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Lunedì, 29 Aprile 2024
Come donare il midollo

"Donate il midollo in nome di Sinisa". L'appello dell'oncoematologo, ecco come diventare donatori

"La donazione di midollo è estremamente importante. Solo se aumenterà il numero delle donazioni, tutti coloro che si ammaleranno di leucemia potranno avere una possibilità di guarigione più alta". L’intervista al dott. Claudio Cerchione, Presidente della SOHO Italy

Dopo la camera ardente allestita ieri in Campidoglio, si sono tenuti questa mattina, presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, a Roma, i funerali di Sinisa Mihajlovic, morto all’età di 53 anni. L’ex allenatore del Bologna aveva scoperto il 13 luglio 2019, per caso, giocando a padel, di essere affetto da una leucemia mieloide acuta. Il 29 ottobre è stato ricoverato al Sant'Orsola di Bologna per il trapianto di midollo e dimesso il 22 novembre. Ma agli inizi del 2022 la malattia si è ripresentata. Da lì ha avuto inizio un nuovo calvario conclusosi con la sua morte il 16 dicembre scorso. In occasione del pre-partita di Bologna-Atalanta, il 15 dicembre 2019, Sinisa Mihajlovic, si era presentato a fianco dell’Ail (Associazione italiana per la lotta alla leucemia, linfomi e mielomi) e dallo Stadio Dall'Ara aveva lanciato un appello: “In Italia non si dona abbastanza. Siamo indietro rispetto ai Paesi del Nord, agli Stati Uniti e alla Germania. Il trapianto di midollo salva vite, quindi donate: io purtroppo non posso più”.

A rilanciare ora questo appello Claudio Cerchione, dirigente medico e ricercatore presso l'Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori "Dino Amadori" - IRST IRCCS, nonchè Presidente della Society of Hematologic Oncology (SOHO) Italy. "Nel nostro Paese - spiega a Today l'oncoematologo, - sono necessari circa 1.000 nuovi donatori effettivi all’anno. Una stima che deve assolutamente subire un aumento, se si tiene conto del fatto che il trapianto delle cellule staminali ematopoietiche è attualmente al centro di ricerche anche nel campo dei tumori solidi. Nel 1990, anno di nascita di ADMO (Associazione Donatori di Midollo Osseo), i donatori italiani erano 2500, mentre oggi i potenziali donatori in iscritti attivi al Registro sono comunque saliti a 469.650 (+1,9%). La probabilità per un paziente italiano di trovare un donatore idoneo è passata dal 10% nel 1992 al 40% nel 1995, all’attuale 50% circa". 

Dott. Cerchione, cosa è la leucemia mieloide acuta, e con quali sintomi si manifesta?

"Vorrei per prima cosa fare una distinzione tra le leucemie acute, ad esordio improvviso, e le leucemie croniche, con decorso spesso indolente e ottima risposta ai farmaci disponibili. La leucemia mieloide acuta, neoplasia che ha colpito Sinisa, è un tumore del sangue, che si origina dalla improvvisa ed incontrollata proliferazione di cellule immature, chiamate "blasti", che invadono il midollo osseo, come dei veri e propri "scioperanti" che bloccano la "fabbrica" delle cellule del sangue, rendendo insufficiente in tal modo la produzione delle cellule "normali" come i globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine, con i conseguenti sintomi caratteristici costituiti rispettivamente dall'aumentata predisposizione alla febbre ed alle infezioni, l'astenia spesso di grado severo, correlata a pallore e dispnea, e le emorragie, spesso anche spontanee. L'esordio è improvviso ed imprevedibile".

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Quali sono i fattori di rischio?

"Non si conoscono fattori predisponenti, a parte i noti inquinanti ambientali che predispongono allo sviluppo di tutte le neoplasie, nè esistono purtroppo dei programmi di prevenzione, ma voglio sottolineare che non si tratta di una patologia ereditaria, e che in letteratura sono riportati soltanto rarissimi casi di forme familiari, con specifiche alterazioni genetiche. Nella maggioranza dei casi, la malattia infatti può originare in maniera rapida e inattesa, senza alcun preavviso precedente, nè pre-esistenti alterazioni degli esami del sangue. Esistono, tuttavia, casi di forme "secondarie" in cui questa malattia derivi dalla progressione di altre neoplasie ematologiche, come le sindromi mielodisplastiche, o, più raramente, le sindrome mieloproliferative, o in seguito a trattamenti chemioterapici o radioterapici effettuati precedentemente per altri tumori".

Come viene diagnostica questa neoplasia?

"Il primo esame che si effettua è un semplice esame emocromocitometrico, se possibile con valutazione della morfologia, al quale segue immediatamente una biopsia osteo-midollare, che permette la conferma diagnostica e la caratterizzazione del tipo di leucemia acuta mieloide, mediante l’analisi morfologica, dell’immunofenotipo delle cellule, della citogenetica e della biologia molecolare. Questi esami permettono di individuarne le caratteristiche molecolari e citogenetiche, che non soltanto forniscono importanti informazioni in termini di stratificazione prognostica, ma in molti casi permettono anche di accedere a terapie personalizzate".

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Che incidenza ha nella popolazione?

"La leucemia acuta mieloide ha un’incidenza di circa 3-4 casi per 100.000 persone all’anno. In Italia vi sono quindi circa 2000 persone che si ammalano ogni anno. Il rischio di sviluppare questa malattia aumenta progressivamente con l’età, e la maggioranza dei casi si presenta in età più avanzata, con un picco dopo i 60-65 anni, ma va sottolineato che esistono anche forme pediatriche e del giovane adulto. Occorre tuttavia sottolineare che manca uno specifico registro nazionale, che potrebbe aiutare ad approfondire sia l'epidemiologia che il decorso della patologia".

