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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'analisi / Palermo

Chi sarà il nuovo capo della mafia dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro?

Il "grande vecchio", erede designato di Totò Riina, attualmente in carcere. Il killer di fiducia del capo dei capi, latitante da 25 anni. Il narcotrafficante che ha costruito la propria ricchezza tra Palermo e Milano. E poi le nuove leve più giovani. Che intenzioni ha Cosa nostra? E chi comanda ora?

E adesso chi comanda? L'eventuale ricostituzione e il futuro della "Cupola", l'organo direttivo e gerarchico di Cosa nostra che nei decenni scorsi ha gestito affari e delitti, sembrano sempre più incerti. Ma una cosa appare chiara, almeno secondo i magistrati: catturato Matteo Messina Denaro, parte la lotta per il nuovo vertice della "piovra" siciliana, o quantomeno per occupare la casella venuta a mancare. "L'obiettivo della mafia è sempre lo stesso: individuare nuovi capi e strutture dirigenti. A differenza delle camorre, la mafia ha una struttura con una testa sola - ha detto il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, nella conferenza stampa dopo la cattura del boss di Castelvetrano (Trapani) -. Cosa nostra tende a ricostruire i suoi vertici. Adesso dovrà sostituire Matteo Messina Denaro come punto di riferimento per i grandi affari. C'è già chi è pronto a prendere il suo posto". "Un'organizzazione che, da sempre, si è data queste regole può continuare a vivere, nell'ordinaria amministrazione, senza una struttura centralizzata. Ma al tempo stesso questa struttura centralizzata rimane fondamentale per poter continuare a prosperare e fare affari", ha concluso il magistrato, da settembre al vertice dell'ufficio inquirente che ha coordinato le indagini sulla cattura del padrino.

Prima una precisazione, però: se è vero che Messina Denaro era un fedelissimo degli stragisti di Totò Riina e le famiglie del Trapanese, regno del boss arrestato due giorni fa, erano le principali alleate dei Corleonesi sin dagli anni Ottanta, "u siccu" non era il capo della mafia siciliana, secondo i magistrati. Il motivo lo ha spiegato lo stesso procuratore De Lucia: "I clan palermitani non accetterebbero mai di farsi guidare da un non palermitano. A cominciare da un trapanese". Il capo del mandamento di Castelvetrano ha mantenuto i riflettori accesi su di sé in questi tre decenni di latitanza, ma è stato forse sempre lontano dai "business" più importanti di Palermo per poter ambire davvero al ruolo di "capo dei capi". Chiarito questo, senza l'assurda pretesa di voler sminuire la figura di un uomo d'onore di primo piano, è indubbio che la cattura di Messina Denaro ha privato Cosa nostra di una delle sue figure più carismatiche e di spicco. La sua uscita di scena ha generato un vuoto di potere che presumibilmente dovrà essere colmato.

Cosa prevede il 41 bis, il regime di carcere duro disposto (anche) per Messina Denaro

Le cosche eleggeranno un nuovo padrino? È presto per dirlo, anche se in base alle risultanze investigative la strategia (o l'aspirazione) di Cosa nostra nella ricerca del nuovo "boss dei boss" è sempre la stessa almeno da dopo la morte di Totò Riina, avvenuta nel novembre del 2017: ricostituire la Cupola, organismo altamente organizzato nella propria struttura gerarchica, per prendere le decisioni più importanti e dare ordine all'intera organizzazione, seguendo il modello della mafia del passato. L'obiettivo di ricostruire una vera e propria federazione tra i clan, con tanto di commissione regionale coordinatrice, prevede la nomina a capo dei capi di una figura carismatica. Tra volti storici della mafia siciliana e nuovi rampolli, i nomi "in lizza" non sembrano mancare, anche se non è chiaro quanto essi siano ancora influenti all'interno dell'organizzazione e dunque se possano giocare un ruolo di primo piano nel presente e nel futuro prossimo di Cosa nostra.

