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Sabato, 27 Aprile 2024

L'analisi

Mario Seminerio

Così Conte ci riprova col reddito di cittadinanza regionale

Come da tempo preannunciato dal suo leader, Giuseppe Conte, il M5S punta a realizzare un reddito di cittadinanza regionale. La presentazione del template di tale misura è avvenuta in Campania, con una proposta di legge, dopo lunghi mesi di spin propagandistico iniziato la scorsa estate. Dato l’approssimarsi delle elezioni europee, l’accelerazione era nell’ordine delle cose. In cosa consiste questo reddito di cittadinanza regionale? In un sostegno ai cosiddetti "occupabili".

Ma partiamo dal quadro di riferimento normativo nazionale. Da gennaio, il reddito di cittadinanza, in vigore dall'aprile 2019 al dicembre 2023, è stato sostituito da due differenti istituti: l'Assegno di inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro.

L’Assegno di inclusione è, per disegno, quello afferente la sfera delle politiche sociali. Copre le situazioni di disagio socioeconomico e più lontane dal mercato del lavoro, viene riconosciuto ai nuclei familiari che abbiano almeno un componente in una delle seguenti condizioni:

  • con disabilità;
  • minorenne;
  • con almeno 60 anni di età;
  • in condizione di svantaggio e inserito in programma di cura e assistenza dei servizi socio sanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione.

L'accesso alla misura è determinato in base a soglie reddituali e di ISEE, con scala di equivalenza familiare.

Il Supporto per la formazione e il lavoro, invece, è quello disegnato per gestire la figura dei cosiddetti "occupabili" ma presenta molte criticità, che sono state analizzate e commentate qui da Luigi Oliveri. Si tratta quindi della misura teoricamente relativa alle politiche attive del lavoro, mediante formazione, qualificazione e riqualificazione, con tutte le criticità che derivano dalla sua progettazione e, aggiungerei, ai contesti economici in cui è applicato. Che spesso sono quelli di territori produttivamente desertificati.

Il Supporto per la formazione e il lavoro è utilizzabile dai singoli componenti dei nuclei familiari, di età compresa tra 18 e 59 anni, con un valore dell’ISEE familiare non superiore a euro 6.000 annui, che non hanno i requisiti per accedere all’Assegno di inclusione.

Il reddito di cittadinanza regionale

La proposta campana del M5S è appunto rivolta al bacino degli "occupabili", stimato in 250 mila persone presenti in nuclei familiari composti da soggetti attivabili al lavoro di età compresa tra i 18 e i 59 anni. Si articola in tre passaggi: accesso (informazione, consulenza e orientamento), assistenza e inclusione attiva. L'assegno regionale garantito è di 400 euro mensili a persona per i primi dodici mesi, a cui si sommano 200 euro per ogni componente del nucleo familiare oltre il secondo. Oltre alla soglia ISEE, elevata da 6.000 a 9.360 euro, ciò che differenzia la proposta pentastellata da quella del governo, che prevede supporto di formazione e lavoro per soli dodici mesi, è la seconda fase, che secondo i proponenti sarebbe quella della cosiddetta inclusione attiva. Quella che porta la misura di sostegno fino a 36 mesi con i 400 euro mensili a persona e un "plus".

Il dettaglio lo spiega il consigliere regionale pentastellato Gennaro Saiello, primo firmatario della proposta di legge regionale: "In una seconda fase, che è il cuore della nostra proposta, la Regione Campania stipula dei protocolli d’intesa con le organizzazioni di rappresentanza imprenditoriale, al fine di effettuare una ricognizione dei fabbisogni professionali del mondo dell’impresa campano. I percettori vengono quindi inseriti in un Percorso regionale di inclusione attiva presso le imprese aderenti ai protocolli d’intesa. In questa fase il sostegno da parte della Regione permane e si aggiunge una quota versata dall’impresa, variabile a seconda del tipo di contratto stipulato".

Quindi, vediamo: nella seconda fase si coinvolgono le imprese, identificando i loro “fabbisogni professionali”. Per questa operazione di consapevolezza, le imprese devono pagare una quota del sussidio ai percettori, in aggiunta ai 400 euro di fonte pubblica.

Confesso che non mi è chiaro (ma non ho letto il testo della proposta di legge regionale) se i beneficiari, inseriti in azienda, percepirebbero uno stipendio oppure solo i 400 euro mensili pubblici più il contributo aziendale. Se così fosse, sarebbe un pacchetto retributivo teoricamente piuttosto esile, anche per soggetti poco qualificati o che stanno compiendo un percorso di qualificazione o riqualificazione. Qualcuno balzerebbe alla conclusione che serve il salario minimo orario ad almeno 9 euro (altrimenti “non è formazione, è sfruttamento”) che annullerebbe il beneficio per le imprese di avere in organico lavoratori a qualificazione piuttosto bassa.

