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Sabato, 27 Aprile 2024
Città conquistatrice

Città conquistatrice

A cura di Fabrizio Bottini

Scultori di relazioni sociali e ambientali

Un noto e stimato critico grazie ai social network riesce a conservare e sviluppare molto efficacemente lo spirito culturale e di divulgazione che fu delle seminali «Cronache di Architettura» di uno dei suoi maestri, Bruno Zevi. Il quale a sua volta traeva spunto dalle proprie esperienze americane, per esempio dal «Critico da Marciapiede» come si auto-definiva nella sua rubrica su un quotidiano Lewis Mumford, l'intellettuale a passeggio nella Manhattan eterno crogiolo di architetture moderne e stili di vita conseguenti. Il nostro critico del giorno d'oggi l'altro giorno faceva una delle sue riflessioni spot dedicandola allo strafamoso Bosco Verticale di Stefano Boeri, e su cui pare oggettivamente difficile dire qualunque cosa non sia già stata detta ripetuta contraddetta e ancora ridiscussa. Comunque il bravo critico studioso dovrebbe riuscire sempre a cogliere ciò che sfugge ad altri e qui introduce il tema della Architettura Autoritaria: cosa avrebbe fatto un bravo progettista non affetto dal morbo, nel caso specifico, incaricato di realizzare una soluzione residenziale e di mercato del tutto analoga? Avrebbe disegnato dentro quel lotto edifici a torre ricchissimi di fioriere, ottenendo in termini di qualità edilizia, ed estetica per i potenziali acquirenti, un risultato perfettamente analogo. Ma che non soddisfa l'Architettura in senso proprio la quale mira ad ottenere un risultato estetico controllabile. E seguiva breve elenco di progetti storici di maestri storici che seguivano il medesimo percorso.

Che nel caso specifico, sin dallo stesso nome Bosco Verticale a cui segue la progettazione «landscape-high-tech» sviluppata sull'asse delle ordinate, non solo a sostituire le fioriere, ma soprattutto a imporre alla proprietà e agli abitanti una immagine prefissata (es. la disposizione degli alberi che fioriscono in primavera o ingialliscono in autunno), a carico economico loro visti i costi piuttosto esorbitanti, a quanto pare senza i vantaggi energetici vantati in prima istanza dal cyborg edilizio-vegetale a corrente elettrica. Ma qui è interessante soprattutto che i bravo critico, che di mestiere fa esattamente quello, e a differenza dell'antenato Lewis Mumford lo fa dentro il filone dell'Architettura disciplinare-professionale, colga quell'aspetto specifico «autoritario-estetico». Che distinguerebbe appunto le migliori e coerenti espressioni architettoniche dalla buona o addirittura ottima progettazione edilizio-urbana. Incluse le forzature ideologiche (quei non verificabili vantaggi termico-energetici e climatici più generali) di cui si carica artatamente l'idea pur di sostenerne il vero nucleo centrale. Probabilmente coglie davvero il punto stavolta, il bravo critico le cui opinioni sono in genere come tutte le altre sempre discutibili: si è tanto più Architetti quanto più Autoritari nell'imporre il proprio spazio a chi lo contemplerà, lo abiterà, lo sosterrà economicamente di tasca propria, trattando l'utente appunto come spettatore.

Vista da una prospettiva più schematica, l'Architettura diventa quindi una espressione artistica, indipendente e soggettiva, identica alla pittura o alla scultura a cui non a caso la affianca normalmente la Storia dell'Arte che si insegna dalle elementari in su. Però, a differenza per esempio della Scultura, che nelle articolazioni più rivolte all'utente si auto-riclassifica Design rinunciando al rivendicato primato dell'arte, l'Architettura ritiene di potersi esprimere tanto meglio sempre, quanto più «plasma i bisogni» dei propri utenti finali. E addirittura lo fa e rivendica quando le dimensioni fisiche, e sociali, e ambientali assunte, ne gonfiano il senso ben oltre i più audaci fuori scala XXXXL dell'arte urbana più audace oltre i limiti della stravaganza. Almeno così ci dice chi ne capisce, come il bravo critico di architettura specializzato. Così acuto da rivelare in una prospettiva inusitata ciò che forse si dà tropo per scontato ma che scontato non è affatto. Ovvero che quando pensiamo al concetto di città come faccenda da architetti pensiamo a una madornale masochista sciocchezza.

Vedi La Città Conquistatrice – Bosco Verticale
 

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