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Domenica, 28 Aprile 2024
L'emergenza silenziosa

"Per assistere mia madre mi sono dovuta licenziare": così il governo Meloni ha beffato milioni di famiglie

Era tra gli obiettivi del Pnrr, ma gli ultimi provvedimenti del governo hanno svuotato la riforma che avrebbe dovuto rivoluzionare l'assistenza agli anziani. Gli over 65 non autosufficienti in Italia sono circa 3,8 milioni, nel 2050 saranno molto più di 5 milioni. Ad accudirli ci sono, quasi sempre, familiari che rinunciano alla propria vita lavorativa per dedicarsi alle cure. Ora arriva un bonus, ma nessuna misura strutturale

"E io dove metto la mia mamma?". È la domanda semplice che Cristina Mariani rivolge al suo datore di lavoro quando gli viene comunicato che deve tornare in ufficio. Cristina ha 49 anni e vive in provincia di Modena. La sua vita cambia nel 2015 quando sua madre ha un'aneurisma che le procura gravi danni neurologici. L'anno dopo perde suo padre e rimane sola ad accudirla. Per un po' riesce ad andare avanti assumendo una badante. Poi la mamma compie 65 anni, diventa ufficialmente "anziana"e, paradossalmente, i suoi diritti di disabile diminuiscono.

"Mia madre non ha una malattia neurodegenerativa e non ha 80 anni. Ci hanno abbassato l'assegno di cura e tolto l'incentivo regionale per l'assistenza. Mi sono trovata nella situazione di non potermi più permettere la badante. Ho utilizzato il congedo della 104 per un anno e tre mesi. Poi ho dovuto lasciare il lavoro per dedicarmi a lei. La accompagno in piscina e in palestra, cerco di stimolarla. Non ho alternative, anche portarla in un centro diurno non ha senso e comunque non è gratis" ci fa notare.

Oggi Cristina racconta il suo lavoro di caregiver dalle sue pagine social. Brevi reels, come quello che potete vedere sopra, in cui traspare l'affetto, la cura e anche l'ironia necessaria per prendersi cura della persona più importante della sua vita. "Io lo faccio volentieri, però vorrei un aiuto - racconta a Today.it - La cosa che fa più male è lottare contro i mulini e il continuo rimpallo di responsabilità delle istituzioni". E la sua non è una storia isolata.

"Noi, abbandonati dalle istituzioni nell'Italia che invecchia" 

Se le culle sono sempre più vuote, a crescere, negli ultimi 20 anni, è stato il numero di anziani. Nel 2022 la percentuale di persone con età superiore ai 65 anni era già il doppio di quella dei ragazzi e dei bambini. E la sproporzione aumenterà.

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L'Italia invecchia più velocemente del resto del mondo. Nel 2050 gli anziani saranno un terzo dell'intera popolazione italiana e circa 5,4 milioni di loro saranno non autosufficienti.  

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E con l'aumentare dell'età c'è più probabilità di essere colpiti da patologie croniche e invalidanti. "Le malattie cardiovascolari e il declino cognitivo sono tra i grandi rischi: più si lavora sulla prevenzione, migliore è la qualità di vita degli anziani. E minore il carico di lavoro e la spesa delle strutture sanitarie. Va rivoluzionata l'assistenza. Ma sottolineo che andrebbe ridotto anche il rischio di isolamento sociale e solitudine: Il 35 per cento degli anziani sono soli" racconta a Today.it, Andrea Ungar, geriatra, docente universitario e presidente della Società italiana di gerontologia e geriatria

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Secondo l’ultimo rapporto Istat circa il 52 per cento degli ultra 65enni presenta almeno tre malattie croniche, il 31% presenta gravi limitazioni della mobilità, il 28% problemi sensoriali e cognitivi e il 14,7% convive con uno stato ansioso depressivo perenne. Non solo, quasi il 14% degli ultra 85enni soffre di gravi malattie cognitive come demenza o Alzheimer. E ad accudire questi malati rimangono spesso solo i familiari. 

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"Mi ricorderò sempre quel giorno che ho attraversato la strada senza fare caso a chi passava e non ringrazierò mai abbastanza l’autista dell’autobus che è riuscito a non investirmi: ero esausta" ci racconta Stefania. Ha 57 anni, vive a Napoli e da 11 assiste la madre, malata di Alzheimer, oggi 90enne. Aveva un’edicola che gestiva con il suo compagno, chiusa dopo lo scoppio dell'epidemia di Covid. Oggi le sue giornate sono in gran parte destinate all’accudimento della madre. "Grazie al lavoro di mio padre, che era un impiegato pubblico, sono riuscita a ottenere degli incentivi per pagare una badante: così riesco a uscire almeno 2-3 ore alla mattina. Ma come tanti risento di un forte esaurimento nervoso che tampono come posso. Noi caregiver ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni e le strutture sanitarie oggi non sanno spesso trattare questo tipo di malati". 

La riforma del Welfare del governo: una scatola vuota 

La grande occasione per cambiare passo si chiamava Pnrr. Una legge molto ambiziosa, la 33 del 2023, ridefiniva completamente il perimetro dell'assistenza agli anziani. Ma, malgrado i proclami del governo, il decreto attuativo che doveva dargli sostanza, e che è stato approvato definitivamente lo scorso 11 marzo, ne tradisce gran parte delle premesse. 

