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Sabato, 27 Aprile 2024
i dati del declino

Chi ha ucciso la sanità pubblica

Il governo Meloni taglia la spesa sanitaria per i prossimi anni, come avevano già fatto Draghi e Conte. Livello e quantità delle prestazioni, anche di base, crollano. La scelta è una: o si rinuncia alle cure o si paga. Così sempre più italiani si rivolgono ai privati. I dati del declino, in ordine

Dallo Stato arrivano sempre meno risorse per la sanità pubblica. I principi fondamentali su cui si basa il Sistema sanitario nazionale sono universalità, uguaglianza ed equità, ma più passano gli anni, più questi valori sono a rischio: i tagli alla sanità non fanno quasi più notizia. La Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) ha stabilito i confini della prossima manovra del governo Meloni mostrando la fragilità dei conti dello Stato, specie per il futuro.

Il dato più preoccupante è la spesa per la sanità prevista nei prossimi anni, proprio mentre le statistiche disponibili ci dicono che già oggi gli italiani si curano meno e sono costretti a rivolgersi ai privati, per chi può permetterselo. Ma i tagli non riguardano solo l'attuale governo: incrociando gli ultimi dati con quelli passati si ottiene il declino del sistema sanitario, causato dalle scelte della politica. Il risultato è un bivio per gli italiani: o rinunci alle cure o paghi.

Il governo Meloni taglia, per ora

Il ministro della Salute Orazio Schillaci chiedeva ai suoi alleati 4 miliardi di euro in più, ma per i prossimi anni il governo Meloni conta di diminuire i fondi per la sanità. Già a partire dal 2024. Come si legge nell'ultima Nadef presentata dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, in termini assoluti e in rapporto al Pil la previsione di spesa è in calo. Nella tabella sottostante c'è la rappresentazione di questi tagli: si passa dai 134,7 miliardi di euro del 2023 ai 132,9 del 2024. La diminuzione è di 1,8 miliardi e di 0,4 punti percentuali di Pil, già contestata da organizzazioni del settore e dalle opposizioni.

I tagli alla sanità del governo Meloni: i dati della Nadef per i prossimi anni

Per il 2025 la spesa aumenta in valore assoluto e rimane costante in rapporto al Pil, mentre diminuisce nel 2026. "È del tutto evidente - commenta Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe -, che l'irrisorio aumento della spesa sanitaria di 4238 milioni di Euro (+1,1%) nel triennio 2024-2026 non basterà a coprire nemmeno l'aumento dei prezzi, sia per l'erosione dovuta all'inflazione, sia perché l'indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all'indice generale di quelli al consumo".

Bisogna specificare che i numeri contenuti nella Nadef fanno parte dello scenario "a legislazione vigente", che si basa sulle norme in vigore e non tiene conto delle risorse che verranno inserite nella prossima manovra finanziaria da approvare entro il 31 dicembre 2023. Ad esempio, è certo che in legge di bilancio verrà finanziato "il rinnovo contrattuale del pubblico impiego, con una particolare attenzione al settore sanitario", si legge nella Nadef. 

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In più, già nel 2023 il governo Meloni ha aggiunto tra le spese poco più di 1 miliardo di euro per "il ripiano del superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici", e l'incremento "della tariffa oraria delle prestazioni aggiuntive e anticipo dell’indennità nei servizi di emergenza-urgenza". Tuttavia, possiamo già dire che nelle attuali previsioni di spesa il governo intende mettere meno soldi nella sanità: secondo i calcoli di Today.it, per mantenere la spesa costante - al 6,6 per cento -, in rapporto al Pil previsto l'anno prossimo servirebbero circa 7,7 miliardi di euro in più. Ma viste le richieste del ministro Schillaci - 4 miliardi in più -, lo scenario costante non sarebbe bastato e, a conti fatti, sarebbero serviti circa 10 miliardi di euro in più, una cifra che, per rendere l'idea, il governo impegnerà per rifinanziare il taglio del cuneo fiscale. Ma non è la prima volta che i fondi futuri vengono "dirottati" dalla sanità ad altre voci di spesa. 

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La spesa che non c'è, da Conte a Draghi

Anche i governi precedenti, Draghi e Conte II, avevano previsto di finanziare meno il sistema sanitario. Confrontando le ultime 4 Nadef pubblicate sul sito del Ministero dell'Economia e della finanza, compresa l'ultima del governo Meloni, le previsioni di spesa nella sanità per gli anni successivi alla presentazione della nota sono sempre negative. Come si vede dal grafico sottostante elaborato da Today.it, negli anni che seguono la pubblicazione della nota la spesa è sempre al ribasso. 

I tagli alla sanità nelle Nadef dei governi Meloni, Draghi e Conte: il grafico di Today

L'eccezione arriva con il secondo governo Conte durante gli anni più duri della pandemia, 2019 e 2020, quando la spesa sanitaria aveva superato il 7 per cento del Pil per fronteggiare l'emergenza e poi scendere nuovamente nelle previsioni per gli anni futuri. Tuttavia, rispetto alla Nadef le leggi di bilancio che sono seguite hanno cambiato le stime e sono intervenute, tra le altre cose, anche sulla sanità, con nuove risorse. Ma non è bastato: il sistema non funziona come dovrebbe.

