rotate-mobile
Lunedì, 29 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Oltre l'angoscia degli spazi commerciali svuotati dalle tecnologie

Arnold Schwarzenegger, che in queste settimane prenatalizie campeggia qui e là mescolando look operaio e pose da James Bond con un trapano al posto della pistola a canna lunga, ha avuto nel corso della sua vita professionale di uomo immagine simbolo di qualcosa diverse svolte. Tra le più singolari il vasto pubblico ricorda quella in cui il roccioso maschio teutonico senza cambiare affatto tono e posa, da Governatore della California eletto dai Repubblicani, si faceva paladino apprezzato da tutti di una tutela ambientale assai concreta. Del tipo di cui si toccano quasi immediatamente con mano (e di solito anche la mano che sta nel portafoglio) sia i vantaggi per la salute, sia quelli sociali ed economici. Collaborando sia con parte della sua maggioranza che con l'opposizione Democratica verso una filiera di leggi e decreti che partendo da clima, emissioni, qualità dell'aria e dell'acqua, ovvero cose scientificamente e precisamente monitorabili, arrivavano alla città al territorio alla mobilità e qualità della vita e del lavoro. Tra cui quella che condizionava le priorità di finanziamento statale alle infrastrutture locali, a chi aveva redatto e approvato piani che forse noi dalle nostre parti chiameremmo di contenimento del consumo di suolo, oppure di riqualificazione-densificazione, o magari addirittura con svolazzo poetico di moda recente Città dei Quindici Minuti.

Insomma tutto ciò che invece di consumare la risorsa scarsa suolo (che significa agricoltura, biodiversità, gestione naturale delle precipitazioni piovose ecc.), devia le pur sane ma spesso incontrollabili pulsioni allo «sviluppo» verso uno sbocco più logico: là dove i nuovi investimenti e speranze possono utilmente mischiarsi ad altre, o meglio al loro residuo non sfruttato. È la logica che conosciamo con la dizione un po' burocratizzata riuso di immobili e superfici dismesse, ma che stavolta invece di calare su capannoni siderurgici, piazzali di interscambio un tempo percorsi da vagoni e binari, scende più discreta tra le insegne mezze spente dei centri commerciali, dove stentano a sopravvivere lungo le fasce stradali, dietro il lavaggio chiuso da dieci anni per scarsità di clienti, alcuni esercizi rivolti ad abitanti del luogo e rappresentanti di commercio con pochi soldi di passaggio. Mentre gli scatoloni mezzi vuoti e gli sterminati piazzali a parcheggio hanno perduto buona parte del valore immobiliare originario e decisamente tutto quello d'uso. Perché non farne appunto la base per brandelli di Città Futura?

E per una città che vada oltre la modernista rigida suddivisione per zone funzionali, pensate originariamente per tutelare i valori immobiliari e l'efficienza, ma superate sia dalla verifica sperimentale sull'arco di un secolo, sia dalla stessa evoluzione tecnologica e sociale che hanno innestato. E a cui ha dato l'ultima spinta lo spostarsi di tante attività scambi relazioni e produzioni online: il lavoro, il commercio, la comunicazione, una mole immensa di spostamento fisico convertito con un click in flusso elettronico. Con gli stessi alloggi dentro cui risiede la persona lavoratrice, consumatrice, esercente, dirigente, esecutrice, che diventano virtualmente uffici, fabbriche, negozi, vetrine, banconi casse, scaffali. Svuotando di valore e di senso gli antichi contenitori monouso e ponendo due problemi di riuso: uno culturale, e uno naturalmente economico. Superabili grazie alla progettazione-programmazione pubblico privata, che ha cominciato in massa durante la pandemia (e l'esplosione del telelavoro) a sperimentare la conversione di uffici in case, e oggi prova a fare lo stesso con le dismissioni commerciali indotte dal medesimo processo degli scambi a distanza. La parte pubblica riguarda le regole e i sostegni, quella privata le culture e le aspettative. Speriamo che tutti provino a fare la propria, visto che significa rispondere al bisogno di case, di città, di relazioni in un ambiente adeguato.

Nota: in fondo anche l'iniziativa privata di mercato aveva vagamente intuito a suo tempo l'obsolescenza dei contenitori commerciali monouso, inventandosi quella stravaganza poi scomparsa dai radar del cosiddetto Lifestyle Center.

Si parla di

Oltre l'angoscia degli spazi commerciali svuotati dalle tecnologie

Today è in caricamento