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Domenica, 28 Aprile 2024

Punti di vista

Matteo Scarlino

Direttore responsabile RomaToday

Aveva ragione Giorgia Meloni: alla fine è solo una questione di "amichettismo"

Due poltrone per risolvere il problema. Roberto Gualtieri, sindaco di Roma, ha già fatto sapere che questa ricostruzione, secondo lui, non corrisponde al vero ed è una sintesi semplicistica per descrivere quanto accaduto per risolvere la querelle Teatro di Roma. Dopo una settimana di mobilitazione, dichiarazioni, scontri, minacce - con un pathos mai visto e sentito nei suoi due anni di consiliatura - risulta però assai difficile descrivere diversamente la soluzione. 

La vicenda del teatro romano

Sintetizziamo in poche righe la vicenda che, a onor del vero, ha appassionato molto poco i romani e tantissimo la politica e una certa stampa. La fondazione Teatro di Roma, nel corso dell'ultimo cda ha nominato Luca De Fusco, 66 anni, regista napoletano come direttore generale. Una nomina frutto, secondo il centrosinistra, di un blitz di Regione e Ministero, targate centrodestra che hanno sfruttato l'assenza (premeditata) dei due membri dem nel cda. Un colpo di mano, un tentativo di occupazione della cultura, uno scandalo: sono solo alcune delle reazioni del centrosinistra capitolino e non, con annesse minacce del Comune di Roma di uscire dalla Fondazione, finanziata con 6 milioni di euro. Sabato la notizia della soluzione: con una telefonata tra Sangiuliano (ministro della Cultura) e Gualtieri si è deciso di modificare lo statuto e di sdoppiare le figure apicali. Una dovrà occuparsi del lato artistico (che dovrebbe restare De Fusco, nominato dal centrodestra) e l'altra di quello amministrativo finanziario (dovrebbe essere in quota centrosinistra). Tutti contenti. 

In una settimana nessuno ha però parlato dell'offerta culturale di importanti teatri presenti nel cuore della città, che in questi anni sono a dir poco in difficoltà. Nessuno si è posto il problema dei palchi e dei contenuti artistici per raggiungere una fetta sempre maggiore di città. A Roma si è tornati a parlare di teatro non ponendo l'arte al centro, ma parlando solo e soltanto di occupazione delle poltrone. E la soluzione è stata appunto quella di aggiungere un posto a tavola. 

Vince la logica dell'"amichettismo"

Ha prevalso la logica dell'"amichettismo" allargato, descritto da chi difende l'accordo come dialogo tra istituzioni. Sì perché tutti dicono di aver vinto. Il "rozzo" centrodestra che si è mostrato dialogante, senza rinunciare alla propria nomina. Il centrosinistra che dice di aver ottenuto quel che voleva. Ad uscirne sconfitta è però la città che conferma, una volta di più, come l'occupazione del potere sia più importante dei problemi stessi.

E - il sindaco non ne abbia a male - la figuraccia è proprio di Gualtieri e di chi lo sostiene. In due anni ha imposto un proprio modo di governare: felpato, silenzioso, mai sbraitante, sobrio, lontano dalle polemiche. In questa settimana, per una questione invero marginale rispetto ai tantissimi problemi della città, ha tirato con la sua maggioranza fuori le unghie, mostrando quello per cui vale la pena di lottare davvero contro il governo di colore diverso. Non la necessaria riforma di Roma Capitale, non il fondamentale aumento dei fondi per il trasporto pubblico, non la riforma dell'autonomia differenziata, bensì la lotta contro l'occupazione della cultura da parte della destra. Una questione risolta ottenendo il controllo finanziario e lasciando quello culturale all'uomo nominato dal centrodestra. 

Per i pochi lettori che sono rimasti a leggere l'articolo perché annoiati da una questione che poco tocca la vita di tutti i giorni: sì, aveva ragione Giorgia Meloni. Quella del teatro di Roma era tutta una questione di amichettismo e il partito democratico ci ha spiegato, per l'ennesima volta, perché è lontano, lontanissimo dall'essere un partito capace di parlare alla gente. 

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