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Lunedì, 29 Aprile 2024
Digiuno intermittente

Digiuno intermittente o dieta ipocalorica: qual è la strategia alimentare migliore per dimagrire?

Secondo uno studio, i due schemi dietetici hanno effetti simili sia sulla perdita di peso che sul miglioramento dei parametri metabolici

Il “digiuno intermittente” è una dieta innovativa divenuta molto popolare perché facile da seguire, rispetto alla restrizione calorica giornaliera, non prevedendo l’assunzione di alimenti specifici nè porzioni limitate. Si tratta, infatti, di uno schema alimentare che si focalizza su "quando" mangiare piuttosto che su "quanto" mangiare. Ma sull’efficacia e la sicurezza a lungo termine del regime alimentare a tempo limitato per la perdita di peso ci sono pareri contrastanti tra gli esperti, anche perché mancano prove scientifiche chiare. C’è chi ritiene che il consumo delle calorie solo per un certo numero di ore del giorno (o, in alcuni casi, il digiuno in alcune fasce orarie della giornata o in alcuni giorni della settimana) sia dannoso per la salute, c’è chi, invece, crede che abbia effetti positivi sull’aspettativa di vita e sui processi di invecchiamento.

Tra gli ultimi studi condotti sul digiuno intermittente c’è quello del Nanfang Hospital Southern Medical University (Cina), e pubblicato sul New England Journal of Medicine. Dai risultati è emerso che tra i pazienti con obesità, il regime alimentare a tempo limitato non è stato più vantaggioso per quanto riguarda la riduzione del peso corporeo, del grasso corporeo o dei fattori di rischio metabolico rispetto alla restrizione calorica giornaliera.

Tipologie di digiuno intermittente

Il digiuno intermittente è uno schema dietetico basato su periodi di restrizione calorica alternati a periodi di normale assunzione di cibo. Prevede, quindi, l'assunzione di una minore quantità di calorie, senza però ridurre l'apporto dei nutrienti fondamentali o le porzioni. Esistono 3 tipologie differenti: lo schema 16/8 in cui si digiuna per 16 ore al giorno e si consumano i pasti nelle 8 ore restanti, eseguito in genere su un massimo di 2 giorni alla settimana; lo schema 5:2 in cui sono previsti apporti calorici imitanti il digiuno (circa 500-600 kcal) durante 2 giorni in una settimana, mentre i restanti 5 si mangia normalmente; lo schema “Eat-Stop-Eat” in cui si digiuna per 24 ore consecutive uno o due giorni alla settimana. Il più diffuso e valido è il metodo 16/8, ed è questo lo schema utilizzato per lo studio.

Lo studio

I ricercatori hanno reclutato 139 persone con un'età media di 32 anni e con obesità (71 uomini e 68 donne), e li hanno divise in maniera casuale in due gruppi: il primo doveva mangiare per un tempo limitato, tra le 8:00 e le 16:00 (adottando così il metodo 16/8), e con restrizione calorica giornaliera, mentre il secondo gruppo doveva seguire solo la restrizione calorica giornaliera. Per 12 mesi, tutti i partecipanti sono stati istruiti a seguire una dieta ipocalorica composta da 1500-1800 kcal al giorno per gli uomini e da 1200-1500 kcal al giorno per le donne, che prevedeva questo equilibrio tra i nutrienti: 40-55% di carboidrati, 15-20% di proteine e 20-30% di grassi. I partecipanti hanno ricevuto consigli dietetici da nutrizionisti qualificati e opuscoli informativi dietetici con consigli sulle porzioni e sui menù di esempio da seguire. Inoltre, è stato chiesto loro di registrare scrupolosamente la loro assunzione di cibo, utilizzando un diario alimentare, fotografie e un'app mobile personalizzata.

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Digiuno intermittente e restrizione calorica hanno effetti simili

Dopo 12 mesi, i ricercatori hanno notato che le due diete avevano avuto quasi gli stessi effetti. A 12 mesi, il peso dei partecipanti si era ridotto di -8,0 kg per il gruppo che aveva seguito il digiuno intermittente e di -6,3 kg per il gruppo che aveva seguito solo la restrizione calorica. Le variazioni di peso non erano, quindi, significativamente diverse nei due gruppi. Differenze minime si sono osservate anche per quanto riguarda la circonferenze della vita, l’indice di massa corporea, la massa grassa, la massa magra, la pressione sanguigna e altri fattori di rischio metabolico (quali migliori livelli di zucchero di trigliceridi nel sangue, e una migliore sensibilità all’insulina). Infine, non sono state osservate differenze sostanziali tra i gruppi neanche nel numero di eventi avversi.

"Nel nostro studio - hanno spiegato i ricercatori -, abbiamo scoperto che i due regimi dimagranti che abbiamo valutato hanno avuto un successo simile nei pazienti con obesità, indipendentemente dal fatto che abbiano ridotto il loro consumo calorico attraverso un'alimentazione limitata nel tempo o solo attraverso la restrizione calorica”.

E allora.. quale dieta scegliere?

Molti studi hanno dimostrato come il digiuno intermittente sia capace non solo di fare perdere peso ma anche di apportare benefici alla salute (regola il glucosio nel sangue, abbassa i trigliceridi e il colesterolo nel sangue, controlla la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca a riposo). “Mangiare nella fascia 8-16 (quando il sole è più alto all’orizzonte) è l'approccio migliore - ha sottolineato Stefano Erzegovesi, primario del Centro Disturbi del comportamento alimentare all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano -. Se si consuma troppo nelle ore pomeridiane e, soprattutto serali, ci si “scontra” con una maggiore insulino-resistenza (questo riguarda tutte le persone, non solo i diabetici) e inoltre il pasto serale a ridosso del sonno rende meno efficienti i meccanismi di pulizia cerebrale che si attivano di notte”.

Mangiare per un tempo limitato può rivelarsi, quindi, un approccio utile per dimagrire e migliorare nello stesso tempo la salute metabolica senza dover ricorrere alla più ‘faticosa’ restrizione calorica, ma sono necessari ulteriori studi per indagare meglio la sua efficacia e sicurezza (se protratto nel tempo, il digiuno prolungato e ripetuto può, infatti, comportare seri danni all'organismo). A tal proposito il concetto di mangiare per un tempo limitato si sta evolvendo e perfezionando. "Studi futuri - hanno dichiarato gli autori dello studio - determineranno la durata appropriata della finestra temporale per mangiare, chi è più probabile che tragga beneficio da questo approccio, come implementare il mangiare per un tempo limitato e i potenziali meccanismi per farlo, e, infine, gli effetti del mangiare per un tempo limitato al mattino rispetto al tardo pomeriggio”.

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