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Domenica, 28 Aprile 2024
Psicologia e Coppia

Famiglie omogenitoriali: una prospettiva psicologica sull'importanza del benessere dei figli

L’intervista esclusiva alla Dottoressa Sara Beomonte Zobel, psicoterapeuta a orientamento psicodinamico, Team Leader di Unobravo e autorevole esperta di temi legati al mondo LGBTQIA+, per esplorare pregiudizi, sfide e prospettive sul tema delle famiglie omogenitoriali

Negli ultimi tempi, il tema della “legittimità” delle famiglie omogenitoriali è al centro del dibattito pubblico in Italia. In particolare, sono due gli eventi che hanno suscitato grande attenzione e acceso le controversie: la presa di posizione dell'attuale governo sulla gestazione per altri e la recente decisione della procura di Padova di modificare retroattivamente gli atti di nascita dei bambini con genitori omosessuali. 

Queste azioni in particolare hanno sollevato questioni cruciali riguardanti l'uguaglianza di diritti e il riconoscimento delle famiglie LGBTQIA+, generando un acceso dibattito tra coloro che sostengono i diritti delle famiglie omogenitoriali e coloro che le considerano illegittime. 

In un contesto come quello attuale, in cui il concetto stesso di famiglia è in continua evoluzione, è quindi fondamentale affrontare il tema con un'analisi approfondita e scientificamente informata. Le decisioni politiche, come quella sulla gestazione per altri e le recenti modifiche degli atti di nascita, sollevano pertanto interrogativi sui pregiudizi che possono influenzare tali scelte, sulle basi psicologiche che potrebbero sostenerli e sulle conseguenze psicologiche/relazioni che potrebbero derivarne sia per quanto riguarda le famiglie omogenitoriali che, soprattutto, per i loro figli. 

Qual è il ruolo dello Stato nella definizione delle forme familiari accettabili? Fino a che punto la legge dovrebbe intervenire nella sfera personale delle famiglie? E quali sono gli interessi superiori dei bambini coinvolti?

Mentre il dibattito sulla legittimità delle famiglie omogenitoriali continua a infiammarsi, è fondamentale che la società italiana affronti queste questioni con apertura e rispetto per i diritti di tutte le sue cittadine e cittadini. Il confronto tra punti di vista differenti, la ricerca del dialogo e l'ascolto reciproco sono elementi essenziali per il progresso sociale e per garantire il benessere delle famiglie e dei bambini coinvolti. 

Solo attraverso un'analisi approfondita e un dibattito costruttivo si potranno trovare soluzioni possibili che rispettino la dignità di ogni individuo e promuovano l’esercizio dei diritti di ogni persona nella prospettiva di costruire una società pluralista attraverso percorsi di convivenza pacifica.

Per dare un contributo ad una migliore comprensione di questo argomento ed esplorarne le implicazioni psicologiche, abbiamo avuto l'opportunità di intervistare la Dottoressa Sara Beomonte Zobel, psicoterapeuta a orientamento psicodinamico, Team Leader di Unobravo e autorevole esperta di temi legati al mondo LGBTQIA+.

1) Quali sono i pregiudizi che influenzano le decisioni politiche che hanno per oggetto le famiglie omogenitoriali?

“I pregiudizi sulle famiglie omogenitoriali possono avere diverse matrici.

Da un lato, i pregiudizi possono avere a che fare con la messa in discussione dell’adeguatezza delle capacità genitoriali delle persone omosessuali che nascono a loro volta dai pregiudizi che riguardano le persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+. 

Per esempio, se credo che l’omosessualità sia frutto di un qualche tipo di disturbo o che le persone omosessuali siano più propense ad avere comportamenti promiscui tenderò a pensare che non siano in grado di crescere dei figli e delle figlie in modo equilibrato o che possano influenzarne l’orientamento sessuale.

Dall’altro, i pregiudizi possono derivare dalla difficoltà di pensare la famiglia in un modo diverso dal modello più diffuso in occidente che è quello della famiglia nucleare eteronormata: in una società in cui la stragrande maggioranza delle famiglie è composta da padre e madre, in cui chi genera biologicamente la prole è anche chi ne cura la crescita (cosa non comune ad altre culture, per esempio), tendiamo a considerare come meno stabile e sicura una configurazione diversa, confondendo l’aspetto culturale della composizione della famiglia con qualcosa di naturale (cadendo nel tranello del “è sempre stato così”)”.

2) Ci sono delle basi psicologiche alla radice di questi pregiudizi?

“Come insegna la psicologia sociale, non possiamo fare a meno come esseri umani di formulare pregiudizi, cioè giudizi a priori, nel momento in cui approcciamo qualcosa di non noto prima di conoscerlo, rapportandolo a ciò che ci è più familiare e connotandolo negativamente sulla base della sua diversità.

