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Martedì, 30 Aprile 2024
Il punto

Suviana e le altre: qual è il vero problema delle centrali idroelettriche in Italia

Dalle dighe sulle montagne di Alpi e Appennini arriva circa il 18 per cento dell'energia che usiamo ogni giorno. Ma buona parte delle centrali idroelettriche hanno più di 70 anni e necessità di manutenzione e aggiornamenti. Le concessioni sono in scadenza e gli investimenti scarseggiano

Il dramma della centrale idroelettrica di Suviana dove l'esplosione del gruppo elettrico della turbina ha ucciso sette operai, ha acceso i riflettori su i grandi giganti di cemento armato che popolano le montagne italiane: tra Alpi e Appennini sorgono infatti oltre 4mila centrali idroelettriche capaci di contribuire con 20mila MW al bilancio energetico nazionale, una fetta che rappresenta tra il 16 e il 18 per cento dell'energia elettrica necessaria ogni giorno al nostro paese e oltre il 40 per cento dell'intera produzione da fonti rinnovabili. Una ricchezza che ha tuttavia un problema di obsolescenza degli impianti: il 70 per cento delle 4.800 centrali idroelettriche italiane ha più di 40 anni, anzi, mediamente di anni ne hanno 85. Ristrutturazioni, adeguamento degli impianti alle nuove norme di sicurezza ed efficientamento di turbine e alternatori (qui vi spieghiamo come funziona una centrale) hanno costi elevatissimi che finiscono sulle spalle dei concessionari.

Gli impianti idroelettrici in Italia-2

Secondo alcune stime contenute in uno studio realizzato da The European House Ambrosetti servirebbero oltre 560 milioni di euro solo per il repowering degli impianti idroelettrici esistenti, mentre un piano integrato con nuove realizzazioni "cuberebbe" 50 miliardi di euro in 10 anni.

Investimenti sempre più necessari anche in conseguenza dei cambiamenti climatici che hanno portato a prolungati periodi siccitosi. Solo nel 2022 si è registrata un calo nella produzione idroelettrica di 30,3 TWh: per trovare un valore così basso bisogna risalire al 1954, considerando però un parco idroelettrico con una potenza di 3 volte inferiore a quella attuale. Se volessimo compensare questa perdita di produzione idroelettrica con il fotovoltaico, sarebbe necessario installare oltre 4 milioni di pannelli solari, per una superficie complessiva di oltre 58 chilometri quadrati, ovvero ricoprire un terzo dell'estensione del Comune di Milano.

produzione idroelettrica in Italia

Servono investimenti quindi per interventi complessi come quelli messi in campo nella centrale idroelettrica di Bargi a Suviana - una centrale di pompaggio strategica nel caso di blackout della rete energetica - dove era in corso l'efficientamento del gruppo turbina-alternatore. Per capire la complessità dell'intervento durato mesi è bene ricordare che solo l'alternatore è una macchina di 150 tonnellate di peso che contiene bobine che girano a velocità elevate pari a 5 giri al minuto. Come spiegato da Giovanni Toffolo - fino a due anni fa commissioning manager dello stesso team di Enel Green Power coinvolto dalla tragedia della centrale idroelettrica bolognese - proprio dai cuscinetti dell'alternatore e dall'olio lubrificante sarebbe scaturito l'incendio dopo un possibile sbilanciamento della struttura connesso forse a eccessive vibrazioni. 

Il gruppo turbina alternatore di una piccola centrale idroelettrica-2

Parliamo di soldi che attualmente non ci sono e che difficilmente i concessionari riescono a mettere in gioco visto che il regime delle concessioni è limitato a 40 anni. E a breve molte delle concessioni andranno a gara. "Colpa" della solita direttiva europea Bolkestein dei servizi da mettere a gara e che, come per i balneari, è stata inserita dal governo Draghi nel Ddl concorrenza del 2021, per rispettare le regole antitrust e non perdere i soldi del Recovery Fund.

In pratica per il diritto dell'Unione europea la gestione di centrali idroelettriche per la generazione di energia idroelettrica costituisce un servizio fornito dietro retribuzione: chi costruisce (o gestisce) una centrale deve pagare un canone annuale alle Regioni per l’utilizzo dell’acqua pubblica, sfruttata prima di tornare nei torrenti, nei canali e infine nei fiumi. Pertanto le Regioni non sono solo incaricate della proprietà degli impianti, ma anche della gestione delle concessioni. E le stesse regioni dovrebbero indire le gare. Ma tra leggi regionali bandite e poi impugnate, promesse a Bruxelles e proteste dei concessionari attuali, è probabile una marcia indietro sul modello della Francia che ha prorogato le concessioni fino al 2041 sfidando la minaccia della procedura di infrazione. Sullo sfondo lo spauracchio del rischio di colonizzazione degli impianti da parte di società con grandi capitali in arrivo da tutto il mondo. 

L'86% delle concessioni è scaduto o scadrà entro il 2029

Attualmente è il ministro per gli affari europei Raffaele Fitto a promettere a Bruxelles la procedura di messa a gara delle concessioni - come da impegni presi per il Pnrr - mentre tutti i partiti di governo hanno annunciato di volersi opporre facendosi portavoce delle richieste dei concessionari. A fare megafono degli interessi di categoria è il presidente di Assoidroelettrica Paolo Taglioli che a Today.it invoca l'uso dello strumento del Golden Power come annunciato dal governo per le reti di telecomunicazione. La disciplina ha lo scopo di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale. 

