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Lunedì, 29 Aprile 2024
La situazione

I nuovi pazienti Covid ricoverati in ospedale e l'effetto paradosso

Aumentano i contagi e nei reparti ospedalieri arrivano anche alcuni vaccinati da oltre sei mesi. Come interpretare i dati

I numeri della pandemia di Covid-19 in Italia continuano a salire, tanto che alcune regioni temono di finire in zona gialla nelle prossime settimane. Mentre arriva un'ulteriore stretta anti contagi con le nuove regole sui trasporti e il governo pensa a un green pass differenziato vietando i luoghi dello "svago" a chi non vuole vaccinarsi, nella settimana dall'1 al 7 novembre la curva dei contagi è tornata a crescere in modo netto. E negli ultimi sette giorni ha fatto segnare, con oltre 50mila casi, un incremento del 42,1% rispetto a quella precedente.

Non siamo tuttavia nella situazione complicata di altri Paesi europei, dove la quarta ondata sta spingendo i governi a ricorrere a misure restrittive piuttosto severe. In Italia gli ospedali per il momento reggono la pressione. Merito soprattutto della campagna vaccinale: secondo il report del governo, a oggi l'84,21% della popolazione over 12 ha avuto la seconda dose, mentre il 50,94% della popolazione potenzialmente oggetto di richiamo ha ricevuto la terza dose.

Covid in Italia, come va la quarta ondata (dati Gimbe)

Occhi puntati sui numeri delle rianimazioni e dei reparti ordinari, conteggiati dall'Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali: si passa in zona gialla quando l'incidenza è superiore a 50 casi ogni 100mila abitanti, l'occupazione delle terapie intensive supera il 10% e quella delle aree mediche il 15%. Per ora nessun allarme particolare, tranne in alcuni territori che hanno raggiunto o stanno sfiorando queste soglie di allerta.

I nuovi pazienti Covid ricoverati in ospedale

Il dato che emerge in queste ore è che negli ospedali italiani sta in parte cambiando il tipo di pazienti nei reparti. In questi giorni, infatti, arrivano anche alcuni vaccinati da oltre sei mesi. Il calo di copertura del vaccino dopo 180 giorni, già certificato nei numeri dell'Istituto superiore di sanità, troverebbe quindi un riscontro in corsia. "La quota dei vaccinati che si ammalano cresce e in un certo senso noi ce lo aspettavamo. Un mese fa ricoveravamo solo pazienti che non avevano fatto neanche una dose, adesso no", ha spiegato Marcello Tavio, primario delle Malattie infettive del policlinico di Ancona.

Tra i nuovi pazienti positivi che arrivano in ospedale, stando ai dati dell'Iss, prevalgono di gran lunga ancora i non vaccinati. I numeri sono chiari: nel mese di ottobre sono stati ricoverati 2.890 cittadini che non avevano fatto alcuna dose e 144 che ne avevano fatta solo una. Si tratta del 55% degli accessi in ospedale. Nei reparti di terapia intensiva, invece, i non vaccinati rappresentano il 68% degli assistiti. Questi dati, al netto delle mal interpretazioni dalla propaganda no vax, ribadiscono quanto la vaccinazione sia efficace e confermano che il rischio a cui sono esposti i vaccinati è molto più basso di quello dei non vaccinati.

Cos'è l'effetto paradosso sui ricoveri

A scanso di equivoci, il concetto è stato chiarito anche dall'Istituto superiore di sanità: quando i vaccini nella popolazione raggiungono livelli di copertura molto alti (ed è proprio il caso dell'Italia), si verifica il cosiddetto "effetto paradosso" per cui il numero assoluto di infezioni, ospedalizzazioni e decessi può essere simile tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati, per via della progressiva diminuzione del numero di questi ultimi. Può apparire come una conseguenza controintuitiva, ma solo perché parte dalla premessa sbagliata di considerare i numeri assoluti, e non le percentuali. È il "paradosso" dei contagi e dei ricoveri tra i vaccinati, per cui l'aumento delle vaccinazioni fa sembrare che si ammalino di più i vaccinati, anche se non è affatto vero.

paradosso ricoveri vaccinati iss-2

La vaccinazione anti Covid-19, come accade per tutte le vaccinazioni, non protegge il 100% degli individui vaccinati. Attualmente sappiamo che se si effettua il ciclo vaccinale completo protegge all'88% dall'infezione, al 94% dal ricovero in ospedale, al 97% dal ricovero in terapia intensiva e al 96% da un esito fatale della malattia. È quindi possibile ed atteso un limitato numero di casi di infezione, di ricoveri ospedalieri, di ricoveri in terapia intensiva e di decessi anche tra i vaccinati, in numero estremamente più basso se confrontati a quelli che si verificano tra i soggetti non vaccinati. Con l'aumentare della copertura vaccinale, il numero dei casi decresce proprio per l'efficacia della vaccinazione: questo comporta che i pochi casi tra i vaccinati possano apparire proporzionalmente numerosi.

In gruppi di popolazione con una copertura vaccinale altissima, la maggior parte dei casi segnalati si potrebbe così verificare in soggetti vaccinati, solo perché la numerosità della popolazione dei vaccinati è molto più elevata di quella dei soggetti non vaccinati. Questo è un paradosso, atteso e ben conosciuto, che bisogna saper riconoscere per evitare preoccupazioni e perdita di fiducia nella vaccinazione.

I dati sui ricoveri ad ottobre e la terza dose necessaria

I dati raccolti dall'Iss sui ricoveri in terapia intensiva tra gli over 60 segnalano che nel mese di ottobre sono stati ricoverati circa 190 pazienti non vaccinati (su 1,6 milioni di non vaccinati) e 126 persone che hanno completato il ciclo di immunizzazione (su 16,2 milioni). Questi due dati potrebbero sembrare simili, ma non lo sono se letti correttamente. La popolazione di non vaccinati è infatti circa dieci volte inferiore rispetto al numero di over 60 che hanno completato il ciclo vaccinale. Ciò significa che il rischio di essere ricoverati è molto più alto tra i non vaccinati.

Nel suo ultimo report, l'Istituto superiore di sanità sottolinea inoltre come i ricoveri tra i non immunizzati "sono 7 volte più alti rispetto a chi è vaccinato da meno di 6 mesi e 6 volte più alti rispetto a chi è vaccinato oltre 6 mesi". Tra gli over 80 "il tasso di decesso nei non vaccinati è circa 10 volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo entro 6 mesi". Sono dati, numeri, non interpretazioni. Il calo di copertura del vaccino dopo 180 giorni, che in questi giorni starebbe trovando un riscontro nelle corsie degli ospedali, rende tuttavia "importante effettuare la terza dose", ha detto il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro.

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