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Domenica, 28 Aprile 2024
La grande fuga

Bandi flop e "fuga" all'estero: nemmeno i medici stranieri vogliono lavorare più in Italia

Contratti precari, assenza di prospettive e percorsi di integrazione spesso inesistenti. Così per i professionisti della sanità il nostro Paese diventa una nazione "di passaggio". E all'ultimo bando della regione Sicilia hanno aderito in pochissimi

"Molti medici di origine straniera che, come me, hanno studiato in Italia, se ne sono andati, specialmente verso il Nord Europa". Nell'Italia delle liste d'attesa bloccate e dei sanitari reclutati in via emergenziale nei cinque angoli del globo, a farci notare il paradosso è Andi Nganso medico 36enne di origine camerunese. Andi è arrivato in Italia a 18 anni, ha studiato medicina a Varese e lavorato per la Croce Rossa Italiana e altre associazioni umanitarie. Per tre anni è stato medico in un pronto soccorso della provincia di Venezia e oggi si sta specializzando in anestesia all'Università di Trieste. Dal 2022 è un cittadino italiano e ci racconta le ragioni che hanno spinto molti colleghi a lasciare lo Stivale: "Prima del Covid un tema era la mancanza di concorsi per persone che non sono ancora cittadine italiane, ma non è certo l'unica ragione".

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Sì, perché le garanzie per invogliare i propri professionisti a restare non sono solo economiche: "La questione della fuga dei medici è multifattoriale. Per quelli di origini straniera, oltre alle condizioni economiche e contrattuali non competitive in un mercato europeo, si aggiunge il tema dell’integrazione.  Ad esempio c'è il nodo della cittadinanza per i propri figli che in Italia non è riconosciuta nemmeno se si nasce qui. In molti decidono così di trasferirsi dove si vive più sereni. Ed è un danno enorme perché questi professionisti vengono formati con i soldi delle nostre tasse" racconta a Today.it il dottor Nganso.  

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Il paradosso è che, mentre lasciamo andare via i sanitari che formiamo, poi siamo costretti a cercare personale all'estero. Del resto una media di cinque medici al giorno abbandona la sanità pubblica e gli ospedali devono attenersi a rigidi tetti di spesa. L'espediente che si è trovato è così quello di reclutare in maniera massiccia i professionisti stranieri della sanità per tappare, almeno temporaneamente, i buchi. Una strada percorsa da molte regioni italiane. L'ultima, solo per ragioni temporali è la Sicilia che, a novembre 2023, ha promosso un bando per il reclutamento temporaneo di quasi 1500 medici. Per partecipare è necessaria solo l'iscrizione all'ordine professionale del Paese di provenienza. 

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Quasi la metà delle richieste è per professionisti della medicina d'urgenza e della rianimazione, le due aree in cui si registrano più defezioni. Ma a fine gennaio a rispondere alla domanda erano stati in 50, mentre a essere effettivamente reclutati finora sono stati finora solo in 16. 

"Hanno risposto in pochissimi rispetto al reale fabbisogno. Non si risolve così il problema della carenza dei medici - osserva Gaetano Agliozzo, funzionario della Cgil siciliana - Il vero tema è lo sblocco dei tetti di spesa. Bisogna evitare la fuga dei sanitari verso il privato e verso l'estero. Italiani o stranieri, il personale va assunto e non reclutato a tempo".

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La scarsa adesione non è una novità. L'evidenza è che la sanità pubblica italiana, e le condizioni offerte, non sono più attrattive in un mercato che è ormai mondiale. Nel 2022, ad esempio, l'ospedale San Giovanni, a Roma, pubblica un bando per il reclutamento di medici extra-Ue: se ne candida uno solo. Nel 2023 la Regione Piemonte cerca di reclutare personale medico in Croazia e in Albania, anche in questo caso la ricerca è va a vuoto. E sono molti i bandi straordinari indetti dalle regioni italiane che rischiano di non portare ai risultati sperati.

"In cinque anni come associazione abbiamo ricevuto circa 8mila richieste di professionisti da parte delle regioni, non parliamo solo di medici, ma anche di infermieri, fisioterapisti, farmacisti e logopedisti  - racconta a Today.it Faod Aodi, fisiatra, docente dell'università di Roma Torvergata e presidente dell'Amsi, l'associazione italiana dei medici di origine straniera - Gran parte della domanda è rimasta inevasa per una semplice ragione: senza garanzie non tutti sono ormai pronti a raggiungere l'Italia. Il mondo è cambiato rispetto a dieci anni fa. Il settore pubblico, soprattutto quello italiano, non è più così attrattivo e il Covid ha scoperchiato il vaso di Pandora". 

