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Martedì, 30 Aprile 2024
Nuovo governo

Il Paese affidato a un gruppo ristretto di saggi: ma cambierà qualcosa?

I dieci saggi che dovranno provare a tirar fuori un programma di (non) governo saranno messi a dura prova: tra un 'no' grillino e diversi veti incrociati che non mancheranno, il rischio stallo non è scongiurato

“Vengo anch’io...”. Nell’ora dell’addio e del pianto, della fila che pian piano si è formata a Milano, fuori dalla camera ardente, come non pensare, guardando questa Italia senza un governo e piena zeppa di veti, alle parole del grandissimo Enzo Jannacci. Anzi, a vederla bene, sembra che quelle parole, con il passare dei giorni, abbiano cucito l’abito dell’inghippo post elettorale. Di un Paese che si è inceppato.

Tre blocchi, tre no decisi. In mezzo Giorgio Napolitano che, all’ora di pranzo, dopo 12 ore travagliate, ha deciso di non gettare la spugna e si è rimesso al timone della barca che, in teoria, dovrebbe essere chiamata ad attraversare la palude. Si è rimesso, non che se ne sia mai andato, ma per il capo dello Stato è stata forte la tentazione del gestro estremo: le dimissioni nel semestre bianco a poco più di un mese dalla scadenza del settennato. Un atto fortissimo che, se portato fino in fondo, avrebbe messo a nudo la politica e forse aperto la strada a nuove elezioni. Un’ipotesi che il titolare del Quirinale avrebbe maturato ieri, nel corso delle consultazioni, mentre prendeva atto della distanza siderale tra le parti. Una via d’uscita d’urto alla quale tuttavia alla fine ha detto di no. “Resto fino alla fine del mio mandato”.

DIECI SAGGI AL GOVERNO: ECCO CHI SONO

E in questa scelta ha posto i suoi di paletti. Se non c’è un governo, almeno che ci sia un programma condiviso, da cui forse far partire l’intesa parlamentare. Per questo la scelta di affidare a due gruppi ristretti il compito di formulare una piattaforma “politico istituzionale” da una parte, una “economico-sociale” dall’altra. Confermando in questo la piena fiducia a Monti che, se in scadenza e pro-tempore, non è mai stato sfiduciato ed è in grado di portare avanti l’azione di governo. Tanto per mettere le cose in chiaro con i mercati, sempre più perplessi e alla finestra. Basterà? Difficile dirlo. Il primo banco di prova di questa improvvisa virata di Napolitano si avrà martedì, all’apertura dei listini di Piazza Affari.

In pratica, il Colle, ha messo nero su bianco, certificandolo, quello che già si sapeva. L’assenza di numeri a supporto di ogni ipotesi. I numeri che non ha trovato prima Bersani e la sua idea di doppio registro; numeri che non ha trovato ieri Napolitano. Negata la possibilità tecnica, sfumata l’idea di un governo del Presidente, dal Quirinale è arrivata forse una proposta al ribasso. Trovare un’intesa sulle urgenze da metter in campo prima possibile. Un piccolo passo nella nebbia, fitta. Ma in sostanza cosa cambia?

Poco. Tutti stretti a Napolitano, i partiti, lì a confermare i veti incrociati. Con Bersani ed il Pd “pronti ad accompagnare il percorso indicato. Un governo di cambiamento e una convenzione per le riforme restano il nostro asse”. Ma che poi, nei fatti, farebbe fatica a sostenere un esecutivo politico a braccetto con Silvio Berlusconi. A meno che, nelle larghe intese, non entri anche il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.

Possibile che Grillo oltrepassi lo steccato? Improbabile. L’ostacolo sta proprio nella connotazione di questo ipotetico governo: politica. Ieri, in diretta dalla ‘Cosa’, il canale streaming dei 5 Stelle, il blogger genovese è stato più che esplicito: “Non entreremo mai nel loro gioco. Non sono politici e non sono neanche uomini. Dilettanti allo sbaraglio. Non daremo mai la fiducia a chi ha distrutto il Paese”. E allora perché quest’oggi il coordinatore della comunicazione al Senato dei grillini, Claudio Messora, intervistato da Sky Tg24 e riferendosi alla scelta di Napolitano, ha parlato di una “soluzione che si avvicina”? Perché per Grillo “se l’Italia è senza governo (in realtà è in carica il governo Monti) ha però un Parlamento che può già operare per cambiare il Paese”. C’è il vicario, si cominci a lavorare, senza tuttavia spostarsi di un millimetro dai punti del suo programma. Il programma sempre il programma, senza un volto, se non quello di Grillo. Così durante le consultazioni, così per quello che proporranno la task-force di saggi voluta da Napolitano.

A completare quest’orizzonte sempre più incerto, il cui cielo si è apparentemente rasserenato,  le parole di Angelino Alfano, il segretario del Pdl: “Governo politico di grande coalizione o subito al voto”. “La prima ipotesi, da noi auspicata, è un accordo pieno, politico e di legislatura. Altrimenti la strada maestra è quella di tornare subito alle urne, senza frapporre alcun indugio”. Per il segretario e per Berlusconi, che oggi non ha parlato, l’unica via rimane l’intesa politica con Il Pd. Quello cioè che il i democratici non sono disposti a concedere per paura che il partito si sfaldi. Dalla parti di Largo del Nazareno, infatti, l’invito insistito del Cavaliere è letto come l’abbraccio della morte. L’unico a gongolare, alla fine, pare solo Mario Monti che, messo un po’ da parte dal magro risultato elettorale, travolto dal caso marò, si ritrova nuovamente alla guida di un Paese che non l’ha scelto.

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