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Domenica, 28 Aprile 2024

L'analisi

Francesco Curridori

Giornalista

Così Conte si è mangiato il Pd, senza fare nulla

Per la prima volta il Movimento 5 stelle sosterrà alle elezioni un politico con la tessera del Partito Democratico in tasca. Ma quello che potrebbe a prima vista sembrare un successo dei Dem, nasconde una subalternità della segreteria di Elly Schlein a Giuseppe Conte, per non dire una certa grillizzazione del Pd. Ma andiamo per gradi.

Così il Pd diventa subalterno del M5s

Il Pd nazionale e lucano, prima di trovare la quadra in vista delle elezioni regionali in Basilicata, ha dovuto sottostare ai numerosi diktat imposti da Giuseppe Conte. La Basilicata rappresenta un inedito. Piero Marrese, sindaco di Montalbano Jonico, è il primo esponente del Pd appoggiato dal M5S. Finora, a partire dalle elezioni Regionali in Umbria del 2019 sino alle ultime Regionali in Abruzzo, i 5 Stelle avevano appoggiato solo candidati civici, Giornalisti, docenti universitari, imprenditori o dei perfetti nuovi Carneade come l’oculista Domenico Lacerenza, ma mai politici con la tessera del Pd in tasca.

Stavolta i pentastellati hanno accettato il nome di Marrese, ma sono ugualmente usciti vincitori dal braccio di ferro che ha sbarrato la strada ad Angelo Chiorazzo, l’uomo scelto dall’ex ministro Roberto Speranza. Ma la vittoria di Conte è doppia perché è riuscito a tener fuori dall’alleanza di centrosinistra anche l’ex presidente della Regione, Marcello Pittella, l’uomo forte di Carlo Calenda in Basilicata che ha portato Azione verso il centrodestra anche a costo di rompere (politicamente) col fratello Gianni.

Il delirante audio di Azione per giustificare l'alleanza con le destre 

E il Pd, il partito nato con la vocazione maggioritaria, ha ingoiato per l’ennesima volta il rospo. "Schlein ha alle spalle un partito che le chiede di allearsi con Conte a tutti i costi, mentre Conte guida un partito che ha un elettorato che non spinge per governare a tutti i costi", spiega Luigi Di Gregorio, docente di Scienza Politica all'Università della Tuscia di Viterbo. Conte, insomma, può decidere quando essere di governo e quando di protesta, correndo da solo "e quindi – sentenzia Di Gregorio - il Pd diventa subalterno".

"Il Pd è il primo partito della coalizione, ma per soli 4-5 punti di differenza e, finché non ridurrà i 5 Stelle al 5-7%, subirà i ricatti di Conte perché, senza di lui, non ha possibilità di battere la destra né a livello locale né a livello nazionale", spiega il politologo della Luiss Lorenzo Castellani. Una prospettiva condivisa anche dal professor Alessandro Campi: "Il Pd ha un consenso piuttosto modesto rispetto al passato e diventa difficile essere un partito a vocazione maggioritaria col 20%. I dem hanno bisogno del 20% dei 5 Stelle perché due partiti del 20 non vanno da nessuna parte, ma è costretto a fare continue concessioni".  In questo contesto, quindi, "è chiaro – aggiunge Campi - che c’è una competizione per l’egemonia che rende difficile un’alleanza".

Il Pd, alleato dei 5 Stelle, rinuncia alle primarie e rinuncia soprattutto a dettare la linea "anche perché il M5S è un partito molto tattico che si è alleato con tutti e che – spiega il politologo dell’università di Perugia - non cede un millimetro dalle sue richieste". Che sia in atto una "grillizzazione" del Pd? Al momento, pare di sì vista la facilità di Conte nell’escludere i centristi, un’operazione agevolata dal fatto che "Schlein – conclude Campi - ha una connotazione ideologica tale per cui il mondo centrista non si riconosce nelle sue posizioni movimentiste".

A tutto vantaggio del centrodestra: Giorgia Meloni gode perché è lei in Basilicata, a guidare il vero campo largo aprendo le porte proprio ai centristi del fu Terzo Polo e con una Forza Italia che è data in crescita anche a livello nazionale.

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