Chi ha ucciso davvero il sistema sanitario

Secondo i dati del Ministero della Salute, nel decennio 2010-2019 il Fabbisogno sanitario nazionale (Fsn) è aumentato di soli 8,2 miliardi di euro, ma si tratta di un "effetto ottico": il problema è che l'incremento è stato, in media, dello 0,9 per cento annuo, un tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua pari all'1,15 per cento. Vuol dire che i fondi per la sanità sono aumentati solo in apparenza, perché in realtà i finanziamenti non sono riusciti ad adeguarsi al potere di acquisto.

Così, nei calcoli della Fondazione Gimbe, alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi di euro: Il grosso, circa 25 miliardi, è mancato nel periodo 2010-2015 a causa di "tagli" previsti dalle varie manovre finanziarie dei governi dell'epoca: Berlusconi IV, Monti (dal 16 novembre 2011 al 27 aprile 2013), Gentiloni (dal 12 dicembre 2016 al 1 giugno 2018), Renzi (dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016) e Letta (dal 28 aprile 2013 al 21 febbraio 2014).

I governi che hanno tagliato la sanità pubblica: Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni

Il resto, oltre 12 miliardi, sono venuti a mancare nel periodo 2015-2019 a causa del "definanziamento" dei governi Conte e Draghi che ha assegnato al Sistema sanitario nazionale meno risorse rispetto ai livelli programmati. Negli ultimi anni i fondi a disposizione sono aumentati ma solo per fronteggiare la pandemia di Covid-19. Il sistema non funziona come dovrebbe, ed è evidente dai dati raccolti nelle Regioni. 

I governi Conte, Draghi e Meloni hanno tolto risorse al Sistema sanitario nazionale, al netto della pandemia

Il rapporto 2023 della Corte dei Conti sul "coordinamento della finanza pubblica" lo dimostra: i conti finanziari sono negativi, sempre più.

I bilanci sanitari delle regioni sono in rosso, i fondi dello Stato non bastano: la tabella della Corte dei Conti

Come si vede dalla tabella della Corte dei Conti, le perdite crescono, passando dal miliardo di disavanzo del 2021 a 1,4 miliardi: basta pensare che nel 2020 il deficit era di 800 milioni di euro. Le spese crescono più delle entrate e così le Regioni sono costrette a ripianare, come si vede dagli 1,2 miliardi stanziati nel 2022 (colonna "Ulteriori trasferimenti da PA e RSS"). Ma è evidente che non basta: la qualità delle cure degli italiani ne sta risentendo.

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O paghi o non ti curi: i dati del declino

Ormai sempre più italiani si rivolgono al sistema privato per una visita o un esame diagnostico. Secondo i dati presentati durante un'audizione dell'Istat in Senato, nel 2022 le prestazioni sanitarie fruite sono state meno rispetto al periodo pre-pandemico. La situazione non è ancora stata recuperata: dalle indagini Istat risulta una riduzione diffusa della quota di persone che ha effettuato visite specialistiche, dal 42,3 per cento nel 2019 al 38,8 per cento nel 2022, o accertamenti diagnostici, dal 35,7 per cento al 32,0 per cento. E al Sud quest’ultima riduzione raggiunge i 5 punti percentuali. I grafici sottostanti dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) elaborati da Today.it rendono l'idea.

Il crollo delle prestazioni specialistiche ambulatoriali: il grafico Agenas

Nel grafico sopra si può notare la differenza tra il 2019 e il 2022: il numero di tutte le prestazioni ogni 100 abitanti è diminuito, fatta eccezione per la tomografia computerizzata del capo. Se poi si guarda al dettaglio regionale domina il colore rosso: nel grafico sottostante si vede il crollo delle visite di controllo nel 2022, rispetto al 2019 pre pandemia. Tutte le Regioni hanno un dato negativo: si va dal - 6,94 per cento della Toscana al - 35,5 della Provincia autonoma di Bolzano.

Il numero delle visite di controllo: il grafico con i dati Agenas mostra le regioni peggiori

Di conseguenza, o si rinuncia alle cure o si paga, andando dai privati: secondo i dati presentati dall'Istat, rispetto al 2019 è infatti aumentata la quota di italiani che dichiara di aver pagato interamente a sue spese sia per le visite specialistiche - dal 37 per cento al 41,8 per cento nel 2022 -, sia per gli accertamenti diagnostici - dal 23 per cento al 27,6 per cento nel 2022. Il sistema sanitario è sempre meno universale ed è evidente che anche senza tagli, mantenendo i finanziamenti costanti e inserendo correttivi nelle leggi di bilancio, la situazione non migliora, anzi. Di questo passo può solo andare peggio.

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