Come si curano queste leucemie?

"La scelta della terapia della leucemia acuta mieloide dipende da diversi fattori, come l’età, le condizioni generali del paziente e le sue comorbidità, oltre naturalmente alle caratteristiche specifiche della malattia stessa. Per i pazienti giovani, dove consideriamo di solito giovani i pazienti fino a 70 anni (talvolta 75 in caso di particolari condizioni generali), la terapia si basa sulla chemioterapia intensiva, con una prima fase, quella di induzione, che ha l'obiettivo di ripulire il midollo, con l'ottenimento della remissione della malattia, a cui segue la terapia di consolidamento, che mira appunto a consolidare e migliorare la risposta ottenuta. A questi trattamenti, in alcune categorie di pazienti, ed in seguito all'ottenimento della remissione della malattia, può seguire il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (come nel caso di Sinisa), per il quale vengono utilizzate le cellule di un donatore, che, se non disponibile tra i familiari, viene individuato dal registro. E' fondamentale, pertanto, iscriverci tutti ai registri tramite i quali, al momento del bisogno, potremmo essere chiamati a donare per salvare una vita. Per i pazienti più anziani o per i giovani con importanti comorbidità che controindicano la chemioterapia ad alte dosi, la terapia si basa su agenti ipometilanti (capaci di interferire con le alterazioni epigenetiche), da soli o in combinazione con nuovi farmaci. Fino a qualche anno fa la prognosi delle leucemie acute mieloidi era davvero infausta, per le terapie disponibili  di scarsa efficacia. Gli ultimi 4-5 anni hanno inaugurato una nuova era nella terapia delle leucemie acute, con l'avvento e l'approvazione di nuove terapie mirate, programmi di cura personalizzati e lo sviluppo di nuove combinazioni di farmaci, oltre al perfezionamento delle terapie di supporto".

Quali sono le novità sul fronte delle cure?

"Le novità principali riguardano l'individuazione di nuovi marcatori molecolari e il conseguente sviluppo di farmaci a bersaglio molecolare, molti dei quali già disponibili nella pratica clinica, altri all'interno di protocolli di ricerca. Tra questi meritano una citazione gli inibitori di FLT3, una proteina mutata frequentemente in questa patologia, come la midostaurina che si utilizza in associazione alla chemioterapia intensiva in prima linea, ed il gilteritinib che viene utilizzato in monoterapia in pazienti con malattia recidivata o refrattaria, ma per il quale sono in corso studi in associazione con risultati molto incoraggianti. Presto avremo a disposizione nella pratica clinica in Italia anche gli inibitori di IDH1 ed IDH2 (ivosidenib ed enasidenib), che inibiscono altre proteine spesso mutate nelle LMA, e la nuova formulazione orale dell’azacitidina disponibile, che sarà il primo farmaco a poter essere utilizzato come terapia di mantenimento, con l'obiettivo di un controllo continuo di malattia".

Il mondo è scosso dalla prematura scomparsa di Sinisa. In che modo la sua battaglia può aiutare i tanti pazienti che ancora la combattono?

"Mi unisco alle condoglianze alla famiglia Mihajlovic, sottolineando quanto Sinisa sia stato un grandissimo guerriero, enorme stimolo per i nostri pazienti e per i loro parenti che ogni giorno lottano contro i tumori ematologici. Vorrei lanciare un appello a tutto il mondo del calcio in nome di Sinisa: aiutateci nella ricerca contro queste malattie. Sarebbe molto importante che tutti i calciatori di Serie A donassero per una ricerca mirata a questa patologia e per i progetti che stiamo realizzando in IRST, che prevedono la creazione di registri mirati e lo sviluppo di nuove terapie e nuove combinazioni, magari dedicando questo progetto alla memoria di Sinisa".

Come si diventa donatori di midollo osseo?

"Per diventare donatori di midollo osseo è necessario presentarsi, senza impegnativa medica, presso un Centro Donatori che aderisce al progetto e che farà firmare al donatore l’adesione al Registro Italiano Donatori Midollo Osseo. Esistono due diverse modalità di prelievo per la donazione: la prima modalità avviene attraverso prelievo di sangue periferico (dal braccio) dopo stimolazione di fattori di crescita emopoietici (G-CSF) per 3-4 giorni con iniezioni sottocutanee. La seconda modalità, sempre più rara, consiste nel prelievo di midollo osseo dalle creste iliache posteriori (ossa del bacino) e richiede l’ospedalizzazione del donatore. L’intervento ha una durata media di 45 minuti e avviene in anestesia generale o epidurale. La quantità di sangue midollare prelevata varia in base al peso del donatore, il quale, dopo il prelievo, viene tenuto in osservazione per 48 ore. Durante il trattamento è possibile avere disturbi, solitamente lievi e di breve durata, come febbre, mal di testa o dolori ossei legati al farmaco somministrato, ma tali effetti indesiderati scompaiono al termine del trattamento. Il donatore, sia volontario che parente di paziente, qualunque sia stata la modalità di donazione, viene poi seguito anche a distanza di anni per controlli: la donazione non comporta, comunque, nessun tipo di menomazione".

Per avere altre informazioni su come diventare donatori vai sul sito dell'ADMO.

Il dott. Claudio Cerchione, Presidente della SOHO Italy

Dott. Caludio Cerchione

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