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Sabato, 27 Aprile 2024
Lo studio

Un'auto elettrica su quattro venduta in Europa è prodotta in Cina

Un'analisi di T&E prevede una crescita nel 2024 delle vendite di veicoli a emissioni zero provenienti da Pechino. Ma il vero dominio cinese riguarda le batterie

Nel 2024, un'auto elettrica su quattro venduta in Europa sarà costruita in Cina. Una quota in crescita rispetto all'anno scorso, quando i veicoli a emissioni zero prodotti dagli stabilimenti cinesi erano stati il 19% del totale. È quanto stima un'analisi di Transport & Environment (T&E), think tank che si occupa di mobilità sostenibile. T&E sottolinea come la maggior parte delle importazioni in Europa dalla Cina abbia finora riguardato le automobili elettriche di marchi Ue e Usa (Tesla, Dacia e BMW). Ma già nel 2024, il think tank prevede un aumento deciso delle vendite nel mercato europeo di veicoli a batteria prodotti direttamente da case cinesi, come Byd: secondo T&E la quota dei produttori di Pechino dovrebbe essere dell'11% quest'anno per arrivare al 20% nel 2027.

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Previsioni che però andranno riviste qualora Bruxelles dovesse imporre dei dazi pari al 25% all'import di auto dalla Cina. La motivazione ufficiale delle tariffe sarebbe l'eccesso di sussidi pubblici che il governo di Pechino riversa sui suoi big dell'automotive e sulla filiera della produzione delle batterie. Ma nei fatti, i dazi dovrebbero servire a rendere più costose le auto cinesi riducendo il divario nei prezzi con quelle europee. "Le tariffe costringeranno le case automobilistiche a localizzare la produzione di veicoli elettrici in Europa, e questa è una buona cosa perché vogliamo questi posti di lavoro e competenze", dice Julia Poliscanova di T&E. La quale però lancia un avvertimento alla Commissione affinché non pensi di risolvere il gap tecnologico con Pechino solo con le tasse sull'import: i dazi, dice, "non proteggeranno a lungo le case automobilistiche tradizionali. Le aziende cinesi costruiranno fabbriche in Europa e quando ciò accadrà la nostra industria automobilistica dovrà essere pronta".

Byd, per esempio, ha già raggiunto un accordo con il premier Viktor Orban per aprire in Ungheria il suo primo stabilimento europeo. E pare che anche il governo italiano, preoccupato dal disimpegno di Stellantis, abbia pensato a un accordo simile con il colosso cinese. Ecco perché, suggerisce T&E, "è fondamentale che tariffe più elevate siano accompagnate da una spinta normativa per aumentare la produzione di veicoli elettrici (in Europa, ndr), compresi obiettivi di elettrificazione per le flotte di auto aziendali entro il 2030, oltre all'obiettivo concordato del 100% di auto pulite nel 2035".

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Quello della produzione casalinga, però, non è l'unico nodo da risolvere per l'Europa. Se le case Ue sono in ritardo rispetto a Byd e soci nello sviluppo dell'elettrico, la ragione va cercata anche nella dipendenza dalla stessa Cina per la produzione di batterie agli ioni di litio. "Le batterie sono il nuovo solare - dice ancora Poliscanova - La Cina è in vantaggio e le sue aziende sostenute dallo Stato hanno un'enorme sovraccapacità". Oggi, le celle prodotte a Pechino "sono almeno il 20% più economiche che in Europa e i produttori di batterie cinesi sono all'avanguardia in termini di tecnologia e catene di approvvigionamento", si legge nell'analisi di T&E. "Anche gli Stati Uniti stanno attirando investimenti nelle batterie attraverso generosi sussidi", ricorda il think tank. Una strada che anche l'Europa dovrebbe seguire, con politiche industriali che promuovano la produzione locale e con dazi anche sulle batterie cinesi, conclude T&E.

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