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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'Ai scova furbetti

Chi evade le tasse ha i giorni contati (se solo il governo volesse)

Si moltiplicano i sistemi di controllo fiscale basati sull'utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale e algoritmi sempre più efficaci. Ci troviamo di fronte una vera e propria rivoluzione: ma fino a che punto la politica è disposta a cavalcarla?

Carlo (nome di fantasia) è un imprenditore edile che si avvale spesso di dipendenti in nero. Nei periodi in cui il lavoro è ingente chiama dei collaboratori fidati non regolarizzati pronti a supportare l’azienda. La giustificazione è che non può assumerli per lunghi periodi, quindi non conviene nemmeno a loro avere un contratto o aprire una partita Iva. All’azienda conviene, agli operai, che non si vedranno versare né contributi Inps, né Inail, un po’ meno.

Il nostro imprenditore si occupa di lavori di ristrutturazione. La prassi è la solita: se qualcuno gli chiede il costo di un’opera, anche di piccole dimensioni, Carlo lo mette di fronte a due opzioni. Gli viene chiesto, senza fronzoli, se preferisce con o senza fattura. Nel primo caso il cliente si troverà di fronte a un costo, nel secondo caso a un altro, solitamente decisamente inferiore. La fattura fa lievitare infatti i costi sostenuti che l’imprenditore vuole scaricare sull’acquirente. In molti scelgono la seconda opzione: per Carlo e (a volte) per il cliente è un affare. Per lo Stato, che non incassa entrate fiscali, è un disastro. 

Il nostro imprenditore ha sostenuto dei costi per mandare avanti l’azienda, ha aperto vari conti correnti e si è tolto alcuni sfizi. Non lo sa, ma tutti questi dati potrebbero essere presto incrociati, con un livello di abilità e intelligenza superiore a quanto messo in campo fino ad ora. Il suo comportamento potrebbe presto ricadere in un "profilo di rischio". E il fisco potrebbe chiedergli conto delle discrepanze evidenziate dalla sua situazione finanziaria. Il tutto grazie a qualcosa che potrebbe presto essere l'inizio di una rivoluzione.

Il digitale riduce l’evasione fiscale 

Le evidenze sono due. La prima, banale, è che il nostro tasso di evasione fiscale è ancora tra i più alti al mondo. Si attestava, nel 2019, a 99 miliardi di euro, secondo le stime del Ministero dell'economia. Si tratta di cifre enormi, decisamente superiori a quello della media europea, ma inferiori - per la prima volta da anni - alla soglia psicologica dei 100 miliardi di euro. L'imposta più evasa è l'Irpef dei lavoratori autonomi (per circa 32 miliardi) seguita dall'Iva (per quasi 28 miliardi). La seconda evidenza, assai meno banale, è che negli ultimi anni il digitale ha aiutato di molto a recuperare crediti.

"In termini relativi all'imposta potenziale, negli ultimi 5 anni il tax gap (la differenza tra le imposte che vengono effettivamente incassate e quelle che si incasserebbero se non ci fossero irregolarità) è passato dal 22,6% del 2014 al 18,5% del 2019: parliamo di circa 12 miliardi in termini assoluti. A questa riduzione hanno contribuito anche politiche basate sulla digitalizzazione, quali ad esempio la fatturazione elettronica che da sola ha consentito la riduzione del tax gap per circa 2 miliardi" osserva Alessandro Santoro, professore di Scienze delle Finanze alla Bicocca di Milano e consulente del ministero dell'economia. E se l’obiettivo, fissato dal Pnrr è ridurre il tax Gap al 15,6% entro il 2024 forse siamo forse sulla strada giusta.

La chiave è sicuramente l'obbligo di fatturazione elettronica (in vigore dal 2019) che ha semplificato enormemente la raccolta dei dati. Ma i nuovi strumenti digitali potrebbero aiutare enormemente a contrastare le irregolarità.

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In questo contesto si inserisce la nozione di intelligenza artificiale nella ricerca ed elaborazione dei dati. La sua differenza con un algoritmo? Il primo è una sequenza finita di istruzioni che possono essere eseguite meccanicamente. Il secondo si basa sul machine learning, ovvero sull'elaborazione costante di nuovi livelli di inferenza tra i dati e sulla capacità di assumere decisioni sulla base di queste elaborazioni grazie all’apprendimento. E nel controllo fiscale potrebbe trattarsi di un cambiamento epocale.

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"I sistemi di A.I possono migliorare l'efficienza delle attività dell'amministrazione fiscale in molti modi. Ad esempio, possono essere utilizzati per analizzare grandi basi dati, individuando i profili di rischio e quindi orientando i controlli fiscali. In alcuni casi, i comportamenti rischiosi possono addirittura essere predetti, e quindi l'azione dell'Amministrazione può diventare, con le opportune precauzioni, preventiva e non solo repressiva. È un approccio potenzialmente molto promettente" sottolinea Alessandro Santoro.

