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Lunedì, 29 Aprile 2024
Lo scenario

Pensioni: chi può lasciare il lavoro a 60 o 63 anni nel 2024, secondo le ipotesi di oggi

Il prossimo 5 settembre il governo incontrerà le parti sociali e comincerà a definire le nuove condizioni dei due anticipi pensionistici opzione donna e ape sociale. Cosa sappiamo finora

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Tutto è stato rimandato al mese di settembre, ma sulle pensioni il quadro sembra essere chiaro già adesso: opzione donna, cioè l'uscita anticipata dal lavoro con il ricalcolo contributivo dell'assegno che l'ultima manovra ha limitato a una ristretta platea di lavoratrici, l'anno prossimo non resterà probabilmente così com'è oggi. Pare impossibile, al momento, il ripristino dei requisiti in vigore l'anno scorso: 58 anni d'età - 59 per le "autonome" - e 35 di contributi. A fare la differenza, però, saranno come sempre le risorse che il governo deciderà di spendere nella prossima legge di bilancio. L'ultimo incontro del 26 giugno scorso tra il governo e le parti sociali non ha chiarito i dubbi sul futuro di questa misura che, probabilmente, vedrà una discussione più approfondita il prossimo 5 settembre, come stabilito dalla ministra del lavoro Marina Elvira Calderone.

Pensioni: cosa può cambiare su opzione donna e ape sociale nel 2024

Quali sono i possibili cambiamenti per l'uscita anticipata dal lavoro con opzione donna? Sono almeno due le possibilità presenti sul tavolo, oltre a quella a cui più guardano le opposizioni e i sindacati, cioè il ripristino dei requisiti in vigore nel 2022 (58 anni d'età, 59 per le lavoratrici autonome, e 35 di contributi), a cui per mesi ha guardato con interesse anche la titolare del dicastero del lavoro. Oggi però l'orientamento sembra essere diverso. Una delle idee è quella di allargare la platea attuale, permettendo a tutte le donne con almeno 60 anni di andare in pensione senza distinzioni legate al numero di figli o al lavoro. Ad oggi potevano decidere di ritirarsi dal lavoro in anticipo soltanto le caregiver, le invalidi civili in misura pari o superiore al 74% e coloro che erano state licenziate.

La seconda ipotesi allo studio prevede il ricorso a un modello simile a quello dell'Ape sociale. L'anticipo pensionistico sarebbe in questo caso accessibile a partire sempre da 60 anni, o forse 61, anziché dai 63 anni, che è attualmente di fatto l'età di riferimento dell'Ape. E cosa potrebbe accadere proprio con l'ape sociale? Marina Elvira Calderone, ministra del lavoro e delle politiche sociali del governo Meloni, nei mesi scorsi aveva lasciato intendere che il sistema attuale per i lavoratori impegnati in attività gravose potenzialmente interessati all'anticipo pensionistico potrebbe essere rivisto ed esteso. Sembra esserci, da tempo, una condivisione di partenza sull'approccio che ipotizza dal 2024 un graduale allargamento del bacino dell'ape sociale, modulandola in base alle risorse che saranno realmente disponibili. Ne sapremo di più nei prossimi mesi.

Quel che è certo al momento è che l'ape sociale è stata prorogata fino al 31 dicembre 2023 e riguarda disoccupati di lungo corso, caregiver, invalidi dal 74% e addetti ai lavori cosiddetti gravosi. La domanda può essere presentata anche da chi ha perfezionato i requisiti in anni passati: aver compiuto almeno 63 anni di età e non essere già titolari di pensione diretta in Italia o all'estero.

Sulle pensioni, la flessibilità in uscita è sicuramente il tema più ostico. Come risolverlo? Oltre a ricorrere ad uno strumento unico per gli esodi incentivati, l'intenzione dell'esecutivo è quella di prorogare quota 103 nel 2024, forse in versione leggermente rivista, come abbiamo spiegato qui. Quota 103 è stata introdotta dal governo di Mario Draghi, e prevede l'uscita dal lavoro a 62 anni e 41 anni di contributi. Una delle ipotesi tecniche in corso di valutazione negli uffici del ministero è quella di una quota 41 (come gli anni di contributi) per i soli lavoratori "contributivi" o, in alternativa, per tutti i lavoratori interessati ma con il ricalcolo contributivo del trattamento. Una misura che, in ogni caso, dovrebbe vedere la luce soltanto nel 2025, con una quota "transitoria" per il prossimo anno che abbia un mix di anzianità anagrafica e contributiva. Tutto dipenderà, anche qui, dalle risorse a disposizione. Per il momento non ci sono le coperture finanziarie necessarie.

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