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Lunedì, 29 Aprile 2024
Democrazia sospesa

"Chi critica Salvini è fuori"

Dalla Calabria fino al Piemonte, la Lega ha cacciato una serie di esponenti storici. Il motivo? Aver criticato Salvini. "È un partito militarizzato" ha detto l'ex deputato Paolo Tiramani

Per chi nella Lega critica la linea di Matteo Salvini c'è l'espulsione immediata. È quanto capitato a chi, dopo il tonfo del Carroccio alle elezioni regionali, ha osato dire pubblicamente ciò che pensano in molti, cioè che il progetto di un partito nazionale ha fallito; la Lega è la brutta copia di Fratelli d'Italia e gli elettori, nelle urne, scelgono l'originale.

Meno 40% di militanti: "Salvini ha fallito, ora cambiamo la Lega"

Così, a chi ha rilasciato interviste in tal senso, è arrivata una comunicazione choc: "Il Comitato disciplinare di garanzia […] venuto a conoscenza delle sue ripetute dichiarazioni a mezzo stampa dai contenuti gravemente lesivi nei confronti dell'immagine del Movimento, ai sensi dell'art. 32 del vigente Statuto e ai sensi dell'articolo 10 del vigente Regolamento federale ha deliberato nei suoi confronti un provvedimento di espulsione dal Movimento "Lega per Salvini Premier" e dalla articolazione territoriale generale".

L'espulsione di Tiramani: "La Lega ormai è militarizzata"

La lettera arriva direttamente dalla sede legale di via Bellerio (Milano), il mittente è il responsabile federale organizzativo nazionale e uno dei primi destinatari è stato Paolo Tiramani, 39 anni, deputato nella scorsa legislatura, poi non ricandidato.

"Io sono stato espulso perché il giorno dopo le elezioni ho detto che era andata male e che erano stati fatti degli errori" ha spiegato proprio l'ex parlamentare a Today. Così Tiramani prima ha visto pubblicato un comunicato stampa in cui il commissario provinciale vercellese Enrico Montani dava conto a tutti della sua cacciata. Poi, il 4 aprile scorso, ha ricevuto direttamente a casa la raccomandata su carta intestata della Lega.

Paolo Tiramani Lega-2

"La cosa paradossale è che io ho un'attività, sono un imprenditore nell'ambito socio-sanitario - continua Tiramani -. Potevo essere utile al partito e avrei preferito uscire in silenzio, visto che mi mancavano due mesi dalla scadenza della tessera, che comunque non avrei rinnovato. Non chiedevo candidature, non è mai stato un problema di posizionamento ma buttare via un rapporto ultra ventennale di fedeltà politica è un'umiliazione. Ormai nella Lega c'è una militarizzazione, un pensiero unico legato a Salvini e in Piemonte a Riccardo Molinari. Chi non la pensa come loro, rischia l'ostracismo. Salvini ha sempre detto che la Lega non è una caserma e il 26 settembre ho colto l'occasione per spiegare perché era andata male. In un partito normale, la segreteria di Salvini sarebbe saltata il giorno dopo il voto. Idem Molinari. Non è stato così". Già, a essere cacciato dal partito è stato invece Tiramani che, prima di sedere alla Camera dei Deputati, a 21 anni era già consigliere comunale a Borgosesia; è stato consigliere provinciale e vice presidente della provincia di Vercelli; infine consigliere regionale in Piemonte. Sempre con la Lega. 

"Se si va avanti così sarà scissione", Salvini è segretario di metà Lega

Una cacciata che lascia l'amaro in bocca a un pezzo di Lega del vercellese soprattutto perché le parole di teramani sono state le stesse di tanti altri, che però non hanno ricevuto un cartellino rosso. "Ma infatti ufficialmente sono stato espulso è quello delle "gravi dichiarazioni lesive nei confronti dell'immagine della Lega" ma il vero motivo è un altro" ha specificato Tiramani. A Vercelli infatti si doveva tenere il Congresso provinciale, dove erano pronti a farsi avanti candidati alternativi a quello salviniano. Dalla segreteria regionale avrebbero chiesto la testa di Tiramani per dare una prova di forza, evitare lo spaccamento della base (come successo in altre regioni), imponendo così una candidatura unica su cui far convergere la base. "Mi hanno espulso per dare un segnale, mi hanno buttato fuori come a dire: O digerite la persona che vogliamo o fate la sua fine. Punirne uno per educarne cento" ha concluso l'ormai ex leghista piemontese, che ha concluso la sua esperienza con un post Facebook: "Resta l'amarezza per aver dato tutto me stesso per oltre vent'anni a un partito che in questi ultimi mesi mi ha trattato come un corpo estraneo senza una vera motivazione se non quella, arcinota, di una presunta antipatia personale di Riccardo Molinari nei miei confronti. Leggerò le motivazioni e mi tutelerò nelle sedi opportune".

