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Domenica, 28 Aprile 2024
timore per la fabbrica del mondo

Cosa significa che la Cina è in deflazione e cosa cambia per noi

Non succedeva dal 2021, ma gli analisti definiscono questo fenomeno come una spirale negativa. E l'ostacolo posto da Biden sugli investimenti statunitensi nel gigante asiatico spaventa l'economia mondiale

La Cina, che per decenni è stata la fabbrica del mondo, spedisce sempre meno merci al di fuori dei propri confini. Le vendite di prodotti cinesi sui mercati esteri sono diminuite del 14,5 per cento su base annua il mese scorso, in calo per il terzo mese consecutivo. Peggio dell'atteso -12,5 per cento, mentre le importazioni cedono più del -6,8 per cento di giugno e delle proiezioni degli analisti di -5 per cento. 

Si tratta del crollo dell'export più evidente dal luglio 2020, quando il Paese asiatico era alle prese con le chiusure e le limitazioni alla produzione industriale imposte dalla politica zero Covid, voluta da Xi Jinping e revocata solo a inizio 2023. Il motivo? Come gli altri Paesi, la seconda economia mondiale risente della debolezza della domanda globale, del mercato immobiliare in difficoltà e della persistente debolezza dei consumi interni. 

L'arrivo della deflazione

Dopo quattro decenni di forte crescita, la Cina sta vivendo un momento complicato e si trova in deflazione con il rallentamento della spesa interna, che sta spegnendo i piani di una ripresa economica nel post-Covid. Chiariamo prima un punto. La deflazione, che si riferisce al calo dei prezzi di beni e servizi, è causata da una serie di fattori, tra cui il calo dei consumi: è una minaccia per l'economia perché, se da un lato i beni più economici possono sembrare vantaggiosi per il potere d'acquisto, spinge i consumatori a posticipare gli acquisti sulle attese di ulteriori riduzioni dei prezzi. E quali sono le conseguenze? La minore domanda spinge le aziende a ridurre la produzione, a bloccare le assunzioni o a licenziare, fino ad accettare nuovi sconti per vendere le scorte a danno della redditività anche se i costi restano gli stessi.

Così finisce la globalizzazione 

Ed ecco che l'economia cinese è caduta in deflazione, dopo che i prezzi al consumo sono diminuiti per la prima volta dall'inizio del 2021: è l'indicatore che presenta una delle più complicate sfide che la leadership cinese deve affrontare per rilanciare i consumi interni. L'indice dei prezzi al consumo cedono a luglio lo 0,3 per cento su base annua, dopo non aver registrato alcuna variazione il mese precedente. L'indice dei prezzi alla produzione, un indicatore dei prezzi delle merci all'uscita dalle fabbriche, è sceso del 4,4 per cento a luglio, peggio delle stime di -4,1 per cento e meglio del -5,4 per cento di giugno. La frenata di luglio è la decima di fila a segnalare una deflazione tra la debole domanda e i prezzi delle materie prime in rallentamento.

Ma non è la prima volta che il gigante asiatico si trova ad affrontare questa condizione economica. La Cina ha sperimentato un breve periodo di deflazione alla fine del 2020 e all'inizio del 2021, a causa del crollo del prezzo della carne di maiale, la più consumata nel Paese. Molti analisti temono però che questa volta la deflazione durerà più a lungo, in un momento in cui i principali motori di crescita del Paese stanno cedendo e la disoccupazione giovanile ha raggiunto il livello record di oltre il 21 per cento.

L'ostacolo di Joe Biden agli investimenti in Cina

A peggiorare la situazione potrebbe essere un provvedimento che il presidente statunitense, Joe Biden, è pronto a varare. Già dalla giornata di oggi 9 agosto, secondo quanto riportato dal New York Times, l'amministrazione Biden potrebbe presentare i dettagli di nuove restrizioni sugli investimenti americani in alcune industrie avanzate cinesi, in una mossa descritta come necessaria per tutelare la sicurezza nazionale ma che rischia di irritare Pechino. 

Con un atto esecutivo, cioè un decreto presidenziale di Biden, verranno vietati alcuni investimenti di private equity e venture capital in tre principali settori: intelligenza artificiale, semiconduttori di tipo avanzato, e supercomputer. A fare da cornice a questo provvedimento c'è un obbligo di trasparenza che prevede che chi dagli Stati Uniti investe in Cina dovrà darne conto al governo di Washington.

