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Lunedì, 29 Aprile 2024
Le ipotesi

Pensioni: cosa succede con quota 103 e quota 41. E torna la legge Fornero?

Oggi il governo incontra i sindacati, che chiedono una riforma che superi il vecchio sistema e consenta una maggiore flessibilità in uscita. Ma tutto è in stallo: cosa c'è da aspettarsi

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Lo stallo sulla riforma delle pensioni è ormai un dato di fatto e un'accelerata nel breve termine sembra improbabile. In autunno, quando si dovranno mettere le basi della nuova legge di bilancio (sarà la seconda del governo Meloni), se ne saprà forse di più. Perché per allora l'esecutivo dovrà per forza mettere nero su bianco le novità in vista del 2024. In campagna elettorale il centrodestra aveva promesso la fine della riforma Fornero, ma riscriverla con il nostro andamento demografico peggiorerebbe ancora il quadro nell'immediato, secondo gli esperti. Intanto, nel Documento di economia e finanza (Def), che delinea i contorni della prossima manovra, di soldi stanziati per "superare la Fornero" non c'è quasi traccia. Non sarà affatto facile trovare una misura che concili buonsenso, reali esigenze dei lavoratori e sostenibilità finanziaria. E ormai è chiaro, chiarissimo: a stretto giro non è possibile nemmeno optare per quota 41 per tutti, né quest'anno né molto probabilmente il prossimo, perché adesso non ci sono le coperture finanziarie necessarie.

L'ambizioso progetto di riforma delle pensioni annunciato dal centrodestra rimane dunque un proposito di lungo termine o, per dirla con le parole di importanti esponenti della maggioranza, un "obiettivo di legislatura". La misura cavallo di battaglia della Lega, che prevede l'uscita anticipata dal lavoro con 41 anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica, è d'altronde sparita anche dal Def, messo a punto dal governo e pubblicato nei mesi scorsi. Cosa c'è da aspettarsi, dunque? Cerchiamo di fare chiarezza, in base alle ipotesi sul tavolo al momento e alle informazioni che abbiamo a disposizione finora.

Il dibattito sulle pensioni è aperto: oggi c'è un incontro tra governo e parti sociali proprio su questo tema. Il tempo corre veloce: a fine anno scade quota 103 e, senza interventi rapidi, all'orizzonte c'è il ritorno della legge Fornero. La disciplina voluta dall'ex ministra del lavoro e delle politiche sociali del governo Monti, Elsa Fornero, fissa a 67 anni l'età di pensionamento, anticipabile - con un taglio dell'assegno - per gli uomini con alle spalle almeno 42 anni e 10 mesi di contributi e per le donne con 41 anni e 10 mesi. I sindacati chiedono una riforma che superi il vecchio sistema e consenta una maggiore flessibilità in uscita, a partire dai 62 anni o con 41 anni di contributi a prescindere dall'età. Ma i costi sono alti.

L'uscita anticipata dal lavoro con 41 anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica, rimane l'obiettivo del governo Meloni da attuare nell'arco della legislatura, ma al momento non ci sono le coperture finanziarie. Il 31 dicembre anche quota 103 vedrà la sua fine e il governo deve presentare una "soluzione" ai sindacati su come uscire anticipatamente dal lavoro anche nel corso del 2024. Detto dell'impossibilità di una riforma strutturale a stretto giro, si fa sempre più strada l'ipotesi della riconferma, per un altro anno, proprio della stessa quota 103: introdotta dal governo di Mario Draghi, prevede l'uscita dal lavoro a 62 anni e 41 anni di contributi.

Il punto su opzione donna e ape sociale

E cosa potrebbe accadere con l'ape sociale? Marina Elvira Calderone, ministra del lavoro e delle politiche sociali del governo Meloni, nei mesi scorsi aveva lasciato intendere che il sistema attuale potrebbe essere esteso. Sembra esserci, da tempo, una condivisione di partenza sull'approccio che ipotizza dal 2024 un graduale allargamento del bacino dell'ape sociale, modulandola in base alle risorse che saranno realmente disponibili. Ne sapremo di più nei prossimi mesi. Quel che è certo al momento è che l'ape sociale è stata prorogata fino al 31 dicembre 2023 e riguarda disoccupati di lungo corso, caregiver, invalidi dal 74% e addetti ai lavori cosiddetti gravosi. La domanda può essere presentata anche da chi ha perfezionato i requisiti in anni passati: aver compiuto almeno 63 anni di età e non essere già titolari di pensione diretta in Italia o all'estero.

Tra gli altri canali di uscita anticipata dal lavoro, c'è anche quello che consente il pensionamento con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) a prescindere dall'età anagrafica e senza adeguamenti all'aspettativa di vita fino al 2026. Potranno poi continuare a uscire con 41 anni di versamenti, indipendentemente dalla soglia anagrafica, i lavoratori "precoci", quelli cioè in possesso di 12 mesi di contribuzione effettiva prima del 19esimo anno d'età (condizioni simili a quelle previste per accedere all'ape sociale). Opzione donna, invece, è stata prorogata per tutto il 2023 e consente l'uscita anticipata alle lavoratrici che abbiano maturato - entro il 31 dicembre 2022 - un'anzianità contributiva di almeno 35 anni e un'età anagrafica di almeno 60 anni, congiuntamente ad un ulteriore requisito soggettivo.

Come stabilito nella legge di bilancio 2023, però, opzione donna è ora riservata esclusivamente alle lavoratrici caregiver, a quelle con una riduzione della capacità lavorativa del 74%, alle dipendenti o licenziate da aziende in crisi economica con un tavolo di confronto attivo presso il Mise. I sindacati premono per tornare alla versione precedente. Si tratta di un altro nodo da sciogliere per il 2024.

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