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Domenica, 28 Aprile 2024
Analisi e scenari / Russia

Perché l'Isis-K vuole colpire la Russia di Putin

Da quasi dieci anni va avanti un conflitto tra la Russia e lo Stato islamico, che tocca vari territori. Il progetto di un "nuovo califfato", che include alcune ex-repubbliche sovietiche, viene ostacolato dal Cremlino che contro Isis era sceso in guerra in Siria

La Russia inizia a fare i conti con l'Isis dopo l'attentato di venerdì 22 marzo al Crocus City Hall di Mosca, rivendicato dallo Stato Islamico e costato la vita ad almeno 137 persone. Quattro sospetti - degli 11 arrestati - sono già apparsi in tribunale a Mosca: sono identificati come Saidakrami Murodali Rachabalizoda, Dalerdzhon Barotovich Mirzoyev, Shamsidin Fariduni e Muhammadsobir Fayzov. Ufficialmente risultano essere cittadini del Tagikistan e al termine dell'udienza sono stati rispediti in custodia per due mesi. Le accuse nei loro confronti sono di "attacco terroristico" e tutti e quattro si sono dichiarati colpevoli.

Lo Stato islamico ha rilasciato diversi filmati prendendosi la paternità del massacro. Di sicuro il gruppo terroristico che ha compiuto una strage a Mosca finora aveva agito in Afghanistan e in Iran, dove ha compiuto lo scorso gennaio due gravi attentati in cui hanno perso la vita oltre 100 persone. Nella capitale russa l'organizzazione islamista è stata in grado di agire indisturbata per oltre un'ora in una delle città tra le più controllate al mondo, approfittando con ogni probabilità di una serie di falle nei servizi di intelligence. 

Il progetto di califfato nella "terra del sole"

Nonostante la rivendicazione da parte dell'Isis, Putin non ha mai nominato il gruppo terroristico islamista, accusando invece il "lato ucraino" di essere coinvolto nell'attentato. Da quasi dieci anni in realtà va avanti un conflitto tra la Russia e lo Stato islamico, che tocca vari territori. Ricordiamo che l'Isis-K aveva già preso di mira Mosca nel 2022, quando aveva effettuato un attacco suicida contro l'ambasciata russa a Kabul, uccidendo otto persone, tra cui due dipendenti dell'ambasciata.

L’organizzazione è conosciuta anche come Stato islamico del Khorasan (Iskp), dove il termine Khorasan si traduce come "la terra del sole". Il riferimento è ad una regione storica che comprende parti dell'Afghanistan, del Pakistan e dell'Iran. Secondo gli esperti internazionali, Isis-K ha un gruppo di combattenti stranieri provenienti dall'Asia meridionale e centrale, dal Medio Oriente e da alcune parti dell'Europa. L’obiettivo ultimo è quello di fondare un nuovo califfato che riunisca Afghanistan, Pakistan ed Iran, in grado di assorbire anche alcune ex repubbliche sovietiche, come il Turkmenistan, il Tagikistan e l'Uzbekistan. 

L'Isis-K in Afghanistan

Secondo il Dipartimento di Stato Usa, il leader del gruppo è Sanaullah Ghafari, noto anche come Shahab al-Muhajir, nominato in qualità di "emiro" nel giugno 2020. L’attenzione dell’Iskp si è concentrata sulla Russia dal momento del ritiro delle truppe statunitensi dall'Afghanistan. I vertici dell’organizzazione si sono rafforzati e hanno iniziato a cercare nuovi obiettivi al di fuori del Paese controllato dai talebani, che l'Isis-k reputa acerrimi nemici. Nell'ottica di Mosca, bloccata ad Occidente da sanzioni di vario genere, l'Afghanistan fornisce l'accesso a nuove rotte commerciali. Per questa ragione il Cremlino ha rafforzato i suoi legami coi talebani, che dal canto loro sperano di ottenere quel riconoscimento e sostegno internazionale di cui sono al momento privi, anche se hanno criticato Putin in merito al conflitto in Ucraina.

Il conflitto in Siria

Gli esperti fanno risalire l'inizio di un conflitto a distanza tra Russia ed estremismo islamico al 2015, dopo che Putin decise di sostenere anche con aiuti militari il presidente Bashar al-Assad contro lo Stato islamico, che dal 2014 rivendica una parte del territorio della Siria. Nel 2018 il Cremlino ha dispiegato una missione in Siria che ha visto schierati direttamente militari russi. Si è trattato del primo caso, dopo la fine della guerra fredda nel 1991, in cui la Russia è entrata in un conflitto armato fuori dei confini appartenuti all'Unione Sovietica. La presenza militare russa nel Paese avrebbe attirato volontari ceceni ed altri russi ciscaucasici, che hanno deciso di schierarsi contro il governo di Bashar al-Assad. Secondo il  Washington Post, nel 2014 il Cremlino era preoccupato del rientro di questi combattenti in Russia e dei loro legami con i militanti in Siria. Secondo le stime dell'International Business Times del 2015, c'erano 2.500 cittadini russi che militavano nell'Isis, reputati da Putin una minaccia per il suo Paese.

Indipendentismo islamico in Cecenia

Le prime ribellioni islamiste contro la Russia affondano le radici in Cecenia, uno Stato della Federazione russa che risulta ufficialmente una repubblica, ma che oggi di fatto è governata da uomini appoggiati dal Cremlino. Da decenni va avanti una lotta per l'indipendenza, che ha provocato ingenti perdite nella popolazione cecena e in quella russa. Volendo limitarci agli sviluppi più recenti, negli anni '90 separatisti ceceni, riconosciuti come miliziani jihadisti non inquadrati nell'esercito ceceno, invasero il Daghestan e sferrarono una serie di attacchi dinamitardi in varie cittadine russe, causando decine di vittime. Nel 2002 avvengono i sanguinosi fatti del Teatro Dubrovka, quando un gruppo di 40 militanti armati ceceni hanno sequestrato e tenuto in ostaggio circa 850 civili. L'intervento delle forze armate russe si è concluso con la morte di oltre 150 persone.

Da quel momento Putin ha deciso di agire in maniera più radicale nel territorio ceceno. In pochi anni sono stati eliminati i vertici degli indipendentisti e le truppe speciali russe hanno svolto una serie di operazioni contro il terrorismo in Cecenia, conclusesi ufficialmente nel 2009. Le atrocità commesse dai russi in Cecenia vennero denunciate da Anna Politkovskaya, la giornalista russa uccisa sul pianerottolo della sua casa a Mosca il 7 ottobre 2006. I separatisti ceceni non hanno mai smesso di muoversi in vari conflitti contro la Russia, offrendosi come volontari nella guerra in Donbass e in Ucraina.

Le mire dello Stato islamico sul Tajikistan

Il Tagikistan è uno Stato dell'Asia centrale, che in passato ha fatto parte delle Repubbliche socialiste sovietiche e che oggi rientrerebbe nei piani dell’Isis-k di creare un nuovo califfato. Proverrebbero da lì i quattro attentatori arrestati per l'attentato a Mosca. Il ministero degli Esteri del Tagikistan ha inizialmente negato che i sospetti fossero cittadini del suo Paese. Nel recente passato però numerosi cittadini radicalizzati dall'Asia centrale, tra cui il Tagikistan, sono stati segnalati per essere stati reclutati dall'Iskp. Nel corso di una telefonata col presidente russo, il leader del Tagikistan, Emomali Rahmon, "ha detto che i servizi di sicurezza e le agenzie competenti della Russia e del Tagikistan stanno lavorando a stretto contatto per contrastare il terrorismo, e questo lavoro sarà intensificato". 

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