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Lunedì, 29 Aprile 2024
nonostante il sostegno (apparente) / Cina

Gli Stati Uniti di Trump hanno abbandonato Hong Kong

C'è chi ha osato sfidare la Cina facendo appello alla coscienza della democrazia più potente del mondo, gli Stati Uniti. È il caso di Joshua Wong, attivista pro-democratico e volto delle proteste del 2014 e 2019. Ha tentato di trovare asilo nel consolato statunitense, ma l'amministrazione Trump si è opposta

Milioni di manifestanti hanno più volte sfilato per le strade di Hong Kong intonando l'inno americano e sventolando la bandiera a stelle e strisce. Al modello democratico degli Stati Uniti si ispiravano i giovani della città asiatica, che chiedevano un maggiore intervento di Washington per frenare la deriva autoritaria che arrivava dalla Cina. Era il 2019, quando il malcontento serpeggiava tra le strade dell'ex colonia britannica che, da lì a poco, avrebbe conosciuto la repressione del governo cinese con l'imposizione della legge sulla sicurezza nazionale che di fatto criminalizza il dissenso.

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I leader delle proteste, quelli che chiedevano fondamentalmente più democrazia, sono spariti dai radar popolari e mediatici e ormai trascorrono la loro vita dietro le sbarre, in attesa di una sentenza definitiva.

Il tentativo di Joshua Wong

Prima di finire in prigione, c'è chi ha osato sfidare la Cina facendo appello alla coscienza della democrazia più potente del mondo, gli Stati Uniti. È il caso di Joshua Wong, volto della Rivoluzione degli ombrelli del 2014 ed espressione della tenacia dei giovani manifestanti scesi in strada nel 2019, che si era rivolto all'allora presidente americano Donald Trump. Il giovane, classe 1996, non poteva intraprendere la strada abbracciata dai suoi compagni di lotta, che hanno prenotato biglietti aerei prima del 1° luglio 2020 (giorno dell'entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale) per ottenere asilo politico in Paesi occidentali come l'Australia, il Regno Unito o gli Stati Uniti. Le autorità di Hong Kong avevano confiscato il passaporto di Wong, impedendogli così di trovare rifugio dalla repressione del governo locale e quello cinese.

L'unica soluzione, ha pensato Wong, è presentarsi al consolato americano nella Regione amministrativa speciale. La sua decisione era motivata da diversi precedenti. Gli Stati Uniti si erano schierati, almeno verbalmente, con il movimento democratico di Hong Kong, e l'amministrazione dell'allora presidente Donald Trump si era definita dura nei confronti della Cina. Non è stato l'unico. Diversi politici americani, sia repubblicani che democratici, hanno elogiato gli abitanti di Hong Kong per essersi opposti alla Cina in difesa della libertà di parola, del diritto di riunione e, soprattutto, della democrazia.

La porta in faccia sbattuta da Trump

Ma Washington quanto è stata disposta a rischiare per gli oppositori democratici del regime comunista cinese? Poco, stando alle ultime rivelazioni riportate dal quotidiano Nikkei Asia, secondo cui l'amministrazione dell'ex presidente Trump negò a Wong l'accesso al consolato statunitense. Con questa decisione, Washington rifiutò di assisterne la fuga dell'attivista democratico prima dell'entrata in vigore della draconiana legge sulla sicurezza nazionale che nel 2020 ha portato al suo arresto da parte delle autorità cinesi.

Facciamo un passo indietro. Nel giugno 2020, Wong avrebbe rivolto la richiesta ai funzionari consolari statunitensi durante un incontro nel St. John's Building, proprio di fronte al consolato americano a Hong Kong. L'attivista, che era già stato arrestato dalle autorità locali e poi scarcerato su cauzione, ma privato del passaporto, avrebbe chiesto in quell'occasione l’assistenza del dipartimento di Stato per lasciare la Cina.

Richiesta rifiutata da Washington sulla base di considerazione legate "agli interessi di sicurezza nazionale" degli Stati Uniti: ammettere Wong nel consolato e assisterne la fuga, dopo che questi aveva già subito un provvedimento ufficiale di revoca del passaporto, avrebbe reso ancora più tese le relazioni tra Stati Uniti e Cina, secondo quanto spiegato una delle fonti citate dal quotidiano asiatico.

Hong Kong è una città sempre più cinese 

A confermare queste indiscrezioni sono state le rivelazioni diffuse per prima da Shibani Mahtani e Timothy McLaughlin, autori di "Among The Braves", un libro sui più noti protagonisti delle proteste di massa verificatesi ad Hong Kong nel 2019. Wong è stato arrestato nel settembre 2020 con l'accusa di cospirazione per compiere atti sovversivi, per aver partecipato all’organizzazione di elezioni primarie non riconosciute dal governo locale. L'attivista è ancora in attesa di una sentenza, e se giudicato colpevole rischia una condanna all'ergastolo.

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