"Il governo eserciti Golden Power sugli impianti idroelettrici, rinnovo delle concessioni a fronte di investimenti"

Come ci spiega Taglioli con le concessioni in scadenza si rischia che le società concessionarie non possano fare investimenti ulteriori rispetto alla sicurezza degli impianti, tralasciano tutto quello che è efficientamento e innovazione dei sistemi. "Chi ammodernerebbe gli impianti per lasciare tutti i vantaggi ad una società subentrante?" si chiede Taglioli che dipinge uno scenario tetro: "Immaginiamo gli impianti in mano a società straniere che avrebbero tutto l'interesse di far crescere artatamente il costo dell'energia bloccando a loro vantaggio gli impianti. Ora il governo intervenga per garantire il rinnovo delle concessioni a fronte di investimenti da parte dei concessionari".

Le gare tra i concessionari e le procedure di infrazione

L'ipotesi dell'esercizio del golden power sulle concessioni in scadenza non è campata in aria: la disciplina lo prevede per il settore energetico e guardando all'estero il regime concessorio regionale degli impianti idroelettrici è quasi un unicum italiano. È stato il decreto Bersani del 1999 a stabilire la scadenza di tutte le concessioni per il 2029, data confermata - come detto - dal governo Draghi che ha previsto la messa a gara degli impianti per non perdere i soldi del Pnrr. In Europa le asimmetrie non riguardano solo la durata, ma anche lo strumento giuridico che stabilisce la proprietà e l'usufrutto dell'impianto (concessioni in Italia, Francia, permessi in Germania, Svezia e Finlandia, licenze in Norvegia e Grecia). Solo prendendo a confronto i nostri vicini d'Oltralpe in Francia è il governo a decidere sulle concessioni. Ma basta ritornare nel nostro versante alpino per entrare in un vero e proprio ginepraio: il cosiddetto federalismo energetico ha suddiviso il potere energetico tra Stato (che deve tutelare ambiente e concorrenza) e Regioni cui spetta parte della competenza su produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica. In pratica: la Corte Costituzionale è stata chiamata ripetutamente a rispondere sui conflitti di potere, con pronunce che lasciano spazio di volta in volta a valutazione degli interessi prevalenti. Un caos normativo sui cui si innesta ora il richiamo alle regioni per indire nuove gare europee per il rinnovo delle concessioni. 

La guerra con Bruxelles e il caos normativo La legge Bersani prevedeva che nelle gare ci fosse una preferenza per il concessionario uscente e l’Unione europea procedette a una rapida messa in mora dell’Italia. Nel 2005 l'Italia cancellò la prelazione e Bruxelles archiviò l’infrazione ma con la riforma del titolo V della costituzione la Corte costituzionale bocciò la nuova norma in quanto lesiva delle competenze regionali. Nel 2010 governo e Parlamento concordano una proroga delle concessioni: Bruxelles apre una seconda procedura d’infrazione per eccesso di tutela degli incumbent, e la Corte costituzionale boccia il nuovo decreto. Nel 2012 una nuova legge stabilisce i termini delle gare ma Bruxelles rimette in mora l’Italia perché la nuova norma obbliga il concessionario entrante ad acquisire l’intero ramo aziendale dell’uscente. Poi nel 2019 viene disposto che le condotte passino alle regioni senza indennizzo ai concessionari. Così oggi indire le gare spetta alle regioni con il governo che vorrebbe dar priorità ai concessionari (tra cui figurano in primis Enel, A2A ed Edison) sfidando ancora una volta Bruxelles. Da ultimo il ministro Fratin ha spiegato che il governo consentirà a regioni e province autonome di richiedere ai concessionari scaduti o uscenti la presentazione di una proposta tecnico-economica e finanziaria ai fini della rimodulazione delle concessioni in scadenza. Ignorando le prescrizioni europee.

Appesi restano 9 miliardi di investimenti che i concessionari hanno promesso nel breve-medio periodo solo con una proroga delle concessioni e senza imbarcarsi per anni nelle gare. 

Come spiega a Today.it Paolo Taglioli di Assoidroelettrica è più che mai urgente che il governo trovi una strategia per governare questo caos mentre nel contesto di una strisciante crisi energetica le imprese diventano sempre più energivore. Ancora una volta basta guardare all'estero dove Berlino e Parigi offrono ai grandi gruppi industriali prezzi energetici calmierati. Come suggerito da Oscar Giannino una soluzione vincente vedrebbe l'inserimento nella matrice delle gare per aggiudicarsi gli impianti, anche obiettivi di politica industriale come quote elettriche da garantire alla manifattura e agli energivori regionali.

"Abbiamo una sfida come Paese nel modernizzare il nostro sistema" si è affrettato a ribadire il ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Gilberto Pichetto Fratin. Il tempo corre e forse i 7 morti della centrale di Bargi possono aiutarci a riaccendere i riflettori sulla regina delle rinnovabili e sull'acqua, un bene che troppo spesso diamo per scontato dimenticando quanto sia difficile governarlo.

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