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Venerdì, 26 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

I dannati della segregazione suburbana

Anni fa studiando le origini del commercio organizzato novecentesco mi sono imbattuto nella ricostruzione della genesi di quel certo tipo di negozio che è la pompa di benzina. Per fasi successive si elencavano i passaggi che avevano portato alla forma definitiva, più o meno quella con cui abbiamo ancora oggi a che fare sulle nostre arterie di comunicazione. Ma, e qui sta l'interesse, si sosteneva la tesi secondo cui, in quanto totalmente plasmata sul veicolo a motore che serviva, la stazione di servizio poteva anche essere considerata il prototipo base per ogni altro impianto sul territorio a orientamento automobilistico, per esempio la striscia commerciale di cui in genere il distributore è solo uno dei componenti. Osservava il critico di architettura Richard Longstreth come la pompa di benzina e per estensione anche tutte le forme insediative a orientamento automobilistico si strutturino su tre fasce funzionali: rallentamento, sosta, svolgimento dell'attività vera e propria (che comprende per esempio anche il piccolo o grande edificio dove si paga o si ripara o si acquista altro). Ovvero di come lo spazio assuma un valore gerarchicamente subordinato al flusso della macchina, trascinando con sé anche il ruolo dell'essere umano-autista o passeggero o operatore, al cui servizio tutto invece dovrebbe funzionare. L'essere umano, o magari il Modulor se vogliamo ragionare nello stile del modernismo, nei fatti viene ridotto al ruolo dell'omino di Charlie Chaplin in Tempi Moderni: non più protagonista ma materia prima inerte trascinata dentro gli implacabili ingranaggi.

I flussi di accelerazione decelerazione sosta che riducono alla dipendenza e secondarietà lo spazio e i suoi abitanti fissi o provvisori, sono un criterio che alla lunga con lo sviluppo dell'automobilismo di massa ha finito per permeare di sé tutta l'organizzazione urbana sul territorio. Cosa non si fa per la fatale «efficienza del traffico»: anche rinunciare alla stessa vita. Intendendo come vita per esempio la pura possibilità di usare lo spazio, ad esempio lo spazio aperto suburbano che sta alla base del tipo di espansione novecentesca. Sappiamo molto bene come funziona la narrativa da Henry Ford in poi: la città moderna con tutti i suoi guai di pessima qualità ambientale e delle relazioni sociali ed economiche ha fatto il proprio tempo: disperdiamoci sul territorio, visto che grazie all'auto privata e alle telecomunicazioni la prossimità sarà sostituita dalla velocità. Dimenticavano, Ford e tutte le generazioni di suoi esegeti, consapevoli o meno, che quella velocità era condizionata all'esistenza di «condotti» in grado di garantirla con relativa sicurezza, e che non potevano certo essere i medesimi percorsi dell'antica mobilità pedonale o a trazione animale. E non a caso lo sviluppo della pompa di benzina a baccello, e della strip commerciale che ne assume subito le forme funzionali segregate, vanno di pari passo con la crescita delle reti autostradali. Contemporaneamente, si noti, alle due idee base di specializzazione urbanistica, e di quartiere autosufficiente o unità di vicinato: entrambi dotati di confini tecnici chiarissimi, costituiti dal tracciato di quelle arterie di comunicazione veloce.

Ecco come nascono i «baccelli a fondo chiuso» della lottizzazione industriale, del centro commerciale, del parco uffici direzionale, e del suburbio residenziale. Anche quando ideologicamente si nasconde dietro l'etichetta di «paese» per il solo fatto di essere esistito storicamente, ma in forme diversissime, prima che si insediassero quelle attuali. Ne ho scoperti in tutto il loro splendore ben due, a loro volta segregatissimi tra loro per ragioni tecnico-amministrative, nella periferia meridionale milanese: Poasco, in comune di San Donato, e Sesto Ulteriano, in comune di San Giuliano. Il primo in realtà ha un isolamento-segregazione parziale, abbastanza aperto come è (a parte le distanze ovviamente, ma si tratta pur sempre di superfici agricole permeabili), ma inizia ad essere quasi ermeticamente chiuso e a fungere a sua volta da tappo nei confronti del secondo. Che sta chiuso tra una barriera ferroviaria e altre autostradali, con una manciata di passaggi sostanzialmente automobilistici, ponti o sottopassi, spesso senza marciapiedi degni di questo nome. In più a Sesto Ulteriano la zona residenziale cresciuta attorno a un microscopico nucleo rurale isolato negli ultimi decenni, è separata dal resto del mondo da una massiccia zona industriale-commerciale a ridosso dell'autostrada, e quindi chi vuole «evadere» da casa propria prima di arrivare ai pochissimi pertugi di sbocco, deve superare la selva oscura dei capannoni precompressi, ettari e ettari di labirinti cementizi. Ecco cosa produce quella forma originaria del distributore di benzina scappata di mano e diventata un «manuale per costruire una città».

La Città Conquistatrice – Sprawl

I dannati della segregazione suburbana

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