscana, poco meno del doppio in Sicilia.

Salvini e Meloni hanno scelto: meglio un ponte. Al sud mancano 15 miliardi

Tra revisione del Pnrr, riduzione di fondi e "dirottamento" di altri finanziamenti al sud mancano circa 15 miliardi di euro. Meloni e alleati, vedi Salvini, preferiscono un ponte al resto. Le intenzioni si erano viste nei primi mesi di governo, quando Palazzo Chigi ha accentrato Pnrr e gestione dei fondi per il sud nelle mani del ministro Fitto. Per questo motivo è stata chiusa l'Agenzia per la coesione territoriale, confluita nel dipartimento "aspira tutto" di Fitto. 

Nella modifica del Piano nazionale di ripresa e resilienza vengono "differiti" 7,6 miliardi di euro di progetti al sud, destinati ai comuni per misure energetiche e piani urbani. Ma il colpo basso è un altro: in legge di bilancio è stato tagliato il Fondo perequativo infrastrutturale che da 4,4 miliardi è sceso a 900 milioni. Questo fondo era stato creato quindici anni fa proprio per ridurre le differenze infrastrutturali tra nord e sud in vista dell'autonomia differenziata. 

Meloni e soprattutto Salvini preferiscono il ponte sullo Stretto, ancora in ritardo di trasparenza e di cui conosciamo più i proclami che i dettagli. Per finanziarlo, 1,6 miliardi di Fondi per lo sviluppo e la coesione destinati a Sicilia e Calabria sono stati dirottati verso il Ponte. Questi soldi servivano a costruire e potenziare strade e ferrovie nelle regioni tra le più lente d'Italia. E poi c'è De Luca che vuole denunciare Fitto per i 6 miliardi di euro bloccati nella nuova programmazione dei fondi.

Il clima è questo, i problemi sono noti e le complicanze anche. Soluzioni?

"Ma come fare non so

Sì, devo dirlo, ma a chi

Se mai qualcuno capirà

Sarà senz'altro un altro come me"

(Rino Gaetano, Ad esempio a me piace il sud)

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