rotate-mobile
Lunedì, 29 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

L'auto-immobile privatizzazione indebita di spazio pubblico

Il caso più odioso e frustrante è quando il veicolo si piazza tra noi e l'agognata meta sull'altro lato della carreggiata. A volte succede proprio quando ci stiamo arrivando e bel bello il conducente ci sfiora la punta delle scarpe scivolandoci davanti come una scorrevole porta di ingresso in opaca lamiera anziché trasparente cristallo. A volte il veicolo, completo di conducente di solito al telefono o vuoto e vieppiù inamovibile, sta lì esattamente sullo scivolo che avremmo voluto usare come passaggio per salire sul marciapiede, trascinando la borsa della spesa a rotelle, il passeggino col pupo o la bicicletta a mano per legarla alla rastrelliera o al palo davanti al negozio. Una volta superata la pura frustrazione e rabbia sovviene lo stimolo a considerare il contesto più ampio, magari per farsi un quadro se non una ragione, e di solito il disagio anziché diminuire cresce, perché quel parcheggio improprio prepotente e stupido ha come unica spiegazione la pura invadenza: a volte di quel conducente, a volte di altri, a volte delle case automobilistiche che propongono all'affezionata clientela oggetti del tutto inadeguati all'ambienta urbano e che dell'ambiente urbano ignorano le regole più elementari, a partire dalle dimensioni delle piazzole di sosta. È quanto si può cogliere ad un semplice colpo d'occhio quando proviamo a fare mente locale su quel parassita di lamiera che ci taglia inopinatamente la strada: lo fa volontariamente o involontariamente sempre per la medesima ragione, ovvero che il resto degli spazi di sosta, regolari o impropri che fossero, risultava già occupato.

O meglio, risultava piuttosto abusivamente occupato da veicoli più numerosi e grandi di quelli su cui sono state calcolate le pur generose norme tecniche che regolano le superfici destinate a flussi manovre e sosta. Già complessivamente sterminate come rileva chiunque provi a fare calcoli ragionevoli (per esempio chi simulava da un punto di vista immobiliare quanti terreni da costruzione si sarebbero improvvisamente liberati anche negli scenari più pessimisti introducendo la Driverless Car), ma tanta abbondanza finisce per risultare localmente anche sottostimata se l'oggetto automobile su cui sono stabiliti gli standard non intende seguirne uno proprio coerente, di standard dimensionale. Le nostre leggi urbanistiche italiane sui parcheggi anni '60 hanno in mente i veicoli che vediamo nei film di quel periodo: utilitarie, berline, qualche raro furgone da artigiani e negozianti. Nulla a che vedere con le armate di fuoristrada monovolume e infiniti veicoli stazza XXL da consegne dell'e-commerce che oggi vanno e vengono dalle regione suburbana verso il nucleo centrale metropolitano di qualunque dimensione (inclusi spazi storici dove la sola presenza dell'auto per quanto piccola è traumatica). Ridotto all'osso e schematizzando oltre il dovuto, è come se vestiti sedie porte progettati ergonomicamente per una popolazione di taglia normale si ritrovassero di colpo a servirne un'altra di giganti affetti da obesità collettiva e avidamente convinti a diventare ancora di più grossi.

Il che ripropone in una prospettiva diversa ma analoga la questione del consumo di suolo: possiamo ambientalmente e climaticamente parlando permetterci di seppellire tutta quella superficie pubblica sotto privati abitacoli che non solo la occupano in pianta stabile, ma pretendono di farlo in quantità pro capite del tutto discrezionale? Mettere la questione in questa angolatura consente però immediatamente di intuire quale possa essere almeno un rimedio temporaneo al vero problema, o quanto meno la base diciamo così filosofica su cui costruirlo sistematicamente, il rimedio: considerare l'auto, e specialmente la sua versione ipertrofica XXXL evoluta a partire soprattutto dagli anni '80, alla stregua di un edificio e non di un mezzo di trasporto che per sua natura lo spazio lo occupa molto temporaneamente, un attimo solo, per lasciar poi il suo turno alla natura alle intemperie o a chiunque altro. Il veicolo-abitacolo privato il suo territorio lo occupa in pianta stabile e quindi deve ricadere come ogni altra privata costruzione dentro regole analoghe, incluse quelle che riguardano l'impatto ambientale comprensivo del consumo di suolo. Ovvero per farla breve tutte le premesse generali di ordinanze di Zona Urbanistica a Traffico Limitato dove non si calcolano come criterio selettivo solo scarichi ed emissioni clima alteranti, ma anche le CUBATURE VEICOLO come se fossero veri e propri diritti edificatori. Ed ecco che – sorpresa? - si presenta tutto un nuovo campo politico amministrativo piuttosto resistente a ricorsi o pressioni indebite.

La Città Conquistatrice – Automobili 

Si parla di

L'auto-immobile privatizzazione indebita di spazio pubblico

Today è in caricamento