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Domenica, 28 Aprile 2024

L'editoriale

Maria Cafagna

Editorialista

La vergognosa sentenza per il femminicidio di Carol Maltesi

Carol Maltesi era madre di un bambino piccolo, lavorava come commessa in un negozio di profumi e aveva un profilo Onlyfans. È stata picchiata, sgozzata, fatta a pezzi; il suo corpo è stato tenuto in un congelatore per giorni e poi gettato in un dirupo dove è stato poi ritrovato molti giorni dopo l’omicidio. Davide Fontana, 43 anni, l’assassino reo confesso, ha poi accuratamente ripulito l’appartamento dove è avvenuto il reato e nei giorni che hanno preceduto il suo arresto ha cercato in tutti i modi di depistare le indagini: per ingannare gli inquirenti, ha pagato tramite un'app l'affitto di casa di Maltesi per non allarmare la padrona di casa e ha risposto fingendosi lei ai messaggi che le inviavano i genitori e l’ex compagno. 

Oggi è arrivata la sentenza di condanna per Fontana e ciò che si legge nelle motivazioni è agghiacciante.
L’accusa aveva chiesto l’ergastolo ma i giudici hanno condannato l’uomo a 30 anni accogliendo alcune richieste dei suoi difensori secondo i quali “non ci fu premeditazione perché si trattò di un delitto d’impeto" e non ci fu crudeltà perché “Fontana non infierì sul corpo della donna” oltre a quanto fosse “funzionale alla sua uccisione”.

Ma non basta. Si legge che sarebbe stato il pensiero del trasferimento della donna a scatenare l’ira di Fontana perché l’idea “di perdere i contatti stabili con colei che egli, per sua stessa ammissione e secondo l’amica testimone, amava perdutamente, da cui sostanzialmente dipendeva poiché gli aveva permesso di vincere la solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere in modo finalmente diverso e gratificante, si è rivelata insopportabile”. Inoltre i giudici hanno escluso l'aggravante dei motivi abietti perché "Fontana si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio cercare i propri interessi personali e professionali, e ciò ha scatenato l'azione omicida". E questo, insieme alla "consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte” è stato il motivo che ha scatenato la furia omicida di Fonata. Insomma Carol Maltesi è l’ennesima donna che se l’è andata a cercare. 

Le motivazioni di questa sentenza sono uno dei tanti motivi che spingono le donne a non denunciare gli abusi. Infatti, come certifica l’ultimo rapporto della commissione parlamentare contro il femminicidio, solo una donna su sette denuncia colui che poi diventerà il suo assassino e che ben il 65% delle vittime di violenza non parla con nessuno di quanto accaduto per timore di non essere creduta o di essere giudicata lei stessa responsabile delle violenze che subisce. Come ha raccontato la senatrice Valeria Valente, presidente della commissione contro il femminicidio, le norme ci sono ma poi vanno interpretate: “Dobbiamo ancora superare stereotipi e pregiudizi. Sono ancora molti gli italiani che colpevolizzano le donne che subiscono violenza. Serve poi una specializzazione più incisiva in tutti gli attori della 'filiera': dall'ufficiale di polizia giudiziaria, agli avvocati e ai giudici".  

Non passa giorno senza che la cronaca ci ricordi quanto nel nostro paese esista un sessismo sistemico che va dalla stampa alla magistratura, dai social media alla politica, e che quanto venga ampiamente tollerata ogni forma di violenza contro le donne, da quella verbale fino al più efferato femminicidio.

Come ha scritto Stefano Pagliarini in un recente editoriale sulla cultura dello stupro: “Non riusciamo mai a condannare l'aggressore come faremmo in altre circostanze. Perché in un certo senso ci identifichiamo in quel violento e non riusciamo a condannarlo come faremmo con altri criminali - e ancora di quanto sia - frustrante vedere come tutti condannino verbalmente la violenza sulle donne, ma poi non facciano nulla di ciò che le donne chiedono per migliorare la loro vita”.

C'è un filo rosso che lega le reazioni al caso La Russa e la sentenza per il femminicidio di Carol Maltesi: il sessismo. Ed ha ragione Valente quando dice che serve una rivoluzione culturale che smuova le coscienze e travolga il sistema. Difficile pensare che avvenga in tempi brevi visto che, com’è del tutto evidente, la misoginia la fa da padrona in ogni settore, dalla pubblicità alla politica, dalla stampa alla magistratura. 

Dopo la sentenza la zia di Carol Maltesi ha dichiarato: "È una vergogna, mia nipote l'ergastolo lo ha avuto a vita, così come sua madre e il mio nipotino. Lascio tutto nelle mani di Dio, è una vergogna: ci aspettavamo l'ergastolo, anche se a mia sorella non interessava, perché tanto niente le riporterà Carol. Con tutto quello che succede - ha concluso -, Fontana tra dieci anni sarà fuori e potrà rifarsi una vita, mia nipote di 26 anni non torna più". 

Non resta che sperare che almeno in questo caso, la Corte d’Appello possa restituire un po’ di pace a questa famiglia e dare un segnale di speranza a chi soffre di violenze in silenzio.

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