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Sabato, 27 Aprile 2024
Politica

Così il nuovo M5s di Conte vuole perdonare senatori e deputati espulsi (per evitare guai giudiziari e per soldi)

L’avvento dell'Avvocato del Popolo alla guida del MoVimento 5 Stelle potrebbe portare al primo atto di clemenza nei confronti dei parlamentari cacciati per non aver votato la fiducia a Draghi. Per chiudere tutti i contenziosi legali ed evitarne altri. Due parlamentari sono state contattate per contrattare il rientro nel gruppo. Con motivazioni nobili e meno nobili. Vediamole

C’è aria di perdono dalle parti del MoVimento 5 Stelle. Per quei trentasei parlamentari (15 senatori e 21 deputati) che hanno detto no alla fiducia a Mario Draghi e sono stati di conseguenza espulsi dal M5s potrebbero riaprirsi a breve le porte del MoVimento. E questo grazie a Giuseppe Conte. Ma anche a qualche piccolo conteggio economico che ne sancisce la convenienza.

Così il M5s vuole “perdonare” senatori e deputati espulsi (per evitare guai giudiziari e per soldi)

Con ordine. I trentasei che tra voti, assenze strategiche e astensioni hanno votato no al governo Draghi sono stati successivamente espulsi dai gruppi del MoVimento 5 Stelle alla Camera e al Senato e, in quanto tali, sono stati anche buttati fuori dal M5s. Al Senato non hanno votato la fiducia a Draghi: Rosa Abate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado, Mattia Crucioli, Fabio Di Micco, Silvana Giannuzzi, Bianca Granato, Virginia La Mura, Elio Lannutti, Barbara Lezzi, Matteo Mantero, Cataldo Mininno, Nicola Morra, Fabrizio Ortis, Vilma Moronese. Alla Camera i dodici che hanno dato vita ad “Alternativa c’è”: Massimo Baroni, Pino Cabras, Andrea Colletti, Manuela Corda, Paolo Giuliodori, Alvise Maniero, Maria Laura Paxia, Francesco Sapia, Arianna Spessotto, Rosa Alba Testamento, Raffaele Trano, Andrea Vallascas e altri nove.

La lettera del capogruppo a Montecitorio Davide Crippa ai cacciati diceva in premessa: “L'attività del gruppo parlamentare Movimento 5 stelle è informata ai principi di partecipazione trasparenza e responsabilità nell'ambito della leale collaborazione tra i suoi componenti". E quindi chiudeva: “Dal resoconto della seduta dell'assemblea di giovedì 18 febbraio risulta che tu abbia votato in difformità dal gruppo in occasione della mozione di fiducia al governo Draghi. Tale fatto oltre a denotare il mancato rispetto delle decisioni assunte dagli iscritti con la votazione in rete e, conseguentemente, dagli organi del Movimento pregiudica l'immagine l'azione politica del nostro gruppo parlamentare". "Pertanto su indicazione del capo politico dispongo sentito il comitato direttivo la tua immediata espulsione dal gruppo parlamentare Movimento 5 Stelle senza ratifica degli iscritti ai sensi dell'articolo 21 dello Statuto". Successivamente il collegio dei probiviri comunicava di aver avviato una procedura di espulsione nei confronti degli eletti. Tutto secondo procedura? Non per tutti.

Secondo la tesi dei “ribelli” M5s i procedimenti sono stati aperti in difetto e con l’obiettivo di escludere anche qualcuno dalla possibilità di concorrere agli organi elettivi (vedi alla voce Barbara Lezzi, che in ogni caso si è candidata lo stesso): i ribelli puntano il dito sulla lettera firmata solo da due probiviri e sulla motivazione che ha portato all'espulsione, visto che non c'è stata alcuna assemblea e quindi nessuna delibera assembleare ma soltanto una consultazione: l'apertura del procedimento viola la procedura prevista dall'art. 11 dello statuto e si fonda sull'erronea evocazione di fattispecie di rilevanza disciplinare, non sovrapponibili al caso concreto.