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A mancare sono i soldi. La legge di bilancio non ha stabilito risorse aggiuntive per il decreto e i fondi (1 miliardo di euro in due anni) sono stati racimolati da altre voci di spesa. Due le conseguenze più evidenti: l'aiuto universalistico, auspicato dalla legge per gli anziani non autosufficienti, si è ristretto a una platea di circa 25mila persone. I criteri per ottenere il bonus da 850 euro sono infatti molto stringenti: bisogna avere più di 80 anni, patologie gravissime e un Isee inferiore ai 6mila euro. 

Con il caro badanti gli anziani sono più soli

"Nella legge l'indennità non era uguale per tutti, ma doveva essere universalistica e tarata sui bisogni delle famiglie - racconta a Today.it Annalisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanza Attiva - Inoltre doveva essere basata sull'erogazione di servizi e non solo su base monetaria. È diventata, nel decreto attuativo, una sorta di bonus per una platea di persone molto ridotta".

Una platea che lascia fuori in molti, anche quella famosa classe media che il governo dice di voler difendere. "Quanti hanno genitori over 80 con Isee sotto i 6mila euro? - chiede un utente su un gruppo facebook dedicato ai caregiver familiari - Ho un papà che soffre di Alzheimer, ha 78 anni e una mamma che ha il Parkinson, ne ha 75. Sono due pensionati, non due ricchi".

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Ma a mancare sono anche molti elementi essenziali della riforma. "Non c'è nulla di concreto sulla residenzialità, ci si appella a provvedimenti ulteriori. Ci aspettavamo che ci fosse una formula sull'assistenza domiciliare diversa da quella attuale, molto discontinua e non ritagliata sui bisogni delle persone, ma anche in questo caso non viene stabilito niente" insiste Annalisa Mandorino.

Nel testo definitivo del decreto, che Today.it ha potuto visionare in anteprima, c'è poca traccia delle modifiche proposte da Regioni e Commissioni parlamentari. E anche lo Snaa, il sistema nazionale di assistenza degli anziani che doveva, nelle intenzioni della legge, essere una sorta di programma di assistenza integrato per la terza età viene di fatto svuotato e relegato quasi unicamente a una dimensione "sociale".  La maggior parte delle critiche poste anche dal Patto per un nuovo Welfare sulla non autosufficienza e dal Forum Disuguaglianze Diversità, rimangono insomma attuali. L'unica nota realmente positiva è la riforma dei sistemi di valutazione della non autosufficienza che vengono concretamente semplificati. E che, nella nostra legislazione, oggi per la prima volta esiste un disegno organico che riguarda gli anziani non autosufficienti. 

E c'è anche chi è più possibilista: "Non era possibile pensare di rivoluzionare l'assistenza agli anziani con un decreto fatto in dieci mesi e le legge quadro è molto ambiziosa, dobbiamo lavorare per provare a realizzare tutti gli aspetti positivi che ci sono al suo interno: questo è un punto di partenza di un lungo percorso - osserva Andrea Ungar, che aggiunge - Di certo deve aumentare la spesa sanitaria di almeno un punto e mezzo di Pil. Non possiamo pensare di andare avanti con questi finanziamenti".

Il futuro: un Paese di anziani soli in una Sanità pubblica al collasso 

Ma il futuro non è certo roseo. Oggi il Welfare italiano, e la cura dei più fragili, è in gran parte affidato alle singole famiglie. E sono spesso le donne a farlo, abbandonando il proprio posto di lavoro o rinunciando alla propria vita privata. Un scenario impietoso che domani potrebbe essere addirittura peggiore.

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Mirella, 63 anni di Abbiategrasso in provincia di Milano ci risponde in quella che definisce la sua "ora d'aria". "Mio marito ha 74 anni ed è affetto da Alzheimer, ha bisogno di assistenza h24, stamattina non si ricordava come si fa la barba ad esempio. Andiamo avanti alla giornata" racconta a Today.it.

La patologia è stata scoperta in ritardo e oggi Mirella fa tutto da sola: "Mio marito è figlio unico e ha una mamma di 98 anni che risiede in una rsa. Mio fratello vive lontano. Non abbiamo una rete familiare di supporto e le giornate sono pesanti. Ogni tanto mi chiedo succederà un domani: di certo non sento di poter contare sullo Stato".

La sua storia è uno dei tanti simboli di un Paese che cambia e di una sanità ancora disegnata su un'Italia che non esiste più. "Paghiamo una visione che non riesce più a captare la maggioranza degli italiani - commenta Luana Zanella, deputata di Alleanza Verdi Sinistra che ha seguito l'iter parlamentare del "decreto anziani" - per cambiare paradigma dobbiamo investire molte risorse". 

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E il cambiamento è evidente. Nel 2019, secondo l'Istat più di una famiglia su tre in Italia (il 35,1 per cento) era formata da una sola persona. Negli anni '70 le famiglie formate da cinque componenti erano il 21,5% oggi appena il 5%. 

E se la tendenza è questa, è evidente che anche il Welfare non potrà più essere gestito dalle famiglie. Serve un cambio di passo urgente per il quale mancano però le risorse. La tragedia della pandemia doveva insegnarci a cambiare passo. Si sta purtroppo trasformando nell'ennesima occasione mancata. 

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