Il lato economico del terrorismo: un business da 14.300 miliardi di dollari
Il terrorismo internazionale è una minaccia anche per i conti pubblici, perché comporta un aggravio delle spese destinate a protezione e sicurezza. E' quanto emerge da uno studio del think thank australiano Institute for Economics & Peace. Nel 2015 fronteggiare il terrorismo è costato 14.300 miliardi di dollari contro i 9.460 miliardi (l’equivalente dell’11% del Pil mondiale) del 2014.
Poter utilizzare diversamente anche solo il 15% di tale cifra basterebbe a finanziare il Fondo europeo di stabilità e ad estinguere il debito greco (rimarrebbe ancora qualcosa per raggiungere i 'Millenium Goals' , gli obiettivi di sviluppo fissati dall’Onu). Le spese militari costituiscono il 51% del budget investito per proteggersi e l’industria della difesa nel 2014 ha reso quasi il doppio l’agricoltura: 9.460 miliardi di dollari contro 5.100.
Per la difesa l’Italia ha speso 30,9 miliardi di dollari nel 2014, ben lontano dai 216 della Cina, che in 10 anni ha accresciuto del 167% il proprio budget per aerei, tank e missili. Secondo il Sipri, l’osservatorio svedese sulla pace che ha fornito queste cifre, la spesa per la difesa a livello mondiale nel 2014 è diminuita dello 0,4% attestandosi a 1.776 miliardi di dollari (2,3% del pil globale), ma ha anche fatto registrare forti diversità a livello regionale: a un calo della spesa dell’Occidente corrisponde infatti un aumento della spesa, oltre che di Pechino, anche della Russia (84,5 miliardi di dollari, +97% in 10 anni), dell’Arabia Saudita (80,8 miliardi di dollari spesi nel 2014), nonché di India, Emirati e Sud Corea.
Le morti provocate dal terrorismo equivalgono a un danno di 51,2 miliardi, secondo l’istituto australiano, ma a questa somma vanno aggiunti anche 918 milioni di costi per la cura dei feriti, 410 milioni di danni provocati dalle esplosioni, 104 da attacchi a infrastrutture, 99 da assalti armati.