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Domenica, 28 Aprile 2024
L'intervista

Ilaria Cucchi: "Ma chi ha paura del reato di tortura?"

La senatrice Ilaria Cucchi si scaglia contro il disegno di legge proposto da Fratelli d'Italia che vuole cancellare il reato di tortura: "Fu introdotto anche da Berlusconi più di quindici anni fa". E rinnova l'appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella

"Credo che saremo in tanti a scendere in piazza se il reato di tortura venisse abrogato". Lo afferma Ilaria Cucchi, senatrice di Alleanza Verdi-Sinistra eletta alle ultime elezioni del 2022 e sorella di Stefano Cucchi, il ragazzo di trentun'anni morto nel 2009 dopo aver subito vari tipi di violenze da parte delle forze dell'ordine in seguito a un arresto. Today.it ha intervistato in esclusiva la senatrice per parlare della proposta di legge che mira ad abolire il reato di tortura: introdotto nel 2017, dopo appena sei anni Fratelli d'Italia chiede che vengano aboliti gli articoli  613-bis e 613-ter del codice penale. Il motivo resta la concezione secondo cui queste due leggi pongano limiti sostanziali nell'azione delle forze dell'ordine, ma per la senatrice Cucchi la loro abolizione rappresenta un grande passo indietro. 

"Siamo di fronte ad un problema serio e concreto". Così la senatrice Cucchi nel spiegarci come la proposta presentata dal primo partito della maggioranza, e a firma di Imma Vietri, ponga l'Italia indietro rispetto ai passi avanti fatti nell'ambito dei diritti civili. Per l'approvazione di una legge che ne delineasse i limiti ci sono voluti anni e tanta fatica, ha detto Cucchi. "Il reato di tortura esisteva in tanti paesi, ma in Italia si ostinava a negarlo, facendo finta che fatti come quelli del G8 di Genova, di Federico Aldrovandi e di mio fratello Stefano non accadessero". L'Italia - secondo la senatrice - preferiva pagare le sanzioni.

Reato di tortura: così il governo strizza l'occhio alla violenza in divisa

Sì, perché nel 1984 anche il nostro paese è stato firmatario della convenzione di New York, una carta delle Nazioni Unite che condannava il reato di tortura e che obbligava tutti i paesi sottoscriventi a dichiararlo reato inserendolo nel proprio ordinamento. Già nel 1999, ci ha riferito la senatrice, Silvio Berlusconi - allora deputato - firmava una dichiarazione in cui giudicava "inqualificabile" il fatto che l'Italia non avesse ancora una legge contro la tortura. Quindici anni dopo Forza Italia avrebbe votato contro la sua approvazione. Il reato è arrivato in Italia soltanto nel 2017 dopo "tanto lavoro, fatica e compromessi, ma alla fine una legge è stata approvata. Sicuramente non perfetta, ma di cui c'era estremamente bisogno. Oggi i nostri giudici hanno uno strumento da utilizzare per i casi che prima non potevano essere condannati per quello che erano: vere e proprie violenze".  

Interpellanza di Silvio Berlusconi del 1999 alla Camera dei Deputati-2

"Arrivati a questo punto però, cosa vuole fare il governo di Giorgia Meloni? Ve la racconteranno in tanti modi e con parole diverse, ma di fatto si tratta di depennare il reato di tortura dall'ordinamento: ve lo dice la sottoscritta". Secondo Cucchi infatti, se la legge verrà approvata, i giudici si ritroveranno nella condizione pre-2017, cioè senza poter fare il proprio mestiere quando si troveranno di fronte al reato di tortura. Ma gli unici che nei fatti ne soffriranno saranno le vittime di quelle violenze. 

Reato di tortura: cosa vuole fare il governo 

Il governo, nel disegno di legge dichiara che gli articoli "impediscono agli agenti di fare il proprio lavoro” e vanno aboliti “per tutelare l’immagine della polizia”. A queste affermazioni la senatrice risponde spiegando come: "Quello che tutela l'operato della polizia è fare seriamente il proprio lavoro senza ricorrere alla violenza". "Ora siamo di fronte a un governo - continua - che pur di far contenti i loro elettori (dove ci sono anche sindacati di polizia) continuano a chiudere gli occhi e far finta che i problemi non esistono. Con la scusa della sicurezza riusciranno a portare a casa tutto ciò che hanno promesso agli elettori, tra cui anche l'abolizione della tortura". Secondo lei ci sono i presupposti per fare dei passi indietro "pazzeschi" in tema di diritti civili, passi a cui sarà difficile rimediare.