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In Italia a mancare sono soprattutto gli infermieri. I medici non sono pochi, ma scarseggiano soprattutto nelle strutture pubbliche: negli ospedali ne mancano circa 30mila. Per colmare queste carenze si ricorre a professionisti pagati a gettone, specializzandi e personale straniero. Precariato di lusso che serve a non sforare i rigidi tetti di spesa dei bilanci regionali e portare avanti la sanità pubblica. Secondo l'Amsi nel 2023 grazie ai medici stranieri sono stati “salvati” circa 1200 presidi sanitari tra dipartimenti, reparti e poliambulatori. 

Ma molti di loro vengono reclutati con il decreto "Cura Italia", partorito nel corso della pandemia per far fronte alla drammatica carenza di personale sanitario. Finita l'era del Covid l'emergenza è rimasta strutturale e il decreto è stato prorogato per ben tre volte. Fino al 2025 le regioni e gli ospedali italiani possono continuare ad assumere personale straniero in possesso di titolo di studio conseguito all'estero e ancora non convalidato nel nostro Paese. Le assunzioni sono però temporanee e il percorso che aspetta chi entra non è esattamente lineare. 

"I sanitari stranieri in Italia sono circa 100.000 e negli ultimi anni c’è stato un progressivo aumento del 35%. Però chi entra oggi generalmente lo fa con un contratto temporaneo. Questo non incoraggia in molti a spostarsi, almeno per quel che riguarda la sanità pubblica. Non possono esistere medici di Seria A e medici di Serie B” puntualizza Faod Aodi. 

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Sì, perché una volta terminato il contratto, per i medici non si aprono le porte di eventuali concorsi pubblici che sono ancora destinati - quasi unicamente - ai cittadini italiani. Così, mentre i nostri medici vanno all'estero, i buchi non vengono colmati nemmeno dai professionisti stranieri che da noi fanno fatica anche per il riconoscimento del titolo di studio e per l'inserimento negli ordini professionali.

E le cose vanno anche peggio per gli infermieri. Ne mancano 150mila e la richiesta è destinata crescere con le riforme che dovrebbero trovare spazio con il Pnrr. Anche qui, mentre i nostri infermieri vanno all'estero, il ministro Schillaci ha recentemente proposto di reclutarli in paesi terzi come l'India. Ma sono già molte le regioni che ricorrono al "Cura Italia". 

"Prevale l'improvvisazione, abbiamo notizie di centinaia di infermieri stranieri che non parlano italiano, specie in molte rsa del Nord" racconta a Today.it Francesco Sciscicone segretario di Nursing Up, uno dei principali sindacati degli infermieri. "È un espediente per tappare una falla che è ormai strutturale. Servirebbe maggiore valorizzazione, concorsi, sia per italiani che per stranieri e un percorso chiaro di integrazione. Sa qual è il rischio? Che anche nella sanità rischiamo di diventare un paese di passaggio. Quanti saranno disposti a restare a 1500 euro al mese alle nostre condizioni? Non esiste solo l'Italia". 

"Io, medico in Italia dal '78, vi spiego perché i giovani guardano altrove" 

Eppure non sempre è stato così. In passato la nostra sanità è stata un polo d'eccellenza e l'Italia una terra di opportunità. "Ho scelto di venire in Italia nel 1978, dopo la scuola superiore. Volevo studiare a Roma, ma una disposizione del ministero dell'Interno di allora mi ha spedito in Sicilia, a Catania. Non sapevo nemmeno dove fosse. Volevo cambiare, poi mi sono innamorato di questa terra" ci racconta il dottor Awad Hasan con un italiano impeccabile condito da un leggero accento siciliano. Oggi è il primario di nefrologia dell'ospedale di Lentini, in provincia di Siracusa.

"Sono palestinese, vengo dalla Cisgiordania e mantenersi in Italia non era facile: per studiare ho fatto ogni tipo di lavoro" ricorda il dottor Awad, oggi cittadino italiano. "Ma erano altri tempi. Oggi siamo poco pagati rispetto a quello che facciamo e il nostro mestiere è stressante. Consideri che io ho 150 giorni di ferie che non posso prendere e quando mi assento poi devo lavorare il triplo. A un giovane oggi, italiano o straniero che sia, conviene fare il gettonista in una cooperativa o guardare fuori dall'Italia".

E tanti lo fanno. "Come associazione abbiamo ricevuto molte richieste di medici e infermieri pronti a fare le valigie per Qatar, Arabia Saudita e paesi del Golfo" osserva Faod Aodi, presidente dell'associazione medici di origine straniera in Italia. "Nel 2023 ne abbiamo contato oltre seimila, sia da parte di italiani che da parte di stranieri. E il trend è in crescita".

Pensare di arginare questa emorragia con deroghe e contratti precari è come pensare di domare un incendio con un bicchiere d'acqua. Da quasi cinque anni ci stiamo provando. 

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