Può sembrare strano, ma si tratta del retaggio di un meccanismo evolutivo: se immaginiamo l’uomo primitivo che per la prima volta incontrava un uomo appartenente a un altro gruppo mai visto prima, attribuirgli caratteristiche negative sulla semplice base dell’aspetto o della protolingua serviva per mantenersi a una certa distanza ed evitare di mettersi in pericolo, che fosse proteggersi da un’aggressione fisica o da malattie per cui il suo sistema immunitario non era equipaggiato.

Il problema nasce quando i pregiudizi interferiscono con il processo di conoscenza (e quindi con la messa in discussione degli stereotipi stessi) dal momento in cui sono molto radicati nella cultura egemone e impediscono alla persona di fare esperienza diretta della realtà per costruirsi un’idea autonoma di una persona o di un fenomeno, a volte a scapito del proprio benessere (basti pensare alle pericolose fake news sul Covid-19).

Tornando al caso delle famiglie omogenitoriali, dal momento che sono una minoranza rapportate alle famiglie eterogenitoriali, è meno frequente che una persona ne faccia esperienza diretta ed è, quindi, più probabile che costruisca la sua opinione sulla base della narrazione sociale condivisa, lasciando ampio spazio ai pregiudizi di cui sopra”.

3) C’è davvero differenza nel crescere in una famiglia con genitori eterosessuali o con genitori dello stesso sesso?

“Nonostante i pregiudizi… la scienza ci dice di no! Nel 2004, la stessa American Psychological Association (l’ente scientifico più autorevole in ambito psicologico) ha preso apertamente posizione sul tema confermando che i genitori omosessuali hanno la stessa probabilità dei genitori eterosessuali di fornire un ambiente di sviluppo sano e supportivo alla prole”.

4) Nello specifico, cosa dicono gli studi scientifici in termini di effetti sul benessere psicologico della prole di famiglie omogenitoriali?

“Negli ultimi trent’anni sono state condotte numerose ricerche sull’argomento (qui un’interessante metanalisi del 2015 che ne raccoglie un buon numero) che hanno dimostrato unanimemente che non ci sono differenze significative per quanto riguarda il benessere psicologico tra chi cresce in famiglie omogenitoriali e chi cresce in famiglie eterogenitoriali. L’aspetto interessante è che tutti i fattori correlati al benessere, come lo sviluppo cognitivo e sociale o il rendimento scolastico, vanno nella stessa direzione.

Gli studi smentiscono anche il pregiudizio sulla possibile influenza dell’omogenitorialità sull’orientamento sessuale della prole (strumentalizzato per sostenere teorie senza fondamento scientifico che incitano alla discriminazione come la “propaganda gender”): infatti, tra i figli e le figlie di coppie omogenitoriali non ci sono più persone omosessuali o non cisgender di quante non ce ne siano tra chi cresce in una famiglia eterogenitoriale.

Quello che emerge in modo chiaro da questi studi è che i fattori che realmente influenzano la salute mentale sono gli stessi di chi nasce in famiglie eterogenitoriali, come la stabilità dell’ambiente familiare, le risorse economiche e sociali, la qualità delle relazioni con i genitori e il loro benessere psicologico.

Non importa chi ci cresce ma per stare bene è determinante come ci cresce!”.

5) Come si può intervenire come cittadinanza sullo stigma e sui pregiudizi esistenti sulle famiglie omogenitoriali?

“Questo è un punto cruciale in cui la ricerca in ambiti come la psicologia e le scienze umane può essere una valida alleata: ragionare sui pregiudizi e metterli sempre in discussione, riconoscendo che sono un prodotto culturale e che spesso non hanno fondamento, è un buon punto di partenza per noi ma anche ricordarlo a chi ci sta intorno non è male.

La conoscenza è lo strumento più potente che abbiamo per contrastare stigma e pregiudizi, anche quando sembrano talmente radicati da modellare la direzione di un’intera società. La scienza è democratica e condividerla è fondamentale, nei contesti educativi ma anche nei contesti informali, da genitore, da insegnante ma anche da semplice cittadino/cittadina.

Studiare e divulgare conoscenza è la chiave per aprire uno spazio di riflessione e avviare un processo di cambiamento che porti alla costruzione di una società in cui il benessere psicologico sia sistemico e diffuso, a prescindere dall’appartenenza a qualsiasi gruppo minoritario, e in cui possano essere garantiti a tutte le persone pari dignità e diritti”.

Pertanto l’accesso alla conoscenza e la sua diffusione costituiscono un percorso irrinunciabile al fine di promuovere e sollecitare spazi diversificati di confronto, di dialogo e di rispetto reciproco.

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