Fisco anno zero: l'A.I. italiano a "caccia di evasori" 

L'anno zero, per quanto riguarda il nostro Paese è il luglio del 2022. La scorsa estate il Garante della privacy ha dato il semaforo verde all'utilizzo di algoritmi e sistemi di A.I. nell'analisi di valutazione del rischio fiscale. Appena un mese prima il Mef aveva definito i contorni dell'applicativo 'VeRa', un acronimo che sta per "Verifica dei Rapporti" finanziari, un software realizzato dalla Sogei, la società di Information Technology controllata al 100% dal ministero delle Finanze. Il suo compito è quello di trasmettere le liste di contribuenti che emergono dall'analisi di rischio fiscale generato dai nuovi sistemi informatici. 

Sì perché la nuova architettura di data analysis basato su intelligenza artificiale ha il compito di unire i dati dell’anagrafe tributaria con quelli dell’archivio dei rapporti finanziari e delle altre banche dati a disposizione del Mef e della Guardia di Finanza. Va, ad esempio, a verificare la corrispondenza fra quanto i contribuenti dichiarano e la loro capacità di spesa: in caso di discrepanze si passa alla fase successiva. In sostanza il sistema mette insieme i puntini e va in cerca di evidenze per "profilare" i vari soggetti a rischio evasione.

Si parte ovviamente dai riscontri dell’anagrafe dei rapporti finanziari, ovvero di tutti i conti correnti. Se si individuano scostamenti rilevanti tra il saldo di inizio anno e quello di fine anno, non giustificati in apparenza da nulla, come per esempio eredità, donazioni, vendite di immobili, vincite, allora si passa alla seconda fase.

Ma le capacità di inferenza sono molte e la chiave è quella di creare connessioni tra più dati. Ad esempio potrebbero essere presi in considerazione variabili come il numero di dipendenti di un’azienda, i costi sostenuti per l'attività economica, i beni immobiliari, il numero di conti correnti aperti, il fatturato dichiarato ecc.ecc. L'obiettivo è elaborare dei profili di rischio su cui poi poter indagare in una fase successiva. E la novità è il cosiddetto 'machine learning': più dati e casistiche il sistema analizza, più diventa "intelligente" e meno (teoricamente) possibilità ha di sbagliare. La forza? La capacità di processare e collegare una grande mole di dati e di interpretarli, una dinamica che potrebbe essere davvero rivoluzionaria e che potrebbe 'prevedere' il rischio fiscale agendo in fase preventiva. 

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Ma di per sé non c'è nessun 'Grande Fratello' che stana evasori. Il nostro imprenditore edile che non emette fatture, non verrà formalmente contestato da nessuna intelligenza artificiale e le sue irregolarità potrebbero essere benissimo già intercettate da un dipendente del GdF reale. Il punto vero è che già da adesso, ma probabilmente in modo molto più efficiente in futuro, i big data dei contribuenti possono essere incrociati ed elaborati facilmente: le possibilità di evadere e "sparire agli occhi del fisco" potrebbero ridursi drasticamente.

L’altro aspetto è che, a meno che non venga profilato dal sistema, nessuno conosce i dati personali del nostro imprenditore. Tutti i dati degli utenti sono anonimi nella fase iniziale. Solo se rientra in un profilo di rischio verrà avviato un processo di accertamento reale, portato avanti però questa volta da una persona in carne ed ossa. Quanto raccolto inoltre non potrà essere conservato più di due anni dall'avvenuto accertamento. Sono dettagli che il Mef comunica recependo le osservazioni del Garante ed elaborando un documento di impatto sulla protezione dei dati e spiegando dettagliatamente la logica degli algoritmi. 

Quello dell'anonimato è del resto un passaggio importante. Per l’approvazione da parte del garante della Privacy sono occorsi quasi due anni e mezzo. E la protezione dei dati personali è da sempre uno dei temi più delicati quando parliamo di questi sistemi di rilevazione.

Il nodo della privacy e gli altri esempi nel mondo

L'Italia non è il solo Paese che sta provando a fare ricorso alle nuove tecnologie in ambito fiscale. In Francia, ad esempio, un sistema basato sull’utilizzo di immagini satellitari e intelligenza artificiale ha permesso allo Stato di individuare molte piscine private non dichiarate e recuperare quasi 10 milioni di euro di tasse. Ma i nostri cugini d'Oltralpe mettono in campo da anni anche attività di 'web scraping' sui social degli utenti alla ricerca di eventuali illeciti fiscali.

