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Martedì, 30 Aprile 2024
L’intervista

"Le rinnovabili non bastano: servono idrogeno e stoccaggio di Co2 per vincere la sfida del clima"

È possibile conciliare la lotta al cambiamento climatico con i nostri stili di vita? Ne abbiamo parlato con Ennio Macchi, professore emerito del Politecnico di Milano, ed esperto di tecnologie legate all'idrogeno e allo stoccaggio di anidride carbonica

“Non è possibile raggiungere i nostri obiettivi climatici con le sole fonti di energia rinnovabili. Sia chiaro, sono importantissime, ma da sole non bastano”. Ne è convinto Ennio Macchi, professore emerito del Politecnico di Milano e fondatore del gruppo Gecos, che da anni si occupa dello studio della produzione di energia e del risparmio energetico. Da anni il dipartimento di Energia dell'Ateneo milanese si occupa delle tecnologie di stoccaggio dell’anidride carbonica ed è presente nella maggior parte dei progetti europei sul tema. Ma il gruppo di ricercatori si è concentrato anche molto sull’utilizzo dell’idrogeno e delle energie rinnovabili. 

Professor Macchi perché afferma che non possiamo puntare solo sulle rinnovabili per limitare le emissioni?

"Perché l'energia solare e quella eolica, ad esempio, sono preziose, ma hanno il difetto di essere non continue, ovvero di dipendere da situazioni climatiche contingenti. Basarci solo su queste fonti richiederebbe costi enormi dal punto di vista dello stoccaggio e della distribuzione. Parallelamente all’energia rinnovabile, per la transizione, vanno sviluppate altre tecnologie. Le più importanti che abbiamo a disposizione sono lo stoccaggio dell’anidride carbonica e l’energia nucleare. Dobbiamo essere anche realisti".

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Lo stoccaggio della Co2 in quali settori potrebbe rivelarsi importante?

"Le attività di maggiore interesse sono quei settori in cui le emissioni sono definite "Hard to abate". Penso ai cementifici, ad esempio, alla siderurgia o alla ceramica, dove per le alte temperature l’elettrico è poco attraente e i combustibili fossili sono ancora essenziali. 

Un altro settore fondamentale è anche quello delle centrali termoelettriche. Affiancando centrali basate su questa tecnologia agli impianti basati su fonti rinnovabili si potrebbe continuare a garantire l'attuale stabilità e affidabilità della rete elettrica, questa volta però a impatto ambientale zero o quasi. Questo grazie alla capacità di queste centrali di seguire la variazione della domanda elettrica, cosa non possibile con le fonti rinnovabili". 

Che ruolo ha l’idrogeno in questo processo?

"L’idrogeno è un vettore energetico con delle caratteristiche molto interessanti, il problema è come riuscire a produrlo. Il nostro gruppo di studio si concentra anche sul cosiddetto ‘idrogeno blu’, che è ottenuto partendo dai combustibili fossili tramite sistemi di cattura dell’anidride carbonica".

Perché potrebbe essere importante?

"Abbiamo una larga tradizione di studio di celle a combustibile che sono il miglior modo per utilizzarlo. Hanno due applicazioni molto promettenti. La prima è quella della trazione, cioè dei veicoli alimentati a idrogeno. L’altro filone è quello della microcogenerazione diffusa. Parliamo, ad esempio, di condomini e abitazioni isolate che vengano alimentate a idrogeno con celle a combustibile che producono energia elettrica e termica con grande efficienza e impatto ambientale nullo. Questa tecnologia si sposerebbe molto bene tralaltro con il tema delle smart city, della generazione diffusa e delle reti intelligenti (smart grid)". 

Perché potrebbe anche aiutarci a superare alcuni “limiti” delle energie rinnovabili?

"Perché ci fornisce un sistema di accumulo dell’energia. Si pensi a un impianto fotovoltaico che produce energia elettrica nelle ore diurne d’estate, in quantità che non possono essere conferite alla rete elettrica. Questa energia elettrica può essere usata per ‘spezzare’ le molecole dell’acqua, produrre idrogeno e accumularlo in serbatoi, per poi utilizzarlo quando serve.

Non solo: l'idrogeno potrebbe essere importante anche in tutte quelle industrie che hanno bisogno di alte temperature e difficilmente possono essere alimentate con la sola energia da fonti rinnovabili. In questo caso potrebbe rivelarsi una buona alternativa ai combustibili fossili, un’alternativa pulita a zero emissioni".

Attualmente come viene prodotto?

"L’idrogeno può essere generato anche dall’energia elettrica, attraverso l’elettrolisi dell’acqua, ma il 98 per cento oggi è prodotto da combustibili fossili, come metano e carbone. In condizioni normali, quando facciamo questa operazione, emettiamo ovviamente anidride carbonica nell’atmosfera.

Se si associa però a questo processo un sistema di cattura e stoccaggio della C02, l’idrogeno prodotto sarà a emissioni quasi nulle. È una soluzione alternativa, o meglio complementare, a quella del cosiddetto 'idrogeno verde', che è realizzato con energia elettrica proveniente da impianti rinnovabili".

Il vostro gruppo si occupa anche di biomasse. L’idea di un combustibile ‘bio’ è un vecchio sogno della chimica italiana. Come va la ricerca in questo settore?

"Si sta cercando di creare dalle biomasse dei combustibili sintetici che possono essere utilizzati anche nel settore dei trasporti, ma lo scenario è cambiato rispetto ad anni fa e quando parlo di biomasse, intendo biomasse di seconda e terza generazione che non vengono cioè utilizzate per produrre cibo. Non si deve creare una competizione tra alimentazione e combustibili , uno scenario realizzatosi qualche anno fa quando il prezzo del mais è salito alle stelle perché veniva utilizzato per usi energetici.

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"Sì, associando la cattura della Co2 all’utilizzo delle biomasse si ottengono soluzioni a emissioni negative, un’opzione fondamentale per ottenere davvero un pianeta totalmente decarbonizzato".

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Qual è l’ostacolo maggiore verso uno sviluppo di queste tecnologie?

"Il problema è sempre il petrolio. È un avversario formidabile nel settore dei trasporti: è poco costoso, ha alta efficienza e densità energetica, un’infrastruttura già sviluppata e ci sono degli interessi in campo non trascurabili. Sia che si parli di idrogeno, che di biocombustibili o combustibili sintetici,  la competizione è molto difficile. Lo stesso vale per carbone e gas naturale, che ancora dominano la scena nella generazione elettrica".

Cosa frena la ricerca?

"Idrogeno e biomasse oggi sono tecnologie ancora non competitive se le confrontiamo con i combustibili fossili. E in un contesto mondiale ci confrontiamo con India e Cina, ad esempio, che continuano a emettere grandi quantità di emissioni perché utilizzano le fonti non rinnovabili e ad alto impatto ambientale, che sono ancora più economiche rispetto alle altre tecnologie.

Ci vorrebbe un vero accordo internazionale capace di limitare realmente la produzione di Co2 per far sì che la competizione sia equa e convenga realmente investire su altre tecnologie". 

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