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Lunedì, 29 Aprile 2024
T3 Basilicata

Sistemi geologici e studio dei fenomeni: la ricerca del professore Longhitano

Con T3 Innovation il gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze dell’Università degli Studi della Basilicata punta a rafforzare il proprio contributo sul nostro territorio in termini di informazione e di utilità

Come può lo studio della storia di sistemi geologici e quello di maree e moti ondosi influenzare e orientare le scelte di big player mondiali operanti nel settore energia? Spesso risulta difficile immaginare il legame esistente tra ricerca scientifica e strategie tecnico-industriali che comportano non solo l’investimento di ingenti risorse finanziarie, ma anche importanti impatti di tipo socio-politico.

Per spiegare tale legame, abbiamo intervistato Sergio Longhitano, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze dell’Università degli Studi della Basilicata e referente di un team di lavoro riconosciuto come leader a livello mondiale per lo studio di sistemi geologici di natura sedimentaria.

Quali sono le principali linee di ricerca su cui si concentrano gli studi del suo gruppo di lavoro?
Sono due le linee di ricerca seguite dal gruppo. La prima, condotta da circa 10 anni, è quella che ci vede impegnati nell’analisi delle architetture deposizionali, delle strutture sedimentarie e dei rapporti di interconnessione fisica che esistono tra i vari elementi che compongono i corpi geologici. Svolgiamo, in particolar modo, analisi di rocce e successioni sedimentarie in affioramento, il cui know-how acquisito è impiegato per interpretare depositi preservati nel sottosuolo con analoghe caratteristiche. Tali volumi rocciosi rappresentano “corpi serbatoio” potenziali, ossia capaci di immagazzinare risorse economicamente rilevanti che, nella prospettiva di essere esplorate e sfruttate, necessitano di un quadro conoscitivo molto avanzato. L’attività di analisi della georisorsa consente di minimizzare i rischi di esplorazione e produzione sostenuti delle compagnie operanti nel settore Oil&Gas, fornendo una valutazione sulla possibilità di estrazione, la sostenibilità dei costi dell’intervento, la stima dei profitti dell’attività.

La seconda linea di ricerca è quella legata allo studio della dinamica dei sedimenti in aree litorali: l’Italia possiede poco meno di 8000 km di costa, lungo in cui ingenti quantità di sedimenti si spostano continuamente per effetto di correnti di marea e moto ondoso. Molte aziende ultimamente stanno investendo in progetti volti a comprendere il potenziale di aree costiere per costruire centrali di produzione energetica da fonti rinnovabili. Mi riferisco, per esempio, all’installazione di turbine in grado generare elettricità proprio dal moto ondoso o dalle correnti marine. L’installazione di questi impianti, infatti, può soffrire di problemi legati alla mobilità dei sedimenti sottocosta e a conseguenti fenomeni di interramento. Il nostro gruppo offre una serie di studi per caratterizzare la dinamica costiera e propone quadri predittivi, individuando le aree soggette ad erosione o interramento e quelle meglio preposte all’installazione di impianti. L’utile che i partner industriali possono ricavare dalle nostre ricerche è quindi, non solo la minimizzazione dei rischi, ma anche l’ottimizzazione della performance industriali.

Può farci un esempio di applicazione della sua attività si ricerca?
Certamente. Lo stretto di Messina è un’area con una forte instabilità ambientale, un canale naturale attraverso cui fluiscono giornalmente grandi volumi d’acqua, la cui dinamica è regolata da una differenza di marea in opposizione di fase. Più semplicemente: quando nel Tirreno c’è alta marea, nello Ionio vi è bassa marea e viceversa, un bilanciamento di acque che avviene ogni 6 ore circa. È facile immaginare la quantità di sedimenti in movimento in quest’area: enormi sistemi di dune subacquee, ciascuna alta fino a 12 m, che si spostano molto rapidamente e che seppelliscono le apparecchiature ancorate sul fondale dello stretto (sistemi di cablaggio che trasportano gas, elettricità, linee di comunicazione, ecc.). Recentemente siamo stati chiamati ad implementare la conoscenza di questa dinamica, analizzando corpi geologici analoghi, fossilizzati sulle sponde dello Stretto di Messina e che rivelano le caratteristiche dello stretto antico, permettendo così di stimare l’evoluzione di di corpi dunali attuali.

Da chi è composto il suo gruppo di ricerca?
Attualmente mi avvalgo della collaborazione di 5 persone, decentrate in varie sedi. Si tratta di colleghi formati in Basilicata che hanno trovato in alcuni casi impiego all’estero. In particolare una ricercatrice del CNR, da poco rientrata in Italia dopo un’esperienza in Texas, e un giovane ricercatore, attualmente professore associato alla Royal Holloway University di Londra. Inoltre fanno parte del team due dottorandi e un Postdoctoral Researcher che attualmente ricoprono dei ruoli nell’industria. Abbiamo un network di relazioni ben strutturato a livello nazionale e internazionale, soprattutto con gruppi che si occupano di geologia marina, mi riferisco in particolare all’Università Roma La Sapienza e l’OGS di Trieste. A scala internazionale collaboriamo in particolar modo con l’Università di Stavanger in Norvegia e con l’Università di Caen in Normandia.

In che modo è avvenuto il contatto con T3 e quale è stato l’apporto che ha ricevuto dalla struttura?
Noi ricercatori quasi sempre pubblichiamo i nostri risultati della ricerca su riviste anche di elevata caratura scientifica, ma spesso il nostro contributo non ricade sul nostro territorio né in termini di informazione, né di utilità. T3 Innovation, invece, è impegnata, tra le altre cose, a dare supporto e voce ai gruppi di ricerca che spesso non hanno la giusta visibilità sul territorio. Attualmente, il mio team è impegnato nell’organizzazione di un congresso internazionale che si svolgerà a Matera il prossimo anno “Tidalites2020”. L’iniziativa riunirà scienziati provenienti da tutto il mondo che si occupano di mettere in relazione gli aspetti della Geologia del Sedimentario con la energy transition. Grazie al supporto di T3 Innovation la comunità scientifica di questo settore aprirà le porte al mondo industriale, coinvolgendo le aziende interessate in tavole rotonde e presentazioni.

Sarà un’occasione per raccontare una Basilicata dinamica capace di attrarre esperti provenienti da Cina, Giappone, Australia, Stati Uniti, Europa settentrionale, ossia da tutti quei paesi che stanno investendo nel comparto energetico. T3 Innovation, inoltre, mi ha aiutato ad individuare anche una chiave di attrazione per i giovani studiosi della materia, coinvolgendoli in un contest dedicato. Infine ho ricevuto supporto nell’individuazione di partner potenzialmente interessati ad acquisire i risultati della ricerca e a collaborare all’iniziativa, mi riferisco ai grandi player operanti nel settore energia che sono stati coinvolti in un matching. Un incontro particolarmente fruttuoso che si è concluso con il coinvolgimento di un partner nell’iniziativa.

Il suo gruppo sarà impegnato nel prossimo futuro in nuovi progetti di ricerca?
Abbiamo un progetto in itinere con i ricercatori dell’Università di Stavanger, attività che ci mette in stretto contatto con le compagnie dell’energia del Nord Europa; inoltre esiste un progetto a lungo termine che riguarda lo studio dei sistemi di stretti tidali antichi che si sono attivati nell’area del Mediterraneo durante gli ultimi 4-5 milioni di anni.  In particolare, le aree che saranno interessate dai nostri prossimi studi riguardano settori nell’area della Sardegna, dello Stretto di Gibilterra e del Marocco.

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