Paesi come Malta, Regno Unito, Canada, Irlanda e Olanda utilizzano sistemi di A.I, per valutare le dichiarazioni fiscali dei propri cittadini e la loro ricchezza reale. In India è attivo un sistema simile per quanto riguarda le dichiarazioni fiscali fraudolente correlate a donazioni verso società e partiti politici. In Brasile l’A.I. viene addirittura usata per comunicare con i creditori e capire quanto credito può essere recuperato. Ma il punto è che, specie in Europa, questi sistemi dovranno confrontarsi con la legislazione UE e con la tutela della privacy.

La Francia ha avviato, da anni, sistemi avanzati di controllo digitale per il fisco (Foto Pixabay)

"Esistono tanti sistemi di machine learning sul recupero crediti, ma dovranno tutti confrontarsi con la disciplina europea sull’intelligenza artificiale, l’A.I. Act" osserva il professor Paolo Giudici, docente di statistica presso l’Università di Pavia, tra gli esperti italiani di Intelligenza Artificiale nominati dal ministero dello sviluppo economico. "I cardini sono due: il rispetto del GDPR europeo per quanto riguarda l’utilizzo dei dati e quello del testo di legge europeo sull'intelligenza artificiale (non ancora approvato, si pensa possa entrare in funzione entro il 2024) per quanto riguarda la loro analisi e la loro manipolazione. Sono aspetti essenziali per non creare distorsioni. Ne aggiungo anche un altro, il regolamento DORA sui rischi informatici: si pensi alle conseguenze di un attacco cyber a una banca dati gestita da un A.I. le conseguenze a quel punto potrebbero essere legali per una persona in carne ed ossa, sono temi da prendere in considerazione" spiega ancora il professor Giudici.

Il punto chiave di questo mondo, che è agli esordi, è la capacità di interagire con i tool di A.I. che non possono essere solo meri elaboratori di dati: "Il concetto base che deve guidare questi sistemi, che hanno a che fare con dati sensibili dei cittadini, e non con meri numeri. La 'spiegabilità' è non a caso uno dei cardini dell'A.I. Act europeo. L'importante non è solo raggiungere un risultato, ma spiegare come lo si raggiunge, serve cioè una semantica dei dati che sarà uno dei punti chiavi dello sviluppo di sistemi di questo tipo anche in ambito fiscale".

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L’evidenza è che se questi sistemi potranno presto permetterci di inferire qualunque dato ci venga in mente, non possono prescindere dall’orientamento umano. L'indirizzo è, nel caso dell’evasione fiscale, sempre politico. Ed è qui che questo processo potrebbe incontrare non pochi intoppi.

"Il futuro della lotta all’evasione fiscale dipende ovviamente dalla volontà politica" osserva Alessandro Santoro, professore di Scienze delle Finanze alla Bicocca di Milano. "Nel disegno di legge delega presentato dal Governo Meloni, oltre a parti incoraggianti come quelle sulle analisi del rischio fiscale, ci sono altre parti preoccupanti, come ad esempio il concordato preventivo che, se realizzato male, rischia di trasformarsi in una sorta di condono generalizzato. Più in generale mi pare che nella maggioranza attuale, ma forse bisognerebbe dire nel Parlamento se non addirittura nella politica odierna, convivano due atteggiamenti: uno che convintamente punta a rinforzare un approccio moderno ed efficace di prevenzione e repressione dell'evasione, l'altro che, invece, tende a confinare il contrasto dell'evasione ad alcuni casi, tipicamente l'elusione da parte delle multinazionali. È un atteggiamento furbo (perché le multinazionali non votano) ma miope, perché, per quanto una singola multinazionale possa eludere molto, anche sommando tutte le elusioni delle poche multinazionali italiane si arriva ad una quota minima di quei quasi 100 miliardi che caratterizzano il nostro livello di evasione fiscale" conclude il consulente del ministero dell'economia.

E del resto le polemiche sulle tasse come "pizzo di Stato" (frase poi contestualizzata da Giorgia Meloni) non lasciano intravedere segnali incoraggianti. Contattata da Today.it la Sogei, società informatica del Mef che disegna algoritmi e tool di data analysis, preferisce non rilasciare dichiarazioni sull'utilizzo dell'A.I. nella lotta all’evasione fiscale. Quello che sappiamo che il consiglio di amministrazione è appena cambiato e non sappiamo se voglia continuare sulla strada dei predecessori.

Il rischio è quello di trovarci con la strada tracciata, ma in ritardo rispetto ai nostri partner europei e mondiali su uno dei temi cardini per l'economia del nostro Paese. Non sarebbe purtroppo la prima volta.

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