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Il caso di Carla Cuccu e il M5s commissariato dal tribunale

In questo caso già abbastanza ingarbugliato irrompe il tribunale di Cagliari, che il 24 febbraio nomina un “curatore speciale” su istanza della consigliera regionale eletta in Sardegna Carla Cuccu, espulsa da Crimi il 27 gennaio. Viene nominato curatore l’avvocato del foro di Cagliari Silvio Demurtas. Nell’istanza per la nomina del curatore, firmata dagli avvocati Patrizio Rovelli e Lorenzo Borrè, si fa presente che “fino al 16 febbraio la rappresentanza legale del Movimento competeva all’organo Capo politico, senonché con delibera del 17 febbraio l’assemblea degli iscritti ha modificato lo statuto abolendo tale organo e sostituendolo con il Comitato direttivo”. Ma, “senza che si sia proceduto contestualmente alla nomina dei cinque componenti, né prevista una norma transitoria che prevedesse a quale organo affidare la rappresentanza legale”. Insomma, secondo gli avvocati si è verificata una vacatio dei poteri di legale rappresentanza, ha spiegato Carla Cuccu, che ha chiesto la nomina di un curatore speciale proprio per poter “correttamente instaurare il contenzioso giudiziario“.

Cosa c’entra la storia della consigliera sarda con quella dei deputati espulsi? Il decreto del tribunale di Cagliari – che, va ricordato, è un atto emesso in assenza di contraddittorio - c’entra perché il MoVimento 5 Stelle è senza legale rappresentante visto che nell’ultimo voto su Rousseau ha abolito il capo politico mentre il nuovo comitato non si è ancora insediato. E i grillini si stanno già preparando a opporsi: segue la vicenda l’avvocato Andrea Ciannavei, “specialista” delle loro cause. Ma intanto la tesi politica è che se il M5s è impossibilitato ad espellere una consigliera regionale, allora è anche impossibilitato ad espellere deputati e senatori. In questa ottica, ha scritto l’AdnKronos ieri, ora i vertici dei 5 Stelle, Beppe Grillo e Davide Casaleggio in testa, si stanno interrogando sulla possibilità di riammettere i ribelli al governo tecnico, con un atto di clemenza che potrebbe contraddistinguere il nuovo corso contiano del Movimento. All'insegna di una pax interna che cancelli con un colpo di bianchetto le divisioni e i cartellini rossi delle ultime settimane.

Grillo - da Statuto è il Garante l'unico che potrebbe intestarsi una scelta simile - sembrerebbe a tratti convinto della necessità di procedere, dicono all'Adnkronos fonti molto vicine al garante. "Ne parla, si sta interrogando se procedere e potrebbe addirittura farlo a breve", racconta chi gli è vicino. Conscio anche delle ripercussioni legali - con gli inevitabili contraccolpi economici- delle 36 espulsioni, con alcuni dei 'cacciati', Nicola Morra e Barbara Lezzi in testa, che promettono battaglia, anche in tribunale. "Se chiedono danni e il giudice dovesse dargli ragione, allora sono guai...", si ragiona in ambienti pentastellati.

Il problema dei soldi in meno per il gruppo e per Rousseau e i due parlamentari contattati per la pace

Non secondario poi, raccontano alcuni beninformati, il salasso che ha comportato la cacciata di un numero così corposo di eletti dai gruppi parlamentari. Circa sessantamila euro in meno, calcola ancora l’Adn, per ogni deputato e senatore sottratti alle spese del gruppo alla voce comunicazione. A cui si aggiungono i 300 euro mensili che ciascun eletto versa, o meglio dovrebbe versare, all'associazione Rousseau.

Con questo scenario, nei giorni scorsi due parlamentari sono stati contattati da qualcuno all’interno del MoVimento che ha prefigurato loro la possibilità di essere reintegrati per tutti i parlamentari che hanno votato no a Draghi: una specie di “amnistia” che parte proprio da un’idea di Giuseppe Conte. Il quale, nella riunione all’Hotel Forum in cui ha detto sì all’ipotesi di diventare il nuovo capo del M5s, ha messo tra le condizioni proprio la chiusura dei contenziosi con gli eletti e quelli già cacciati, oltre all’ipotesi della nascita di una nuova associazione, prefigurando anche la possibilità di cambiare il nome alla creatura di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Una rivoluzione pacifica in nome della concordia (che probabilmente esploderà al primo voto difficile per il M5s sul governo Draghi). Ma anche con valide ragioni economiche. Visto che Conte, se diventa capo politico, diventa anche legale rappresentante del M5s, è comprensibile che non voglia guai.

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