Tale provvedimento mira a evitare che i capitali e le competenze statunitensi contribuiscano allo sviluppo di tecnologie che potrebbero offrire sostegno alla modernizzazione militare della Cina e minacciare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Il calo delle esportazioni cinesi in Ue, Stati Uniti e Russia

I deludenti dati sui prezzi al consumo seguono quelli altrettanto negativi diffusi ieri sull'interscambio commerciale di luglio che hanno visto export e import contrarsi a doppia cifra. A parte il breve rimbalzo di marzo e aprile, le spedizioni cinesi risultano in costante calo da ottobre 2022, mentre i rischi di recessione negli Stati Uniti e in Europa, unita all'elevata inflazione, hanno contribuito a indebolire la domanda di prodotti cinesi. Ad esempio, le spedizioni verso l'Ue, nei primi sette mesi del 2023, sono state di 2.080 miliardi di yuan (290 miliardi di dollari), in calo annuo del 2,6 per cento.

Secondo i dati diffusi dalle Dogane cinesi, il surplus commerciale nel mese si attesta a 80,6 miliardi di dollari, oltre i 70,62 miliardi di giugno e i 70,6 miliardi attesi a luglio. Le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti sono crollate del 23,1 per cento su base annua a luglio, mentre quelle verso l'Unione europea sono diminuite del 20,6 per cento.

Anche con il Paese amico non va meglio. Le importazioni cinesi dalla Russia sono diminuite dell'8,1 per cento a luglio rispetto su base annua, a 9,2 miliardi di dollari. Qui si tratta di un'inversione di tendenza, dopo che a giugno si era registrato un +15,7 per cento di giugno. In base ai dati delle Dogane cinesi, è il primo calo mensile in circa due anni, con gli acquisti di petrolio, carbone e altri beni da parte di Pechino in costante rialzo dall'aggressione di Mosca all'Ucraina.

Perché la Cina sosterrà fino alla fine Putin 

Tuttavia, l'export verso la Russia sale del 52 per cento, ma si tratta di un rialzo che è stato molto più lento rispetto al 90,9 per cento di giugno. A gennaio-luglio le spedizioni verso Mosca sono state solo il 3 per cento del dato totale cinese. L'interscambio bilaterale scende a 19,49 miliardi dai 20,83 miliardi di dollari di giugno, il dato più alto dall'inizio della guerra in Ucraina.

Significativo il dato che riguarda la bilancia commerciale con la prima potenza economica. Il surplus commerciale con gli Stati Uniti è salito a 30,3 miliardi di dollari a luglio dai 28,72 miliardi di dollari del giugno scorso. Nei primi sette mesi del 2023, il surplus commerciale della Cina con gli Stati Uniti ha raggiunto 181,8 miliardi di dollari. Considerando i primi sette mesi dell'anno, il Paese ha registrato un surplus commerciale di 489,57 miliardi di dollari, con le esportazioni in calo del 5 per cento mentre le importazioni sono diminuite del 7,6 per cento. 

Perché è successo e cosa cambierà

L'economia cinese è cresciuta solo dello 0,8 per cento nel trimestre aprile-giugno, mentre la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli record prossimi al 21 per cento a luglio. Il passaggio alla deflazione dell'economia cinese è destinato ad alimentare la richiesta di maggiori stimoli da parte del governo in un momento in cui anche i politici sono alle prese con un rallentamento del settore immobiliare e una debolezza del commercio interno. 

La leadership comunista, riunendo il Politburo, ha avvertito che l'economia deve affrontare "nuove difficoltà e sfide" nonché "pericoli nascosti in aree chiave". Lo scorso mese il governo centrale ha pubblicato un piano in 20 punti allo scopo di aumentare ad ampio raggio i consumi, toccando alloggi, cultura e turismo, nonché i veicoli elettrici.

Il cortocircuito dell'auto elettrica cinese 

La Banca centrale (Pboc) ha anche tagliato più tassi di riferimento nelle ultime settimane a sostegno dell'economia. Per il 2023, il target ufficiale di crescita è di "circa il 5 per cento", tra i più bassi degli ultimi decenni, anche se il premier Li Qiang ha avvertito non sarà un obiettivo facile da raggiungere. E gli ultimi dati economici non fanno che confermare i suoi timori. 

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