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Domenica, 28 Aprile 2024

Fabio Petrelli

Giornalista

Perché José Mourinho ci mancherà così tanto

Diciamocelo: ci mancherà. E’ non la frase di circostanza, lo scontato epitaffio scritto sulla lapide posta sulla sua avventura romana, con qualche mese di anticipo rispetto alla naturale scadenza del contratto. Perché in fondo la banalità non ha mai fatto parte del meraviglioso mondo di José Mourinho, non fosse altro per la sua capacità di non lasciare indifferenti, per la sua caratteristica di catalizzare amore, certo, ma anche idiosincrasia fino al totale astio. D’altronde, era il caro “rumore dei nemici”, qualcosa di più di un semplice brusio perché elevato quasi a colonna sonora al momento di caricare, da condottiero, la squadra per l’assalto all’avversario, alla vittoria, ai “tituli”.

Al suo arrivo aveva parlato di non essere nella Capitale in vacanza, di immaginarsi fra tre anni a festeggiare, sulla base di un progetto sostenibile per vincere in futuro. Invece lo ha fatto subito, il primo anno: e poco importa se quella Conference League è comunemente bollata come la parente povera delle competizioni europee. Ha rischiato di ripetersi l’anno successivo, fermandosi nell’atto conclusivo di un’Europa League costellata da veleni. Quanto basta per stipulare un patto di ferro con una tifoseria che lo ha eletto “lider maximo”, schierata al suo fianco, nella gioia per i festeggiamenti di Tirana ed ancor più nel dolore di quella notte maledetta a Budapest. Perché Mourinho rappresentava la Roma nella sua versione finalmente potabilizzata dalle delusioni di tante stagioni, o meglio perché Mou era la Roma, quella che “non si discute, si ama”. Incondizionatamente, al netto di errori, di un gioco che ha sempre stentato a decollare, delle debacle e dei derby persi. Con i “sold out” a ripetizione collezionati all’Olimpico a fornirne l’inoppugnabile dimostrazione.

Mancherà anche perché il legame che era riuscito a stringere con il popolo giallorosso andava proprio oltre tali criticità. Soprattutto quelle emerse quest’anno, con un rendimento al giro di boa che è il peggiore degli ultimi vent’anni o giù di lì, un costante digiuno di risultati – eccezion fatta con l’affermazione contro un Napoli in palese difficoltà – al cospetto delle “big” del campionato, con un secondo posto in un abbordabilissimo girone di Europa League e la cocente eliminazione dalla Coppa Italia in un derby contro la Lazio praticamente non giocato, passato a subire e tirando in porta la prima volta a pochi giri di lancette dal triplice fischio. In una storia recente come quella della Roma, fatta anche di brusche interruzioni del sodalizio con l’allenatore di turno, mai come in questo caso l’ambiente ha reagito schierandosi apertamente dalla parte di chi è stato chiamato a lasciare la panchina in mani altrui, sebbene col riscontro di risultati peggiori rispetto ad alcuni precedessori, giubilati per molto meno.

Un legame “special”, come Mou si era in passato definito. Che rende peraltro estremamente complesso il compito di chi lo sostituirà, e forse per questo la scelta di De Rossi mister assume i contorni di soluzione ad alto coefficiente di scaltrezza. Piazzare il timone tra le mani del secondo recordman di presenze in maglia giallorossa dopo Totti sortirà, intanto, l’effetto di generare quella sacrosanta forma di rispetto volta a silenziare i mugugni degli scontenti (tanti) per l’esonero del tecnico lusitano. E da domani comincerà la partita più complessa: per i giocatori finiti nel mirino i quali dovranno dimostrare di meritare ancora calore ed affetto, e per DDR chiamato ad una delle sfide più esaltanti della sua carriera (compresa quella da calciatore) con il compito di raddrizzare la rotta verso il quarto posto e cercare gloria in Europa League.

Ma soprattutto per la società, ancora alla ricerca di un direttore sportivo, con la necessità di monetizzare operando nel mercato in uscita al fine di garantirsi liquidità per intavolare trattative in entrata. Ed il rischio concreto di perdere Lukaku (per riscattarlo non servono due spicci), di vedere Dybala migrare altrove nell’eventualità di una mancata qualificazione Champions e di faticare, molto di più, nel convincere qualche “big” a sposare la causa giallorossa, che senza Mou perderà sicuramente in appeal. Ed anche per questo che José, nella Capitale, mancherà parecchio.

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