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Lunedì, 29 Aprile 2024
La vera sfida

Clima oltre il limite dei 1,5 gradi di riscaldamento: "Non serve eco-ansia, ma tecnologia"

Secondo il neo-presidente del'Ipcc Jim Skea il catastrofismo non giova alla sfida ambientale e le buone pratiche non bastano. Servono tecnologie e infrastrutture, da subito

Gli accordi di Parigi, che obbligano i governi mondiali a mantenere l'aumento della temperatura del pianeta entro +1.5° rispetto all'era pre-industriale, sono ormai una sfida persa. A certificarlo è Jim Skea, neopresidente dell'Ipcc (l'International Panel on Climate Change, ovvero l'agenzia dell'Onu che si occupa di cambiamento climatico) che lo ha ricordato proprio nel suo discorso di insediamento.

Il limite dei 1,5 gradi di riscaldamento climatico sarà superato 

L'anno zero è il 2030: entro quella data le temperature aumenteranno quasi sicuramente di almeno un grado e mezzo su tutto il pianeta. Un'evidenza che alimenta l'eco-ansia delle nuove generazioni e non solo. Appena qualche giorno fa il filmato di una ragazza che aveva chiesto al ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin come facesse a pensare al futuro mentre la terra bruciava, aveva fatto il giro della rete. La ragazza, in lacrime, aveva ammesso di soffrire di quella che è una patologia sempre più diffusa dalle nuove generazioni: l'ansia per le conseguenze ambientali del cambiamento climatico. Un atteggiamento che, secondo Skea, non paga. Così come non paga la rigidità sugli obiettivi climatici. 

Perché la retorica dell'estinzione paralizza le persone

Il nuovo presidente dell'Ipcc lo conferma in un'intervista al settimanale tedesco Der Spiegel : non dobbiamo disperare e cadere in uno stato di shock se la soglia di +1,5° verrà superata, anche perché ciò non solo è probabile, ma è ormai quasi certo. Skea si è lasciato poi andare a una riflessione, strumentalizzata da molti quotidiani di destra o da negazionisti del cambiamento climatico: "Il mondo non finirà con un aumento delle temperature di +1.5°".

Il senso delle parole del fisico scozzese è in realtà un altro, tanto che, nella stessa affermazione, ha ribadito immediatamente che anche se il mondo non finirà ci troveremo a vivere in un contesto "molto più pericoloso". Un pianeta quindi sempre più esposto a: eventi meteorologici estremi, siccità e crisi idriche, migrazioni climatiche, inondazioni, desertificazione, innalzamento dei livelli dei mari, crisi alimentari e tutto il campionario di conseguenze che il cambiamento climatico porta con sé. 

E se si leggono tra le righe le parole di Skea sono volte soprattutto a scongiurare il frutto avvelenato del catastrofismo: l'inazione. "Se tu ripeti costantemente che siamo tutti destinati all'estinzione, il risultato sarà quello di paralizzare le persone che non prenderanno le adeguate contromisure per combattere il riscaldamento globale" ha specificato il fisico scozzese a capo dell'Ipcc. Un riferimento indiretto all'eco-ansia sempre più diffusa tra le giovani generazioni e alla sorta di "millenarismo" di alcuni attivisti ambientali.

E la seconda parte del ragionamento è legata a doppio filo a questa evidenza: non si combattono le alte temperature tornando indietro, ma semmai andando avanti. E le tecnologie giocano in questa battaglia un ruolo fondamentale. 

L'astinenza e le buone pratiche individuali non bastano: servono nuove tecnologie 

L'obiettivo a breve termine è sicuramente quello di puntare in maniera massiccia sulla transizione energetica e produttiva. La parola d'ordine è sempre la stessa: energia rinnovabile per ridurre al minimo l'apporto delle fonti fossili. Auspicabili ovviamente anche le azioni individuali e la consapevolezza nei consumi, ma da soli potrebbero non bastare: "Ben venga l'astinenza da molti comportamenti non più eco-sostenibili, ma le azioni individuali non bastano. Bisogna ridisegnare un'intera rete di infrastrutture nei centri urbani e non solo. Non posso scegliere di andare in bicicletta se non c'è una pista ciclabile, ad esempio" osserva Skea. 

Ma se nel presente le priorità sono queste, per il futuro non è di certo il ritorno all'austerità o al passato il tema. Semmai quello di sviluppare nuove tecnologie in grado di far fare all'umanità un vero e proprio "salto" per vincere la battaglia. "Nel lungo termine probabilmente non saremo in grado di affrontare il surriscaldamento del pianeta senza l'uso di nuove tecnologie, come ad esempio la cattura a stoccaggio del carbonio".

La cattura a stoccaggio del carbonio è una tecnica per immagazzinare l'anidride carbonica prodotta da stabilimenti industriali e attività produttive direttamente nel sottosuolo. Si tratta di una procedura non ancora pienamente standardizzata e perfezionata, ma che si sta rivelando molto promettente. Una volta "catturata", l'anidride carbonica viene stoccata in depositi sotterranei costituiti da materiali impermeabili che impediscono al gas di fuoriuscire. Da tempo l'Aiea (L'Agenzia internazionale per l'Energia) esorta i governi ad avviare studi e progetti per questo tipo di tecnologia. A settembre 2022 gli impianti di questo tipo attivi nel mondo erano poco meno di 200 e l'auspicio è quella di spingere su politiche condivise. 

Ma è solo una delle tante sfide a cui la scienza e la politica dovranno dare risposta in tempi brevi. Nella consapevolezza che, per essere vinta, la sfida climatica sarà sempre più anche (e soprattutto) una sfida tecnologica. 

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