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Sabato, 27 Aprile 2024
L'analisi / Cina

Guerra in Ucraina: perché la Cina rischia di pagare un prezzo altissimo

Il dubbio che la Cina possa finire colpita dalle sanzioni occidentali è forte

A due mesi dallo scoppio della guerra russa in Ucraina, la pace sembra sempre più lontana. Mosca rivendica il successo di aver conquistato la città orientale di Mariupol, roccaforte del battaglione Azov, il gruppo militare nazista contro cui il presidente russo Vladimir Putin ha scagliato la sua forza militare. Ma la guerra ha un costo pesante, sia a livello di perdite umane, sia sul fronte economico. La Russia è stata colpita dalle sanzioni occidentali, che sembrano essere efficaci. Tuttavia Mosca continua dritta per la sua strada, consapevole che al suo fianco c'è un gigante economico: la Cina.

Le sanzioni cominciano a fare davvero male alla Russia

Il disincanto europeo 

La guerra della Russia contro l'Ucraina, che Pechino tacitamente sostiene, ha spinto Stati Uniti e Ue a riavvicinarsi e distanziarsi, invece, da chi non condanna le azioni del Cremlino. Il vertice sino-europeo dello scorso 1° aprile - definito dall'Alto Rappresentante dell'Ue, Josep Borrell, un "dialogo tra sordi" - ha mostrato quanto i leader europei stiano abbracciando gradualmente una posizione più antagonista nei confronti del governo cinese di Xi Jinping.

Bruxelles: "La Cina si impegni per fermare la guerra"

La Cina, tuttavia, non vuole riconoscere la realizzazione di un disaccoppiamento europeo. Pechino ha sempre considerato Bruxelles come l'ala più morbida dell'occidente, spingendo il blocco europeo a intrattenere relazioni commerciali e diplomatiche con il gigante cinese e a non percorrere la strada tracciata da Washington. E da tempo respinge la postura più cauta dell'Ue, che nel 2019 ha definito la Cina un "partner strategico ma rivale sistemico che promuove modelli di governance alternativi".

La linea europea sulla Cina, come sottolineato dall'analista del gruppo Rhodium, Noah Barkin, si è inasprita negli ultimi cinque anni, ma attualmente le relazioni bilaterali stanno entrando in una nuova fase. Una postura più assertiva dell'Ue non è però il risultato delle pressioni statunitensi, ma delle distanze aumentate tra Bruxelles e Pechino in risposta alle repressioni cinesi a Hong Kong, Xinjiang e Taiwan. La crescita del disincanto europeo nei confronti di Pechino si spiega osservando la relazione "senza limiti" tra Putin e Xi Jinping, promossa in più occasioni nelle ultime settimane.

Le conseguenze della guerra per la Cina

La Cina potrebbe pagare presto un alto costo per il suo sostegno alla Russia. Stando ai recenti dati delle autorità doganali cinesi, nel primo trimestre del 2022 gli scambi commerciali tra Russia e Cina sono aumentati del 30,4 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, per un valore di 38,18 miliardi di dollari. Come sottolineato da Reuters, l'andamento di import ed export non ha subito variazioni rispetto al passato.

Ma la testata Bloomberg ha invece evidenziato come l'export cinese verso la Russia sia crollato del 7,7 per cento rispetto al 2021, da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina. Al contrario, invece, l'export russo in Cina è cresciuto del 26,4 per cento nel primo trimestre del 2022, in calo comunque dell'8,3 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. La riduzione degli scambi commerciali bilaterali, resa più evidente dallo scoppio della guerra russa in Ucraina, segnala un atteggiamento più cauto della Cina.

Il caso della China UnionPay, il fornitore cinese di servizi di pagamento cross-border che ha fatto dietro front sulla collaborazione con gli istituti bancari russi, è l'emblema di quanto la Cina sia prudente nelle relazioni con Mosca per non subire sanzioni da parte della comunità internazionale. Pechino cerca al contempo di tutelare il rapporto commerciale con Bruxelles. Valutando gli ultimi dati trimestrali, gli scambi cinesi con Mosca corrispondono a un quinto di quelli tra Cine e Ue.

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La cinese UnionPay interrompe la collaborazione con la banca russa Sberbank

A rischio la tenuta politica della Cina  

Minxin Pei sull'Aspi evidenzia però come la strategia economica della "prosperità comune" promossa dal Partito comunista cinese possa essere messa in discussione sia per fattori interni (come la recrudescenza dei contagi di Covid-19), sia da quelli esterni (come la guerra in Ucraina). Prendendo in prestito le parole di Filippo Fasulo sull'Ispi, "la prosperità comune va letta in continuità con la “strategia della doppia circolazione” presentata con altrettante enfasi nel 2020 e che propone di rinforzare la componente interna dell’economia (consumi e innovazione) riducendo la dipendenza dalle esportazioni e dagli investimenti per minimizzare i rischi derivanti dalla volatilità dei cicli economici internazionali".

L'obiettivo di crescita annuale del Pil del 5,5 per cento previsto dal governo cinese per il 2022 è tra i più bassi degli ultimi decenni. Il Fondo monetario internazionale lo scorso 19 aprile ha ridotto le sue previsioni di crescita per la Cina al 4,4 per cento, ben al di sotto dell'obiettivo di Pechino. A frenare la crescita è il mercato interno, fortemente penalizzato dalla chiusure legate al Covid e dalla crescita dell'inflazione: l'aumento dei prezzi, infatti, implica l'aumento dei costi dell'import cinese. I dati ufficiali della People's Bank of China (PBOC) hanno mostrato che l'inflazione è aumentata più del previsto, all'1,5 per cento a marzo dallo 0,9 per cento nel mese di febbraio.

Quali sono le conseguenze (per noi) dell'ultimo lockdown cinese

Il dubbio che la Cina possa finire colpita dalle sanzioni occidentali è forte, determinando, come conseguenza, una fuga epocale di capitali all'estero. In questo ottica, il presidente Xi ieri al Boao Forum ha messo in chiaro come il disaccoppiamento non sia possibile in un mondo globalizzato. Ma Pechino, se permetterà alla Russia di dividere il mondo con la sua guerra all'Ucraina, dovrà affrontare conseguenze economiche e sociali, che peseranno su quel "patto di fiducia" tra cinesi e Partito comunista.

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