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Martedì, 30 Aprile 2024

Matteo Musso

Editorialista

Parliamoci chiaro: Sinner gioca un altro sport, il numero 1 è già lui

Inutile negare l’evidenza: Jannik Sinner sta facendo il vuoto. Entrato per la prima volta in top ten nel novembre 2021, l’azzurro aveva iniziato il 2023 da numero 15 del pianeta. Negli ultimi quindici mesi li ha superati tutti tranne uno, Djokovic, ma è solo questione di tempo. Il trionfo di Miami su Dimitrov, il secondo 1000 della sua giovane carriera, gli ha regalato il sorpasso su Alcaraz: ora è Jannik il nuovo numero 2 del mondo, il primo sfidante di Djoker e il candidato più autorevole a diventare il 29esimo giocatore capace di guardare tutti dall’alto da quando esiste il ranking ATP, il 23 agosto 1973. L’esuberanza fisica e tecnica di Alcaraz aveva frenato l’ascesa di Sinner, inducendo alcuni a credere che fosse destinato a una carriera all’ombra del talento plasmato da Ferrero. Semplicemente ogni atleta ha tempi di crescita diversi.

Jannik come i Big Three

Per certi soloni, dopo il successo dello spagnolo ai Championships i dubbi erano diventati quasi delle certezze. Alcaraz aveva già raggiunto risultati che valgono carriere lussuose (primato in classifica e due Slam), l’italiano non aveva vinto “nemmeno” un titolo 1000. In nove mesi Sinner ha ribaltato tutto e tutti. Sempre scortato dai fidatissimi Simone Vagnozzi e Darren Cahil, dopo Wimbledon Jannik ha vinto gli Australian Open, i 1000 di Toronto e Miami, tre ATP 500, la Davis e ha giocato la finale alle Nitto ATP Finals, raccogliendo 48 vittorie sul circuito (13 contro top ten) e solo 5 sconfitte. Nello stesso periodo Alcaraz ha alzato “solo” il trofeo di Indian Wells, con un bilancio di 33 successi (6 contro i migliori) e 11 ko. Ora il rischio per gli ultimi arrivati nel club dei seguaci del tennis è quello di aspettarsi da Jannik un ruolino degno dei Big Three. 24 Slam Djokovic, 14 Roland Garros Nadal, 23 semifinali consecutive nei major Federer: sono (erano) marziani, non possono essere il metro di paragone con cui pesare le generazioni future. Cosa dunque è lecito attendersi da Sinner? Prima occorrono due doverose premesse. Guai a valutare il gioco del tennis con la medesima lente di ingrandimento utilizzata in questo Paese (ma non solo da noi) per commentare le vicende pallonare: tre punti la domenica e sei un fenomeno, perdi il mercoledì e sei un brocco. Serve più giudizio, perché da una settimana all’altra cambiano così tante cose (superficie, palline, continente, aspetti tecnici-tattici-atletici su cui ogni tennista lavora tutto l’anno) che esternare affermazioni definitive è sempre un errore. Secondo. Il tennis di vertice ha raggiunto livelli di difficoltà clamorosi: perdere anche dal numero 80 non è un’onta, figuriamoci dai primi della classe. Sinner - capitomboli esclusi che possono pur sempre arrivare - è destinato ad arrivare almeno in semifinale in tutti i tornei che disputerà. Qualche volta andrà in finale, qualche altra alzerà il trofeo del vincitore e ci saranno occasioni (come a Indian Wells) in cui uscirà sconfitto. Questo è il tennis. Vittorie e sconfitte non devono distrarci, tuttavia, dall’unico aspetto che conta: abbiamo davanti a noi, tutta da gustare, la carriera di un fenomeno della racchetta che già ora tutto il mondo ci invidia.

Ora la terra rossa

Persino Serena Williams, sua Maestà 23 Slam in bacheca, ha detto che avrebbe voluto avere il suo dritto (!). Gloria e onori così improvvisi possono essere un boomerang, ma se c’è un atleta che non rischia di compiacersi o accontentarsi è proprio Jannik, sempre concentrato nel suo percorso di crescita e non solo sul risultato immediato. L’aspetto mentale nel tennis è tutto, per chi gioca il doppio della domenica come per chi compete negli stadi più prestigiosi. E la fiducia tratta da un percorso come quello di Sinner ti dona certezze d’acciaio. A Miami ha mortificato Medvedev e disinnescato con estrema facilità Dimitrov, che a sua volta aveva “scherzato” Alcaraz. I dubbi crescenti di Djokovic, le difficoltà di Rune a scegliere la strada corretta da percorrere e un Nadal a cui si chiede il miracolo più grande di una carriera unica (rientrare un’ultima volta e vincere, ne sarà capace?), fanno sì che pronosticare Jannik in vetta entro gli US Open non è arroganza, ma buon senso.

Una tappa significativa in questo senso sarà la stagione sulla terra rossa ormai alle porte, con Roma e Roland Garros (quest’ultimo teatro anche delle Olimpiadi) evidenziate sul calendario. Su quei campi Alcaraz appare ancora davanti, ma lo strapotere tecnico e mentale mostrato da Sinner negli ultimi sei mesi si è visto raramente nella storia di questo sport. Già, Jannik sta proprio facendo il vuoto: senza pietà.

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