"Abolire il reato di tortura? Scelta scellerata che legittima le violenze" 

Un cambiamento culturale, prima che materiale

Ma nonostante la volontà del governo di abolire il reato, Cucchi resta convinta che la stragrande maggioranza delle forze dell'ordine, nonché anche delle istituzioni e dei vertici e dei rappresentanti di polizia e carabinieri sono d'accordo con lei nel dire che la legge non debba essere toccata e che non nuoce agli operatori di polizia, ma anzi rappresenti solo una tutela in più verso sia le potenziali vittime, che gli agenti stessi. E proprio sulla tutela di ambo le parti la senatrice rilancia la sua proposta di legge, nonché una delle sue personali battaglie: l'introduzione delle bodycam e dei numeri identificativi per le divise degli agenti delle forze dell'ordine. "Io credo - dice la senatrice - che sono strumenti che tutelano sì le possibili vittime, ma anche e soprattutto la maggior parte degli agenti onesti e con la schiena dritta, persone che non penserebbero mai di utilizzare violenza contro una persona inerme che di fatto non si può difendere"; e il suo pensiero va ai fatti della donna trans colpita con i manganelli a Milano. "Credo che questa battaglia sia nell'interesse di tutti per continuare a definirci un paese civile e democratico". 

Ma questo basta? No, secondo Ilaria Cucchi: "Dire che sia sufficiente una telecamera per risolvere il problema sarebbe un'ipocrisia". Quello che c'è da fare, secondo la senatrice, è un lavoro più culturale, d'educazione. "Bisogna preparare i nostri agenti per situazioni delicate, perché molte volte gli operatori non hanno gli strumenti d'apprendimento necessari e la capacità per risolvere questioni più spinose e di carattere più complesso. Serve un continuo aggiornamento, non bisogna limitare l'apprendimento solo con il fine di superare il test di ammissione in caserma".

La concezione del detenuto

È inutile poi girare attorno all'elefante nella stanza: In Italia è difficile parlare di carceri e di diritti dei detenuti perché spesso il prigioniero è visto come una persona di serie B. Secondo Ilaria Cucchi il tema delle carceri e dei diritti dei detenuti non porta voti e quindi se ne parla solo quando c'è il caso del momento. E sempre, però, in una maniera denigratoria o pseudo rassicurante: "Loro (la maggioranza, ndr) utilizzano questi temi per rassicurare in maniera negativa la gente che sta a casa a guardare la TV e che inconsciamente ragiona attraverso frasi come 'io sono al sicuro, non mi succede niente: mio figlio non è mica come Federico Aldrovandi che esce a mezzanotte o come Stefano Cucchi che esce di notte a spacciare'. C'è un problema". 

Il problema di fondo secondo la senatrice è che finché tutti non comprenderanno che il tema dei diritti è il più importante di tutti gli altri, non si andrà da nessuna parte: "Saremo una società destinata a rimanere quella costretta a vedere i video di violenze inaudite su corpi inermi, indifesi e impauriti".

Secondo la senatrice c'è il serio rischio che l'Italia ritorni ad essere lo stesso paese che ha ostacolato la verità sulla morte del fratello Stefano e come lui ancora adesso esistono tanti casi di cui purtroppo non si parla abbastanza.

"Rabbrividisco al pensiero di quanti 'Stefano Cucchi' in questo momento, in misura diversa, sono costretti a subire soprusi nel disinteresse generale. Tutto questo in una società che vede il carcere come una vera e propria discarica sociale. Ilaria Cucchi non vuole fare questa scelta, non vuole abbracciare questa concezione. La mia storia mi ha portata qui, oggi sono stata eletta, rappresento una parte del popolo italiano e intendo andare avanti con questa sensibilizzazione". 

"Chi può torturare, cos'ha nel cuore?"

"È una domanda da un milione di dollari" ci risponde la senatrice alla nostra questione. "Non riesco nemmeno a immaginare cosa passa per la testa di una persona che decide di usare tanta violenza e di abusare della sua posizione contro una persona indifesa, contro un altro essere umano. Non riesco a pensare a come si possa utilizzare tanta violenza". E su questo le viene in mente il ricordo di suo fratello, uno dei tanti che - purtroppo - ha dovuto aggiungere a quelli che si creano lungo il corso della vita.

Un ricordo di quando lei - come ci spiega - era una persona diversa, una persona che si fidava ciecamente dello Stato e delle sue istituzioni al punto tale da affidare a loro la salvezza del proprio familiare: "Mi viene in mente quello che ho pensato l'ultima volta che ho visto mio fratello Stefano sul tavolo dell'obitorio: continuavo ad osservarlo e a chiedermi: 'Ma quale essere umano può fare questo a un suo simile?'. Sono passati 14 anni e credo che la risposta a quella domanda non l'avrò mai". 

"Il reato di tortura ce lo siamo guadagnati, ce lo terremo stretto" conclude Ilaria Cucchi nel rivolgere un secondo appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella: "Una cosa del genere non deve assolutamente avvenire, non possiamo lasciare che il governo lo cancelli, sarebbe un segnale pessimo ai nostri cittadini. Che poi la domanda resta: chi ha paura, davvero, del reato di tortura?". Il disegno di legge passerà in Senato nelle prossime ore e comincerà l''iter per la sua approvazione.

Polizia e tortura: abbiamo un problema 

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