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Domenica, 28 Aprile 2024
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L'estate ai tempi di Instagram, i 15 tormentoni social che ci hanno reso tutti uguali

Da 'Sunset Lover' alle foto in groppa ai Pony gonfiabili. Tutti alla ricerca di un riconoscimento sociale all'interno della nuova società virtuale

L'omologazione, nei suoi tratti più esasperati, è il male. La condivisione compulsiva di 'Sunset Lover' tra le Instagram Stories, è omologazione. Quindi, 'Sunset Lover' è il diavolo. Se condividete questo sillogismo, possiamo procedere ad analizzare il profilo patologico dell'estate appena trascorsa, che ha rappresentato la corsa ad un nuovo conformismo, quello social. Segno che ormai, oltre alla vita reale, è andata delineandosi una vera e propria vita parallela, quella online, quella fatta di immagine. Perché noi non siamo più (solamente) quelli che al mattino si alzano nel B&B di Gallipoli e vanno a fare colazione, siamo diventati anche quelli che - come altre migliaia di persone - fotografano la tazzina di caffè con lo sfondo del mare per comunicare al mondo che sì, anche questa mattina si sono svegliati in un posto meraviglioso. Una azione che ormai viviamo come un riflesso, un inquietante riflesso.

I 15 tormentoni dell'estate social, da 'Sunset Lover' al Pony gonfiabile

Alzi la mano chi, tra giugno e agosto, ha condiviso almeno una volta su Instagram una delle seguenti opzioni. Foto del tramonto corredata, appunto, dalla colonna sonora di 'Sunset Lover'. Una tra le canzoni 'Senorita' di Shawn Mendes e Camila Cabello, 'Calma' di Pedro Capó e Farruko, 'Summer' di Calvin Harris, 'Bad guy' di Billy Elliot o la demenziale 'Baby Shark', come colonna sonora di una Instagram Stories. Una fotografia trendy con cavigliera di conchiglie (costa due euro nella vita reale, ma ha un inestimabile valore 'instagrammabile') oppure in groppa ad un Pony gonfiabile. Uno scatto della prova costume, eventualmente ritoccato con 'filtro bellezza' e corredato da citazione filosofica che ne giustifichi la pubblicazione (meglio se in inglese, perché pare faccia più figo): trasposizione 2.0 del "più disinvolta e più puttana che mai" che cantava Renato Zero nel 1978 nel brano 'Spiagge'. Un'immagine del piatto di pesce servito al ristorante in riva al mare, oppure del mare stesso, in aggiunta ad una qualche frase che racconti il senso di libertà che vi trasmette.

Perché pubblicare il “lato b” su Instagram è la morte dell'erotismo

E ancora, la foto dell'ala dell'aereo al momento del decollo. Per chi, invece, è rimasto a casa, c'è lo scorcio della città vuota con arguta nota a margine: "Milano non si riconosce in questi giorni, fosse sempre così". Poi, new entry dell'estate, il sussulto saccente di reinventarsi travel blogger per una settimana, del tipo "Oggi siamo qui, all'isola di Portopalo di Capopassero, dove sbarcò Ulisse di ritorno dalla guerra di Troia", anche se poi, alla fine, anche chissenefrega di Ulisse, perché il pensiero principe resta quello di aspettare l'ora del tramonto, scattare una foto all'orizzonte e piazzargli in sottofondo 'Sunset Lover'. Come dimenticare poi, a proposito di tramonto, l'abuso dell'hashtag #GoldenHour. Ed infine, restando in Sicilia, impossibile non notare l'ascesa inarrestabile della Scala dei Turchi come meta regina dell'anno, grazie alla promozione social di influencer e webstar e a quei suoi pendii banchi e scoscesi così instagrammabili. 

Bene. Ora potete abbassare la mano e chiedervi perché lo avete fatto. La risposta è nella vorace ricerca di consenso, views e like, in quello specchio di Narciso che i social network ci mettono a disposizione per aumentare la nostra autostima. Peccato che, proprio mentre lo facciamo, stiamo ammettendo le nostre insicurezze. Scrolliamo la pagina delle notifiche alla ricerca di un riconoscimento sociale all'interno di una nuova società virtuale. Con evidente convergenza a conformarci a quanto già visto, perché - anche online - ripetere un'azione vista fare da qualcun altro è più facile che inventarsi qualcosa. E perché, come grida Sean Parker, informatico del team di sviluppo di Facebook, a Mark Zuckerberg nel film 'The Social Network', "Abbiamo vissuto nelle fattorie, viviamo negli appartamenti, vivremo su Internet". 

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