Espulso Zaffiri: "Buttano fuori chi ha costruito la Lega"

Ci era andato giù duro Sandro Zaffiri, nella Lega dal 2007, consigliere regionale delle Marche dal 2013 al 2018 ed ex vice presidente dell'assemblea regionale. Dopo le politiche, in un'intervista televisiva a una emittente locale, aveva parlato di una "disfatta preannunciata perchè nei territori avevano creato problemi tra militanti volutamente, con certi ordini dall'alto, addirittura dal federale". Zaffiri, noto per la sua schiettezza, aveva aggiunto che si dovevano dimettere sia il segretario regionale delle Marche (il Commissario Riccardo Augusto Marchetti) che il segretario nazionale Matteo Salvini. Il motivo? "La vogliamo chiamare Lega senza nord? Ok ma non creiamo problemi ai territori, con gli amici che vengono privilegiati e devono avere una corsia preferenziale", alludendo alla solita questione dei paracadutati amici degli amici nei collegi sicuri alle elezioni.

Sandro Zaffiri

Così non ci è voluto molto per buttare fuori anche Sandro Zaffiri, dopo oltre dieci anni di tessera della Lega. Prima si è visto escluso dalla chat della Lega Marche. Poi, dopo una decina di giorni, è arrivata a casa la solita lettera con la solita accusa: Danno al movimento. "La verità è che stanno buttando fuori i vecchi leghisti, quelli che hanno costruito la Lega perchè serve un partito dove nessuno parli dei problemi e nessuno protesti - racconta proprio Zaffiri direttamente a Today -. Siccome non c'è confronto dentro gli organismi, siccome non si riuniscono da quattro anni, non c'è un'assemblea dove discutere e fare considerazioni politiche, siccome non c'è più nulla di un partito democratico, allora prendiamo atto che la Lega non è più un partito" ha concluso il marchigiano.

"Me ne sono andato per le ingerenze di Milano"

Uno che invece se ne è andato spontaneamente subito dopo le regionali in Lazio e Lombardia è l'ex deputato dell'Alto Adige Filippo Maturi, che ha denunciato le ingerenze continue di Milano sulle scelte politiche delle segreterie provinciali. "Noi abbiamo aspettato le elezioni regionali per non danneggiare la Lega a livello nazionale ma la scelta era già maturata prima per le continue ingerenze di Milano, cioè di via Bellerio, sull'Alto Adige. Diciamo che la gestione a livello locale era diventata insostenibile" ha detto Maturi a Today. Così un altro parlamentare della XVIII legislatura ha preso la porta d'uscita e con lui una serie di eletti, lasciando realtà come Merano e Bressanone senza alcuna rappresentanza leghista. Tutto per l'insofferenza nei confronti della segreteria nazionale del Carroccio, tacciata di essersi intromessa nei congressi provinciali e nelle scelte dei candidati, soprattutto nei collegi uninominali, con i soliti paracadutati da Roma e Milano.

Altri espulsi dalla Lega

La lista degli espulsi poi prosegue con Emilio Greco, estromesso dal partito poco prima della nomina di coordinatore provinciale a Cosenza. Anche a lui sono stati contestati alcuni post critici sui social network negli ultimi giorni di campagna elettorale.

Cacciata via anche Maura Tomasi, altra ex parlamentare e attuale vice sindaca di Comacchio, provincia di Ferrara. Era stata lei a sconfiggere Dario Franceschini nel collegio uninominale di Ferrara alle elezioni politiche del 2018. Anche per lei è arrivato il cartellino rosso. Tomasi avrebbe pagato le tensioni con il senatore di Fratelli d'Italia Alberto Balboni, uomo forte della destra ferrarese. Tomasi, raggiunta da Today, ha preferito non commentare la vicenda, limitandosi a dire: "Sono stata espulsa e per me è un capitolo chiuso".

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