C'è sempre questa mitologica "ricognizione" di bisogni e fabbisogni aziendali fors'anche inconsapevoli che pare essere una vera fatica di Sisifo. Non è neppure chiaro se il sussidio regionale sia sostitutivo o aggiuntivo a quello nazionale, e come si gestirebbe la sovrapposizione dei percorsi formativi. Quello che mi pare predominare, qui, è l’obiettivo di portare ad almeno 36 mesi la durata di erogazione del sussidio, in luogo dei soli dodici mesi del programma nazionale, e ammantarlo di un percorso formativo, adeguatamente lungo.

Cosa succede tra meno di un anno

Il punto non è tuttavia di lana caprina: il governo Meloni dovrà decidere che fare, quando scadranno i primi dodici mesi del Supporto, anche per evitare tensioni sociali e balzi delle statistiche di povertà. E qui si torna al vero problema nazionale: come stimolare l’occupazione di persone che sono e restano molto lontane dal mercato del lavoro, che si trovano in territori economicamente desertificati o in via di desertificazione, dove il settore informale (cioè il sommerso) tocca livelli medioriental-sudamericani, spianando il concetto di legalità.

Questa non è una ubbia dei pentastellati ma una condizione oggettiva di porzioni anche ampie del territorio nazionale. Quindi, faccio una facile profezia dicendo che mi attendo che il governo Meloni, alla scadenza dei primi dodici mesi del Supporto per la formazione e il lavoro sarà costretto a reiterarlo in qualche modo. Con buona pace della cornucopia di “risparmi” che in campagna elettorale la destra ha magnificato.

Veniamo però alla problematica centrale della proposta campana dei pentastellati, il “modello” con cui “conquistare” voti e regioni, soprattutto in determinate aree del paese: i soldi, le coperture. I proponenti ritengono di aver individuato nelle pieghe del bilancio regionale circa 200 milioni di euro, ma ammettono che si tratta di fondi insufficienti. Per questo motivo, la proposta "impegna la Regione a un’attenta ricognizione di tutte le risorse a sua disposizione, comprese quelle derivanti da fonti finanziarie nazionali ed europee (Fondi strutturali europei e Programma Gol)".

Cosa potrà mai andare storto?

Quindi, vediamo: usare fondi europei e nazionali per pagare il sussidio regionale. Coperta molto corta, si direbbe, a meno di convincere Palazzo Chigi a scucire più soldi. Ma evidentemente non bisogna essere puristi contabili: serve mandare il messaggio che i soldi ci sono, se solo ci fosse la volontà politica. Vittorio Alfieri, scansati. Non serve essere un rocket scientist della politica per capire che questa proposta, destinata a diventare un format nazionale, servirà a mettere pressione soprattutto al Partito democratico al momento del lancio di candidature locali e, in prospettiva, della costruzione di una alleanza per la prossima legislatura. Quando il concetto di reddito di cittadinanza verrà rimesso pesantemente sul piatto e sulla piattaforma nazionale.

Ribadisco: per ampie zone del paese c’è un problema di inaridimento dell’economia, che ostacola fortemente il tentativo di mantenere temporaneo e transitorio il disegno di simili meccanismi di welfare. Nessun governo potrà sottrarsi a questa evidenza, neppure quello di Giorgia Meloni. Ma i pentastellati hanno gioco facile a rilanciare proposte di mero sussidio a oltranza, travestite da politiche di riattivazione. Magari trovando coperture permanenti nei metafisici extraprofitti, resi a loro volta strutturali. Passando dalla fase dell’annuncio a quella della realizzazione, il cosiddetto campo largo avrà modo di sperimentare il format in Sardegna, che è pure regione a statuto speciale, con la neo-governatrice Alessandra Todde. Giusto?

Poiché in Italia in questo periodo pare vada di moda ridisegnare il welfare in senso regressivo (vedi Btp fuori da ISEE e, pare, in prospettiva anche la prima casa), i pentastellati si sono subito adeguati. Parole e musica del consigliere regionale pentastellato Saiello: "[…] Il governo considera fuori dalle misure di supporto chi ha una casa del valore di 150 mila euro, mentre per noi non c’è limite sulla prima casa".

E alle prime mille telefonate, in omaggio una moto d’acqua! Cosa potrà mai andare storto?

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