Chi è Giovanni Motisi, detto il "grassone"

In primis, spicca il nome di Giovanni Motisi. Boss palermitano 64enne del mandamento di Pagliarelli, "u pacchiuni" ("grassone"), com'è conosciuto nell'organizzazione, sarebbe stato a lungo uno dei killer di fiducia di Totò Riina, secondo gli inquirenti. Ricercato dagli anni Novanta per diversi omicidi, dal 2001 e dal 2002 si sono aggiunte le accuse di associazione mafiosa e strage. Ha un lungo curriculum criminale, con l'ergastolo da scontare e una latitanza che va avanti dal 1998.

La foto segnaletica di Giovanni Motisi (Fonte Ministero dell'Interno)

Nel 1999, durante la perquisizione della sua villa di Palermo, è spuntata una fitta corrispondenza tra lui e la moglie Caterina, bigliettini recapitati da "postini" fidati assieme a vestiti e regali. Ed è dello stesso anno l'ultima sua comparsa certa in Sicilia, alla festa di compleanno della figlia: nelle foto ritrovate diversi anni dopo risaltano le pareti coperte con lenzuola bianche per non far riconoscere il posto. Da allora, più niente o quasi, tanto da alimentare il sospetto - ricorrente nelle grandi latitanze - che Motisi possa essere morto.

GIOVANNI MOTISI-3

"Il nuovo capo? Potrebbe toccare a Settimo Mineo"

Se tutto dipendesse solo da una questione anagrafica, il nuovo capo sarebbe forse Settimo Mineo, 85 anni, il boss siciliano più anziano. Mineo, che di professione fa il gioielliere, è stato più volte arrestato - l'ultima nel 2018, con l'accusa di essere il nuovo caso mandamento di Pagliarelli a Palermo - ed è attualmente in carcere. Dopo la morte di Riina, fu proprio Mineo l'erede designato. 

Commentando l'arresto di Matteo Messina Denaro e ciò che può significare negli assetti di Cosa nostra, Gaspare Mutolo, il pentito che sfidò Totò Riina scegliendo di collaborare con Giovanni Falcone, ha detto: "Ciò che è importante non è l'arresto in sé, ma ciò che verrà dopo. È stato rotto un equilibrio. Non ho più rapporti con quell'ambiente, ma in base alle vecchie usanze potrebbe toccare a Settimo Mineo". Mutolo è uscito dal programma di protezione dello Stato lo scorso 7 aprile, dopo oltre trent'anni da collaboratore di giustizia. "Io Mineo l'ho conosciuto, aveva una gioielleria in centro a Palermo, era stimato da Riina, tanti anni fa scampò a un agguato in cui morì il fratello. Adesso è molto anziano. Di certo, i veri capi, i coordinatori, sono sempre stati di Palermo, anche all'estero per tradizione i capi erano palermitani. Messina Denaro, trapanese, è stato un'anomalia", conclude Mutolo.

Settimo Mineo all'uscita dal comando dei carabinieri nel giorno dell'arresto nel 2018. Foto Bonfardino PalermoToday

Il narcotrafficante e le nuove leve

L'altro uomo della "vecchia mafia" che potrebbe ambire al ruolo più alto, sempre secondo gli investigatori, è Stefano Fidanzati. Settantenne, membro della famiglia di narcotrafficanti dei Fidanzati dell'Arenella, ha costruito la propria ricchezza e posizione tra Palermo e Milano. Oltre a questi nomi, tra gli ultimi testimoni e protagonisti della stagione delle stragi di Cosa nostra, gli inquirenti seguono con attenzione anche altre due figure più giovani. Il primo nome è quello di Giuseppe Auteri, 49 anni, conosciuto come "Vassoio". Latitante da un anno e "allievo" del capomafia Calogero Lo Presti, sarebbe attualmente il tesoriere del mandamento di Porta Nuova, tra i più ricchi in assoluto. "È uno dei più bravi ragazzi per la cosca al momento, perché già ha fatto tanti anni di carcere...", ha detto di lui il pentito Alessio Puccio. Un'altra figura che suscita interesse negli investigatori è quella di Sandro Capizzi, 42enne figlio di Benedetto, boss del clan di Santa Maria di Gesù.

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