Il poliziotto: "Donerò una parte del mio stipendio a chi adesso ne ha bisogno"
Un agente delle forze dell'ordine scrive una lettera al Corriere del Veneto per annunciare che donerà soldi a quelle categorie che attualmente sono in difficoltà a causa delle chiusure predisposte dall'ultimo Dpcm
Un poliziotto ha scritto oggi una lettera al Corriere del Veneto per annunciare che donerà parte del suo stipendio a chi ha bisogno, ovvero a quelle categorie che attualmente sono in difficoltà a causa delle chiusure predisposte dall'ultimo Dpcm. Ecco la lettera:
Gentile direttore, faccio parte di una categoria professionale talvolta stimata, spesso attaccata, privilegiata sempre: quella del dipendente pubblico, di appartenente alle forze dell’ordine, nello specifico. Abbiamo molti privilegi, è vero: salvo casi molto gravi non veniamo licenziati, se ci ammaliamo riceviamo comunque lo stipendio, la stessa cosa quando prendiamo un periodo di ferie.
[...] Sia chiaro, esprimere il malcontento e la disperazione in modo violento è, e rimarrà sempre, un atto da condannare fermamente! In un momento storico nel quale la loro sopravvivenza - mi riferisco a quella degli altri (imprenditori e artigiani e liberi professionisti e lavoratori dello spettacolo e tutti coloro che ora dimentico) - è messa a rischio da un nemico non consueto e, forse, più pericoloso di quelli che conosciamo, credo che mio e nostro compito sia quello di continuare a proteggerli, seppure in un modo diverso.
Non so che impatto potrà avere, sicuramente non sarà sufficiente, ma se tutti noi dipendenti della pubblica amministrazione rinunciassimo a poche decine di euro del nostro stipendio, un po’ di sollievo agli altri, forse, lo potremmo dare; in attesa, e con la speranza, che possa arrivare presto il momento nel quale noi e gli altri non esisteranno più. Per questo chiedo, a gran voce, a coloro che possono prendere tale decisione – magari impopolare, me ne rendo conto - di consentirmi di aiutare chi ha bisogno di me, e di farlo, questa volta, disarmato ed in abiti civili.
Nella certezza che se tutti stiamo meglio, stiamo meglio tutti.